Cinghiali: nuove regole del Parco dei Colli, malcontento tra i cacciatori
Le nuove disposizioni organizzative sul controllo dei cinghiali approvate di recente dal Consiglio Direttivo dell’Ente Parco Colli, hanno provocato del malcontento all’interno del gruppo dei selecontrollori. Al punto che alcuni stanno valutando di interrompere l’attività.
Le nuove regole
Le nuove regole emanate dalla governance del Parco sono in linea con quanto prevede il Piano regionale interventi urgenti (Priu) approvato dalla Regione Veneto per far fronte al pericolo della peste suina africana, di cui i cinghiali sono i primi vettori.
Alcuni operatori contestano i nuovi requisiti richiesti dall’ente Parco per continuare l’attività di cattura degli ungulati e l’iscrizione al registro annuale dei selecontrollori.
Come la presentazione in originale del certificato di sana e robusta costituzione (costo 70 euro), la copia del porto d’armi con la ricevuta del pagamento della tassa governativa, l’attestazione del massimale di copertura assicurativa non inferiore a 5 milioni di euro e, soprattutto, la prova di tiro su bersaglio a 100 metri, rilasciata da un poligono di tiro a segno nazionale riconosciuto, da presentare ogni tre anni.
Un’altra disposizione che sarebbe motivo di disaccordo è quella relativa ai capi in assegnazione che vengono attribuiti ogni anno dal Parco al selecontrollore, ora non più sulla base del numero delle uscite ma sul numero dei capi abbattuti (uno ogni quattro cinghiali catturati e il 50% dei capi oltre i primi quattro). Il selecontrollore dovrà continuare a pagare di tasca propria il materiale per le pasture che non dovrà essere di scarti alimentari o di macellazione e altri rifiuti organici ma, bensì, di sostanze vegetali.
Obiettivo: ridurre il numero di cinghiali
«L’obiettivo ideale stabilito dall’ente Parco per rispettare le direttive del Priu, è che ogni selecontrollore arrivi a catturare 10 esemplari l’anno, con un minimo di 3 per poter continuare ad essere abilitato», spiega il presidente dell’ente, Alessandro Frizzarin.
«Dobbiamo cambiare passo e ridurre il numero dei cinghiali presenti sui Colli se vogliamo scongiurare l’arrivo e la diffusione del virus. Nel corso del 2023 dei nostri 88 operatori abilitati 22 hanno superato 10 abbattimenti, 44 si sono attestati tra i 3 e i 10 mentre 22 non hanno raggiunto il numero minimo di 3. Per quanto riguarda gli altri requisiti richiesti che vengono contestati, siamo disponibili ad apportare delle modifiche in fase di stesura del regolamento. Il certificato di sana e robusta costituzione lo riteniamo indispensabile perché alcuni operatori sono in età avanzata. Lo stesso discorso vale per la prova di tiro su bersaglio dove cercheremo di convenzionarci con qualche poligono presente in zona. Credo, però, che il principale motivo del malcontento sia dovuto al nuovo criterio di assegnazione dei capi, non più sulla base del numero delle uscite ma sul numero degli esemplari abbattuti».
Nel 2023 con un numero di uscite minori rispetto all’anno precedente, sono stati abbattuti 1.612 cinghiali.