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Март
2024

Al Miela di Trieste il ricordo di Basaglia e dell’utopia rivoluzionaria che trasforma la realtà

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TRIESTE Una grande immagine in bianco e nero di Franco Basaglia, sorridente mentre risponde al telefono, domina il palco del Miela. La giornata organizzata in occasione del centenario della nascita, lo sottolineano più volte i relatori, non è un’iniziativa legata alla memoria: il pensiero di Basaglia è oggi più vivo e attuale che mai, come attestano i suoi scritti vibranti, la cui nuova edizione è stata presentata ieri di fronte a una platea gremita. L’evento è promosso da Conferenza Basaglia, Archivio Basaglia, Il Saggiatore e Teatro Miela Bonawentura, con il patrocinio del Comune. L’apertura è dedicata proprio alla presentazione del volume “Scritti 1953 - 1980” di Basaglia, ripubblicato dalla casa editrice nel 2023.

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Dà il via alla serata la giornalista Fabiana Martini, moderatrice dell’evento: «Fu promotore di una vera rivoluzione culturale e sociale perché, come disse lui stesso, quando diciamo no al manicomio, diciamo no alla miseria del mondo». Così il presidente del Miela Enzo D’Antona: «In una fase di revisione e riscrittura della storia si perdono le memorie di tante conquiste di diritti civili, che oggi c’è la necessità di riaffermare». L’assessore al Welfare Massimo Tognolli ricorda il lavoro sociale del Comune, e definisce Basaglia «un’eccellenza della cultura triestina».

Il vescovo Enrico Trevisi ribadisce che «l’uomo è un cercatore di senso, che oggi si dispera perché viene meno il senso del vivere»: nell’esempio di Basaglia il prelato individua l’antidoto nella cura dell’altro, in un vivere relazionale e sociale. Inizia quindi la presentazione del volume.

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La presidente di Conferenza Basaglia è la psichiatra Giovanna Del Giudice, che fu tra i giovani al fianco dello stesso Basaglia all’inizio della sua avventura triestina nel ’71. Del Giudice ricorda Basaglia «antifascista, neurologo, protagonista di una rivoluzione che ha restituito soggettività e cittadinanza alle persone con sofferenza mentale». Ne ripercorre le tappe prima a Gorizia, poi a Trieste, «con lo smontaggio del manicomio e la definitiva chiusura».

Il pensiero e la pratica di Basaglia «non sono la proposizione di un nuovo modello di cura, ma un nuovo modo di intendere il mondo, di vivere i rapporti sociali. Un nuovo umanesimo». Nel mettere in pratica ciò che in quel momento è ritenuto impossibile, la chiusura dell’istituto manicomiale, Basaglia ripensa la società nel suo complesso: «La questione psichiatrica per lui è il rapporto fra soggetto e istituzione, sapere e potere, salute e malattia, soggetto e collettivo, individuale e sociale, tecnico e politico».

Chiude Del Giudice: «Dobbiamo tornare a Basaglia per ritrovare l’utopia quale strumento per la trasformazione pratica della realtà».

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Prende quindi la parola Alberta Basaglia, figlia di Franco Basaglia e Franca Ongaro (sodale di vita e pensiero dello psichiatra), a nome dell’Archivio Basaglia: «Il nostro compito è continuare a tenere gli occhi aperti su ciò che accade intorno e usare gli strumenti che sono già stati usati per capire il mondo, trovare così vie d’uscita da situazioni che sembrano ingovernabili».

Per questo l’Archivio Basaglia tiene le porte aperte: «Soprattutto ai giovani che vogliano capire cosa c’era dietro a quella pratica e a quel pensiero». La Venezia Giulia deve fare tesoro di quell’esperienza, «perché tutto è nato a Gorizia e si è consolidato a Trieste, la città dove ricordo di aver festeggiato i 50 anni di mio papà».

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Tocca poi a Michele Zanetti, il presidente della Provincia che chiamò Basaglia a Trieste. Zanetti ripercorre gli oltre 200 scritti elaborati assieme a Franca Ongaro: «La sua battaglia per i diritti non era per il “mio” diritto individualista, ma anche e soprattutto il diritto degli altri. Di questa battaglia liberatrice di tante sofferenze e costrizioni che purtroppo ancora oggi ci affliggono, le nostre società opulenti sono spesso immemori. Il nostro benessere è riservato soltanto a una parte della società, ed è all’altra parte che Franco guardava e a cui dobbiamo continuare a guardare anche noi».

Mario Colucci, coautore con Pier Aldo Rovatti della prefazione, sottolinea la vastità della strumentazione intellettuale di Basaglia, da Husserl, Heidegger fino a Sartre e Foucault. Nella seconda parte della serata il seminario coordinato da Mario Novello con Anne Lovell, Benedetto Saraceno, Silva Bon, Daniele Piccione, Ota De Leonardis.