Al San Marco di Trieste le foto di Gian Butturini testimoni della rivoluzione di Basaglia
TRIESTE «L’opera di Franco Basaglia non può essere raccontata soltanto dagli psichiatri, ma anche e forse soprattutto dai pazienti, dalle famiglie, dagli obiettori di coscienza. Da chiunque ha contribuito con lui al cambiamento». Le parole del figlio Tiziano sono probabilmente la migliore didascalia all’esposizione fotografica di Gian Butturini, in mostra fino al 31 marzo al Caffè San Marco e presentata nel tardo pomeriggio di ieri.
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Trenta immagini scattate nell’ospedale psichiatrico di San Giovanni fra il 1975 e il 1977, in parte presenti nel libro “Tu interni... io libero” dello stesso Butturini appena ripubblicato in una nuova edizione, di cui il Piccolo ha anticipato ieri il contenuto con l’articolo di Claudio Ernè. In realtà, la mostra costituisce solo una piccolissima parte dell’archivio di Butturini che ha continuato negli anni, anche dopo la morte di Basaglia, a raccontare per immagini la salute mentale a Trieste: ancora nell’agosto del 2006, un mese prima della sua morte, uno scatto lo immortala davanti al “Posto delle fragole”, nello stesso luogo dove 30 anni prima Basaglia lo aveva chiamato per «fotografare il cambiamento». «Basaglia non voleva che fosse documentata la segregazione, per quello le immagini esistevano già», ha spiegato infatti Tiziano Butturini, «quanto piuttosto la nuova realtà che si stava costruendo».
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Fra le prime fotografie che si incontrano entrando al San Marco c’è allora una testimonianza della gita in aereo che, il 16 settembre 1975, aveva portato in quota oltre 100 pazienti per vedere Trieste dall’alto. A fianco, il ritratto di alcuni operatori indaffarati a tagliare i capelli a un ragazzo, nel “centro di bellezza Vesna” che Basaglia aveva fatto allestire. E, ancora, il primo piano di due innamorati conosciutisi a San Giovanni, a cui era stato lasciato un locale nel quale poter vivere assieme. Immancabile, torna poi spessissimo il volto di “Regina”, uno dei soggetti preferiti da Butturini: «Quando lei andava in crisi, era lui che chiamavano», ha raccontato sempre il figlio Tiziano.
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Le voci dirette dei «protagonisti» – dagli infermieri agli obiettori di coscienza, passando per gli assessori e le équipe di lavoro fino, ovviamente, agli ospiti delle strutture – rivivono invece nella nuova edizione del libro “Tu interni... io libero”, che raccoglie in una sezione apposita le conversazioni trascritte dallo stesso Butturini. Una sorta di diario, frutto di anni di appunti e memorie, che offrono una testimonianza diretta dell’approccio di Basaglia. A suggello della presentazione della mostra sono state poi proiettate le serigrafie che illustrano la progressiva realizzazione del celebre “Marco Cavallo”, la scultura di cartapesta simbolo della “rivoluzione Basaglia” costruita dal cugino Vittorio. Il resoconto di un’attività di laboratorio condotta assieme ai pazienti per oltre due mesi e ispirata – ha rivelato Tiziano Butturini – «da un cavallo vero di nome Marco, che trasportava gli indumenti». Infine, una menzione speciale ha ricevuto la celebre fotografia di Basaglia scattata da Butturini che è diventata, con un evento tenuto all’ex manicomio Santa Maria della Pietà di Roma, il volto di un francobollo commemorativo.
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