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Март
2024

Wefood, le tenute del Leone Alato aprono Torre Rosazza ai visitatori

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Nell’aprile del 1851, a vent’anni esatti dalla sua fondazione, Assicurazioni Generali decise di investire in campo agricolo. Genagricola Spa nacque nel 1974, per volontà di un manager storico come Giuseppe Perissinotto, il Contadino delle Generali.

L’impero agricolo del gruppo triestino, con quasi 5 milioni di bottiglie prodotte, oggi si estende su 24 aziende in Italia tra Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte, Lazio ed Emilia Romagna e tre in Romania con oltre 17mila ettari di superficie coltivata, circa 300 dipendenti.

La prima decisione dell’amministratore delegato Igor Boccardo è stata quella di separare la parte commerciale da quella agricola. La holding agroalimentare Leone Alato, presieduta da Giancarlo Fancel,

Country Manager e Ceo di Generali Italia, controlla Genagricola 1851 e Le Tenute Leone Alato con il settore vitivinicolo. Che diventa anche un importante polo di agriturismo.

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Come stanno andando i vini delle Tenute del Leone Alato?

«Siamo molto soddisfatti. Il fatturato resta stabile con più di 60 milioni di euro di fatturato, la metà circa proviene dalla produzione vitivinicola nelle nostre tenute di Torre Rosazza nei Colli Orientali del Friuli, Bricco dei Guazzi in provincia di Alessandria, Costa Arènte, in Valpantena, rinomata zona del Valpolicella, Tenuta Sant’Anna, nel Veneto orientale, celebre per la produzione di vini fermi.

Il portafoglio include inoltre V8+, che è dedicata esclusivamente al Prosecco. Sui nostri novecento ettari di vigneto valorizziamo i bianchi e le grandi denominazioni dei rossi, Barolo, Brunello, Bolgheri, Amarone, protagoniste del mondo dei fine wine. Il portafoglio include inoltre V8+, dedicata esclusivamente al Prosecco».

Avete fatto acquisizioni?

«Le Tenute del Leone Alato nascono proprio con l’obiettivo di portare le superfici vitate e le produzioni del gruppo dal largo consumo ai vini di fascia alta dove stiamo crescendo bene. Ricordo l’acquisizione lo scorso anno di Duemani, in provincia di Pisa, specializzata nella produzione di vini biodinamici».

Quale momento storico attraversa il mercato?

«In Italia e nel mondo i consumi del vino sono in calo da anni soprattutto fra i giovani. Bisogna fare di più sul piano della promozione della qualità».

Ci sono previsioni di crescita all’estero negli Stati Uniti e in Cina, quest’anno?

«Per una società di vini di alta gamma la quota di export deve essere almeno il 50%. La nostra società di New York, dopo un 2022 difficile, crescerà intorno al 20% e stiamo aprendo nuovi mercati. La Cina è un mercato stabile».

Per il calendario di WeFood, in questa edizione di primavera, avete deciso di aprire le porte di Torre Rosazza. Quanto è importante per Leone Alato l’enoturismo?

«Con l’apertura al pubblico di Torre Rosazza vogliamo sviluppare ulteriormente il nostro brand non solo come degustazione di food & wine ma anche per fare conoscere la bellezza e le tradizioni del luogo.

La villa padronale, in origine, era una fortezza medioevale a presidio delle strade sottostanti. Trasformata nel corso del 1550 in abitazione dalla famiglia nobile Antonini, è stata interamente ristrutturata. Qui coltiviamo i vitigni autoctoni, soprattutto i bianchi, come il Friulano, la Ribolla Gialla e il Picolit».

Qual è la vostra missione?

«Siamo una realtà agricola sempre più sostenibile: più produttività, minore impatto ambientale, maggiore attenzione all’economia circolare. Sperimentiamo nuove colture, nuovi metodi come agricoltura di precisione e simbiotica. E nostro dovere limitare le emissioni e proteggere la fertilità del terreno: chimica, combustibili, acqua. Fare agricoltura oggi significa riequilibrare il rapporto con l’ambiente, il territorio e le persone».

Con quali progetti?

«All’interno delle tenute custodiamo centinaia di arnie di apicoltori che sono al centro del progetto pilota BeEnergy, nel settore dell’agrivoltaico in tre nostre aziende, in collaborazione con una startup che si chiama 3Bee. Grazie a sistemi intelligenti di monitoraggio e diagnostica che monitorano la vita delle api da miele riusciamo a calcolare l’indice di biodiversità nelle nostre tenute che è molto elevato».

Ca’ Corniani ha avuto un ruolo pionieristico nell’agricoltura sostenibile.

«Parliamo di un’azienda nata nel 1851, quando iniziano gli investimenti agricoli del Gruppo Generali, con l’acquisizione di Ca’Corniani, cui è seguita, ancora oggi, la più grande bonifica privata della storia del Paese. Per noi è un luogo iconico dove oggi sperimentiamo una forma di agricoltura ancora una volta in anticipo sui tempi, in cui arte, storia, cicloturismo con 32 km di ciclabile, e agricoltura 4.0 si integrano nella comunità. Qui abbiamo sperimentato per la prima volta l’uso dei droni. Un modello per ogni altra nostra tenuta».

E intanto, a centosettanta anni dalla nascita, avete lanciato nello scorso anno il vostro primo marchio di birra.

«Si chiama 1851 Passione Agricola, con ingredienti dall’orzo al riso al luppolo, di nostra esclusiva produzione».

Considerate le energie alternative?

«Siamo molto impegnati su questo fronte. Produciamo energia da fonti rinnovabili con due grandi impianti a biomasse; è energia sufficiente a soddisfare il fabbisogno di circa 6000 famiglie».