Le persone e le aziende coinvolti nell’inchiesta sulle frodi sui fondi del Pnrr. C’è anche l’ex proprietario della Pistoiese
Le nuove frontiere della tecnologia, a cominciare dall’uso dell’intelligenza artificiale, sono state esplorate dall’organizzazione che è accusata di aver frodato 600 milioni di euro (in buona parte sotto forma di crediti maturati) all’Unione Europea e all’Italia. Hanno cercato in tutti i modi di impedire di essere rintracciati, anche se si sentivano il fiato sul collo. È uno spaccato impressionante – con i nomi di soggetti fisici e qualche decina di società – quello che emerge dalla ricostruzione dell’inchiesta partita dalla guardia di Finanza di Venezia che ha portato all’emissione di 23 misure di custodia cautelare o di interdizione dalla professione. Tutto parte dalle richieste di fondi Pnrr per l’innovazione tecnologica di aziende, che presentavano bilanci fasulli e incassavano subito il 50% della cifra massima consentita di 300mila euro.
Ma si arriva poi alla movimentazione di crediti fiscali per 530 milioni di euro che riguardavano le detrazioni fiscali del “bonus facciate” e l’agevolazione Ace, ovvero l’Aiuto alla crescita economica di aziende e del sistema produttivo italiano. I crediti di imposta risultanti negli attivi della società coinvolte nella frode sono in totale pari a 224 milioni di euro ancora detenuti presso il proprio cassetto fiscale e a 306 milioni di euro oggetto di cessione ad altri soggetti coinvolti nella frode.
E pensare che sospettavano di essere seguiti dagli investigatori della Finanza o dalla Procura europea, eppure continuavano a parlare al telefono, in modo un po’ criptico. Dice uno del sodalizio di aver saputo da un altro “che ci stanno seguendo e stiamo facendo finta di niente, ma secondo me un’indagine di Venezia…”. Avevano preso delle precauzioni, utilizzando marchingegni, in modo che la maggior parte delle telefonate corresse in internet e questo creava problemi di intercettazione, grazie a modalità per criptare il traffico dati. Forse non speravano in farla franca, ma erano comunque soddisfatti di “complicare la vita” a chi cercava di smascherarli, contando anche su una apparentemente inestricabile ragnatela di società.
Inoltre, qualcuno di loro si vantava di aver predisposto un sistema di intelligenza artificiale per predisporre bilanci falsi e apporre firme praticamente perfette. Come? Con un sistema in 3D, che faceva vedere lo spessore delle foto, come se fossero state lette con uno scanner. In realtà si trattava di un gigantesco copia-incolla-correggi di documenti che finivano a Simest, la società partecipata da Cassa Depositi e Prestiti, attraverso una società di Trieste che si occupa di servizi informatici. Le domande venivano prese in carico automaticamente e gli importi erano erogati, secondo quanto prevedeva il bando.
Il gip Mara Mattioli, su richiesta del procuratore europeo delegato Donata Patricia Costa, ha applicato la custodia cautelare in carcere per otto persone: Federico Bianchi di Taglio di Po (Rovigo); Franco Enrico Borghi di Brescia; Maurizio De Simone di Avellino; Stefan Lehmann, tedesco residente a Pistoia; Alexander Mair di Brennero (Bolzano); Thanas Mitri albanese residente a Caprino Veronese (Verona); Christian Waschnig di Innsbruck (Austria); Zhanna Zozulya, ucraina e residente a Bussolengo (Verona). Vengono indicati come capi promotori di un’associazione per delinquere Borghi, Lehmann e Mair, come semplici capi Waschnig e Zozulya.
In particolare Lehman, di nazionalità tedesca, è stato proprietario della Pistoiese Calcio 1921, detenendo le quote di maggioranza della Holding Arancione. Nel 2022 era stato indagato a Venezia, con la sua società, per supposta evasione dell’Iva attraverso una “frode carosello”. Nel 2023 aveva fatto un passo indietro cedendo le quote a una società inglese. Garante del trust era il nuovo patron Maurizio De Simone, che è stato arrestato ora dalla Finanza a Pistoia. Tra le motivazioni del provvedimento cautelare nei suoi confronti anche il fatto che abbia ricevuto oltre 29 milioni di euro di crediti da bonus facciate, di cui oltre 7 milioni ceduti a terzi, con una monetizzazione di quasi 5 milioni.
I 14 provvedimenti di arresti domiciliari riguardano: Renato Ciulli di Capraia e Limite (Firenze); Yevgeniya Ovdiyenko, ucraina, residente a Marano Lagunare (Udine); Stefan Wuensche tedesco residente a Brennero (Bolzano); Giancarlo Bellinato di Bolzano; Flavio Angelo Brighenti di Toscolano Maderno (Brescia); Mauro Candeloro di Roma; Roberto De Chiara di Castelnuovo del Garda (Verona); Stefano Della Pia di Mercogliano (Avellino); Angelo Faicchio di Soresina (Cremona); Francesco Furlan di Ronchi dei Legionari (Gorizia); Alessandro Romano di Lecce; Omar Vecchione di Avellino; Antonio Buttazzo di Cassano D’Adda; Ruggero Coniglio, di Bassano Del Grappa (Vicenza).Il divieto di esercitare uffici direttivi di persone giuridiche o imprese (per due anni) è stato imposto al commercialista Franco Mazzarotto di Jesolo e Omar Vecchione di Avellino.
Le società coinvolte nell’inchiesta vengono suddivise in due gruppi. Il primo è composto da quelle che hanno chiesto e ricevuto la prima tranche dei finanziamenti per l’ammodernamento e l’innovazione: Altair (Jesolo-Roma), Avion Energy (Roma), Des Group (Isernia), Effe-Bio (Roma), Job&Joy (Castello di Cisterna-Napoli), Mquadro Servizi (Roma), My Home Solution (Castello di Cisterna), Pro Zoo (Roma), Rami Trade (Roma), Royale (Lanciano). Il secondo gruppo è composto da soggetti economici che hanno chiesto indebitamente i finanziamenti: Avin (Roma), Conmatic (Verona), DB Service (Frosinone), Digimark Group (Roma), Mailpostboxes (Roma), Omega (Roma), One X Time (Roma), San (Roma), Waschnig Legnami (Roma).
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