Ucciso nella lite per l’affitto del bar e poi dato alle fiamme, quattro arrestati: ecco chi sono
Bressana. Ammazzato a calci e pugni e bruciato a seguito di una discussione per motivi economici avvenuta all’interno della villetta di via Gramsci. I carabinieri hanno arrestato i presunti responsabili dell’omicidio di Enore Saccò, il pensionato di 75 anni i cui resti carbonizzati il 15 febbraio scorso erano stati trovati tra le macerie del garage di casa. Sono finiti in carcere Omar Cosi, un barista di Bressana che gestiva il Club dello Zarro, i cui locali erano di proprietà della vittima. I complici, sempre secondo l’accusa, sarebbero Davide Del Bò, 39 anni, di Bressana, il tunisino Sohal Nakbi, 35 anni, domiciliato nello stesso paese come Antonio Verdicchia di 29 anni. I quattro sono accusati di omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere. Domani saranno interrogati dal giudice.
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La cattura è stata anticipata di qualche giorno perché gli investigatori dei carabinieri, coordinati dal sostituto procuratore della repubblica Giuliana La Rizza, avevano saputo che i quattro volevano eliminare la fidanzata di uno di loro. Una telefonata intercettata dai carabinieri ha permesso di evitare un secondo omicidio. «Sa troppe cose, bisogna ucciderla subito. Ho paura che ne parli con qualcuno», sembra abbia detto lo stesso fidanzato. Per fortuna lui e i complici non hanno avuto il tempo per portare a termine il piano di morte.
Delitto notturno
Il delitto era stato commesso nella notte tra il 12 e il 13 febbraio scorso. Omar Cosi da pochi mesi gestiva il bar di Bressana i cui locali erano di proprietà di Enore Saccò. I rapporti tra i due sembra fossero molto tesi, forse per l’ammontare dell’affitto. C’erano state già discussioni e quella sera Omar Cosi con i tre amici si è presentato davanti alla villetta di via Gramsci per parlare e risolvere il problema. L’intenzione era quella di trovare una soluzione che andasse bene a tutti, ma ben presto la vicenda ha preso una piega molto diversa: è iniziato un litigio furibondo.
Da una prima ricostruzione sembra che il padrone di casa sia stato aggredito con pugni e calci da persone che conosceva da diversi anni.
Gli accertamenti e gli interrogatori dovranno cercare di chiarire i ruoli precisi nell’omicidio e chi di loro abbia messo a segno i colpi mortali. Enore Saccò è crollato e potrebbe aver battuto la testa sul pavimento. È morto in pochi minuti e i quattro, all’inizio, non sapevano cosa fare per sbarazzarsi del cadavere. Sembra che abbiano trovato le chiavi del furgone del padrone di casa e abbiano cercato di caricare il corpo, ma non ci sono riusciti, forse per il peso di Enore Saccò. E questo spiegherebbe le tracce trovate sul mezzo e analizzate dai carabinieri del Ris.
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Così hanno riportato il corpo dell’uomo in casa e hanno pensato di bruciarlo insieme all’edificio. L’hanno portato di peso in uno scantinato-garage e, martedì mattina, hanno dato fuoco ai muri per cancellare le tracce. Poi sono fuggiti con lo stesso furgone che hanno abbandonato a circa un chilometro di distanza dal luogo del delitto. Le fiamme sono state domate dai vigili del fuoco che non potevano sapere che tra le macerie annerite c’erano anche i resti di un uomo. Il furgone sporco di sangue è stato avvistato nel pomeriggio del 14 febbraio e i pompieri sono ritornati nella villetta di via Gramsci, hanno rimosso le macerie e hanno trovato i resti del pensionato. I carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Pavia e i colleghi della compagnia di Stradella coordinati dalla procura hanno iniziato le indagini hanno esaminato le immagini di una trentina di telecamere installate vicino a via Gramsci. E i quattro sono stati identificati.
«Sa troppo, va eliminata». E i militari intervengono
«Sa troppe cose di quel morto, ho paura che vada a raccontare tutto ai carabinieri. Bisogna eliminarla subito». Per fortuna il telefono degli arrestati era intercettato da diversi giorni: i carabinieri e il magistrato hanno capito che la vita di una donna, la fidanzata di uno degli arrestati, era in pericolo. Per questo l’operazione è stata anticipata e ha avuto successo.
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Non è certo che Omar Cosi e i complici mettessero in pratica le loro intenzioni, ma il pericolo era reale considerando che, secondo l’accusa, quelle persone avevano appena ammazzato Saccò. L’inchiesta dei carabinieri ha avuto successo anche grazie alle intercettazioni telefoniche. I militari hanno anche eseguito diverse perquisizioni domiciliari, non solo nelle case dei quattro che sono finiti in carcere. —