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Март
2024

Scomparsa dei ghiacciai e segreti della Patagonia svelati da uno studio con protagonista l’Ogs di Trieste

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TRIESTE L’Ogs protagonista di un nuovo progetto internazionale che svela i segreti della Patagonia, vero termometro degli effetti dei cambiamenti climatici, con le sue calotte che perdono ogni anno mediamente un metro di spessore di ghiaccio. L’Istituto nazionale di Oceanografia e di Geofisica sperimentale di Trieste, infatti, partecipa allo studio “Nuovi indizi sulla grande vulnerabilità delle calotte glaciali della Patagonia”, pubblicato sulla rivista Communications earth & environment del gruppo Nature, che ne quantifica la massa e certifica la loro estrema fragilità.

Una terra, quella dell’America meridionale, lontana dall’Europa, ma che può fornire, come certifica la ricerca, dati interessanti e utili per capire meglio cosa sta succedendo al pianeta. Le calotte glaciali della Patagonia sono le più vaste di tutto l’Emisfero Sud, escludendo l’Antartide, e ricoprono parte della catena delle Ande in Argentina e in Cile. Nonostante si estendano per circa 16 mila chilometri quadrati, sono ancora poco conosciute. Questo studio ha rivalutato il volume dei due campi di ghiaccio della Patagonia usando metodi geofisici di remote sensing (telerilevamento) e immagini satellitari. Queste calotte posseggono quaranta volte più ghiaccio di tutti i ghiacciai delle Alpi europee e lo studio ha mostrato quanto siano vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.

Il gruppo di ricerca internazionale, guidato da Johannes Fürst dell’Istituto Geografico dell’Università di Erlangen-Norimberga, e composto da diverse università e istituti di ricerca, tra cui l’Ogs, ha valutato che le calotte glaciali della Patagonia contengono 5.351 chilometri cubi di ghiaccio e in alcune valli glaciali raggiungono spessori di 1.400 metri.

«Sapevamo molto poco delle calotte della Patagonia, due enormi campi glaciali delle dimensioni di poco inferiori a quelle del Veneto - spiega Emanuele Lodolo, ricercatore dell’Ogs -. Fino ad ora non avevamo molte informazioni sul loro spessore e i volumi coinvolti, nonostante queste si estendano, rispettivamente, per circa 130 e 350 chilometri nella calotta settentrionale e meridionale, e con larghezze che superano i 60 chilometri».

L’analisi delle mappe satellitari e delle informazioni geofisiche acquisite nello studio hanno mostrato che alcuni ghiacciai nel settore del fianco orientale della calotta sono arretrati di svariati chilometri negli ultimi decenni, mentre altri sono rimasti stabili. Queste dinamiche sono influenzate dalla morfologia e dalla profondità dei bacini lacustri in cui confluiscono: dove sono più profondi, l’arretramento dei fronti glaciali è stato più consistente e veloce.

«Mentre i ghiacciai nelle Alpi europee raramente hanno una velocità di più di 200 metri all’anno, la maggior parte dei ghiacciai della Patagonia supera questa velocità e alcuni raggiungono addirittura una velocità di diversi chilometri all’anno. Solo i ghiacciai che si originano dalle grandi calotte della Groenlandia e dell’Antartide occidentale presentano valori così elevati di velocità di scorrimento» spiega Lodolo, che aggiunge: «le calotte della Patagonia perdono ogni anno mediamente un metro di spessore di ghiaccio e questo ha effetti significativi non solo sulle risorse idriche della regione, ma su tutto l’ecosistema circostante. Tutto ciò alimenta grandi preoccupazioni, legate anche all’aumento del rischio di eventi meteorologici estremi che hanno colpito duramente la regione in questi ultimi anni».