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Март
2024

Yacht sequestrato al magnate russo fermo da due anni nel golfo di Trieste: lo Stato ha già speso 18 milioni di euro

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Due anni di A. Ebbene sì, esattamente due anni fa, nella notte tra l’11 e il 12 marzo del 2022, gli uomini della Guardia di Finanza salivano a bordo del Sailing Yacht A, a quel tempo sottoposto a lavori di manutenzione nell’Arsenale di Fincantieri, per comunicare al comandante che a partire da quel momento lo yacht a vela più grande al mondo sarebbe stato soggetto a un provvedimento di congelamento amministrativo: sottratto alla disponibilità del proprietario e sottoposto alla gestione e al controllo diretto da parte dello Stato italiano, responsabile di ogni spesa di mantenimento, sia per la nave che per l’equipaggio.

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Spese mai rese note, ma che secondo addetti ai lavori ed esperti del settore marittimo potrebbero realisticamente aggirarsi tra i 20 mila e i 30 mila euro al giorno, che, moltiplicati per 24 mesi, porterebbero a un totale stimato di circa 18 milioni di euro.

Sanzioni rinnovate ogni sei mesi

Soldi che potrebbero continuare a lievitare potenzialmente a tempo indeterminato, visto che la guerra tra Russia e Ucraina non sembra affatto al capolinea e visto che le sanzioni disposte dall’Unione europea nei confronti della Federazione russa e di personalità considerate vicine a Vladimir Putin non sono affatto decadute.

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Vengono rinnovate ogni sei mesi: la prossima data cerchiata in rosso sul calendario è il 15 marzo ed è a dir poco scontato che vengano rinnovate, anche alla luce del fatto che nuovi soggetti vengono continuamente inseriti nella “black list” stilata dall’Ue.

Tra questi c’è anche Andrey Melnichenko, miliardario di origini bielorusse con un patrimonio da oltre 21 miliardi di dollari secondo Forbes, frutto di business prevalentemente nel settore del carbone e dei fertilizzanti (erano 25 miliardi fino a pochi mesi fa...).

La disputa

Secondo le autorità italiane il trialbero da 530 milioni progettato da Philippe Starck è riconducibile agli interessi dell’oligarca. Secondo Melnichenko no: era stato lui stesso, attraverso un portavoce, a far sapere al Piccolo oltre un anno fa di non avere nulla a che fare con lo yacht, che oggi «appartiene a un trust gestito da un fiduciario indipendente», che con lui «non ha alcuna relazione».

Un dettaglio non irrilevante, sul quale si sta giocando una battaglia legale che vede, da una parte, lo Stato italiano, e dall’altra la proprietà, rappresentata da due grandi studi legali internazionali, lo studio romano Saccucci & Partners, e lo studio milanese di Francesco Centonze.

Il destino giudiziario

Sul destino del mega panfilo pende un pronunciamento della Corte di giustizia europea, cui il Tar del Lazio ha chiesto un parere pregiudiziale nell’aprile del 2023.

Le toghe italiane hanno formulano specifici quesiti sull’interpretazione e applicazione del regolamento Ue 269 del 2014 (quello in base al quale vengono disposte le sanzioni), chiedendo se il caso in esame, relativo al Sailing Yacht A, rientri o meno tra quelli previsti dal Regolamento.

Dovrà dunque essere chiarito se, a fronte del complesso meccanismo societario, la proprietà sia effettivamente riconducibile all’oligarca, destinatario delle sanzioni Ue. In caso contrario potrebbe essere complicato per lo Stato italiano chiedere la restituzione del denaro speso sin qui.

Lo yacht risulta di proprietà di una serie di società che conferiscono in un trust e che hanno impugnato davanti al Tar del Lazio il provvedimento di congelamento disposto dallo Stato attraverso il Comitato di sicurezza finanziaria, chiedendone l’annullamento, in virtù del fatto che sarebbero loro, e non Melnichenko, i proprietari del bene.

Il giallo delle 24 ore

Il direttore dell’Agenzia del demanio del Friuli Venezia Giulia, Alessio Casci, si limita a riferire che «nulla è cambiato nella gestione della nave». Nel frattempo il Sailing Yacht A continua a troneggiare nel golfo di Trieste, dove è stato trasferito nel giugno del 2022, protetto da un’ordinanza che impedisce a qualunque mezzo non autorizzato ad avvicinarsi e sorvegliato giorno e notte da terra e mare: ormai è diventato parte integrante dello scenario triestino.

Anche se una piccola novità di recente c’è stata: il mega yacht è scomparso dai radar visivi dei triestini per circa 24 ore, dalla tarda mattina di giovedì scorso a mezzogiorno di venerdì.

Non è stata la prima volta che allo scafo è stato consentito di spostarsi dalla sua posizione abituale per mettere in funzionamento i motori e le altre sofisticate strumentazioni di bordo, ma nelle altre circostanze aveva sempre navigato vicino alla costa. Questa volta invece è andato al largo.

Secondo i beninformati, per fare rifornimento e per altri motivi tecnici, ma è già scattato il giallo: sarà stato portato lontano da occhi indiscreti per qualche ragione particolare? A bordo doveva salire qualcuno che non poteva essere visto?

Il mistero rimane e rimarrà, perché anche su questo le bocche delle autorità restano cucine. Il costo del mantenimento e della sorveglianza del mega yacht è interamente a carico dello Stato, in capo all’Agenzia del demanio, che gestisce il dossier nel massimo riserbo.

L’unica cosa emersa sin qui è che lo Stato, a guerra finita, intende farsi restituire il denaro speso sin qui per la manutenzione.