Censimenti, sfalci, cura dei sentieri: i cacciatori bellunesi sentinelle del territorio
Dal mese di aprile fra i 150 e i 200 cacciatori inizieranno l’annuale censimento dei cervi. Un lavoro prezioso, quello dei cacciatori, che oltre a garantire la conservazione delle specie presenti nel territorio attraverso i prelievi selettivi, stabiliti annualmente dalla Provincia proprio sulla base dei censimenti, effettuano anche tutta una serie di attività per la tutela dell’ambiente.
Gli sfalci in quota, ad esempio, dove nessuno li fa più. Ma anche la manutenzione degli antichi sentieri, quelli che non fanno parte della rete del Cai e che rappresentano un patrimonio culturale, oltre che ambientale.
L’attività delle Rac
«Le Riserve alpine di caccia rappresentano uno strumento imprescindibile di gestione del territorio e insieme un aiuto fondamentale per i nostri tecnici», spiega il presidente della Provincia, Roberto Padrin.
«L’attività portata avanti dai cacciatori per i censimenti degli ungulati e per il piano di controllo del cinghiale è molto importante e senza il contributo delle Riserve sarebbe impossibile da svolgere».
Le Rac infatti si occupano di censire insieme ai tecnici della Provincia e alla Polizia Provinciale le popolazioni di ungulati, monitorano i piani di abbattimento e comunicano prontamente i numeri alla Provincia.
I censimenti
In aprile inizierà il censimento dei cervi. «Saranno fatte tre uscite, una alla settimana, fra le 22 e l’1 del mattino», racconta Paolo Zanetti, coordinatore delle 66 Riserve di caccia presenti nel Bellunese. «I cacciatori usciranno contemporaneamente, in squadre di tre persone autorizzate». Il censimento si fa a vista: i cervi vengono osservati e contati, in modo da capire anche il sesso e le età degli esemplari. Un lavoro consistente, senza il quale non sarebbe possibile elaborare i piani di abbattimento per la stagione venatoria. E che riguarda non solo i cervi, ma anche il camoscio (il censimento si fa in estate) e il gallo forcello (nella stagione degli amori).
«Le Riserve di caccia partecipano a tutto quel lavoro prodromico alla gestione della fauna selvatica», continua Zanetti. «La caccia è di selezione, gli abbattimenti vengono fatti proprio per non danneggiare la popolazione, ma per mantenerla in equilibrio».
I dati
Gli ultimi censimenti effettuati nel 2023 (pre stagione venatoria) rilevano una popolazione di 12.120 cervi (3.467 quelli abbattibili, secondo il piano di prelievo della Provincia, autorizzato da Ispra), 12.511 caprioli (1.814 abbattibili da piano di prelievo), 7.435 camosci, 1.300 mufloni, oltre 4.000 lepri, e 1.274 fagiani di monte (galli forcelli).
«Per la gestione del territorio serve un lavoro di squadra in cui ognuno fa la sua parte», aggiunge Padrin. «E l’apporto che è in grado di garantire il mondo venatorio, sempre più costituito di figure specializzate, è qualificante e fondamentale».
Il lavoro di squadra è stato ribadito nei giorni scorsi, in un incontro a Villa Patt a cui hanno partecipato presidenti e delegati di tutte le Riserve bellunesi, e che è stato anche l’occasione per fare il punto sulla stagione venatoria.
Tutela dell’ambiente
Ma non solo. I cacciatori svolgono anche attività di conservazione e tutela dell’ambiente: «Le Riserve cercano di conservare il mosaico di prati dall’avanzata dal bosco», prosegue Paolo Zanetti. Lo fanno sfalciando in luoghi impervi, ma anche mantenendo quella rete di sentieri storici di cui, altrimenti, si perderebbe traccia.
Non mancano poi le iniziative con i bambini e le scuole: le Riserve di Borca e Vodo hanno organizzato per anni un concorso per gli studenti, portandoli nel bosco a conoscere il territorio e gli animali. «È importante che i nostri ragazzi di montagna conoscano e vivano il territorio», ricorda Zanetti.
Nuovo regolamento
In provincia i cacciatori sono circa 2.700. «L’età media è medio alta, ma ultimamente assistiamo a un buon ricambio generazionale», conclude Zanetti. Le Riserve ora sono impegnate nel lavoro che porterà a rinnovare il Regolamento che disciplina l’attività venatoria, un documento che ha una trentina d’anni e che va “pulito”.
«L’obiettivo è mantenere un sistema che fino ad oggi ha permesso di conservare la fauna selvatica», chiude Zanetti. «Un sistema che si fonda sul legame cacciatore-territorio». Non a caso le Riserve sono a numero chiuso, e possono farne parte solo i residenti nel territorio della Rac stessa, a meno che i numeri non siano talmente bassi da consentire l’ingresso di altre persone (formate e previo superamento degli esami necessari, in ogni caso).