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Март
2024

Camera di commercio di Pavia, è fusione con Mantova e Cremona: il Consiglio di Stato boccia il ricorso

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PAVIA. Svanisce l’ultima speranza per la Camera di commercio di Pavia di evitare la fusione con quelle di Mantova e Cremona. Il Consiglio di Stato, con una sentenza appena pubblicata, ha respinto l’appello presentato contro il verdetto del Tar del Lazio da Ascom, Assolombarda, Coldiretti e Ilv di Voghera, l’impresa di laterizi di Franco Bosi, l’ex presidente della Camera di commercio che aveva dato il via al contenzioso legale sull’accorpamento, contro ministero dello Sviluppo economico (ora delle Imprese e made in Italy) e Unioncamere. Sconfitta anche sulla questione della sede centrale della nuova Camera, che resta perciò a Mantova: un vero e proprio smacco, visto che la Camera di commercio di Pavia ha un numero di imprese iscritte superiore rispetto sia a Mantova che a Cremona.

Il no sulla sede

Su questo punto l’organo di ultimo grado della giustizia amministrativa ha rigettato la contestazione degli appellanti, incentrate oltre che sull’«irragionevolezza, contraddittorietà e mancanza assoluta di motivazioni» del provvedimento che assegnava la sede a Mantova, anche sul venire meno di «un’interfaccia caratterizzata dalla prossimità al territorio e dalla sensibilità alle esigenze dell’imprenditoria locale».

Secondo il Consiglio di Stato l’esigenza di mantenere un’interfaccia locale delle associazioni e delle imprese è garantita «dal mantenimento della sede secondaria di Pavia e dalla partecipazione delle categorie produttive di Pavia al nuovo Consiglio, in seno al quale le stesse potranno, quindi, rappresentare gli interessi e le esigenze economiche del territorio». Riguardo ai timori delle associazioni appellanti sulla riduzione della pianta organica nella sede di Pavia, il Consiglio di Stato replica che secondo il decreto impugnato, Pavia «manterrà 49 dipendenti sugli 82 previsti al 31.12.2016 e, quindi, la maggior parte delle strutture e del personale già presente in precedenza». Numeri peraltro non più attuali, dal momento che per effetto del blocco delle assunzioni l’organico attuale della Camera di Commercio di Pavia è nettamente più basso (27 dipendenti).

Quanto ai motivi principali del ricorso, quelli che mettevano in discussione la legittimità della riforma delle Camere e dei relativi provvedimenti che hanno portato all’accorpamento contestato, il Consiglio di Stato ammette che le «questioni di legittimità costituzionale prospettate non possono ritenersi manifestamente infondate», a differenza di quanto aveva fatto il Tar in prima istanza.

Tuttavia, aggiungono i giudici, «la rimessione della questione di legittimità costituzionale diviene rilevante e dunque necessaria solo qualora si ritengano fondati i motivi di ricorso». Motivi che invece, esaminati nel merito, il Consiglio di Stato rigetta: il rispetto dei tempi di attuazione della legge delega per la riforma delle Camere e la legittimità del rinvio del decreto legislativo a un successivo atto governativo sono stati sanciti dalla Corte Costituzionale; non c’è stata violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, visti i «plurimi e infruttuosi tentativi di addivenire ad un accordo con le Regioni» sulla riorganizzazione degli enti.

Merlino: «Fusione complicata»

Commenta il commissario straodinario della Camera di commercio, Giovanni Merlino: «Prendiamo atto della sentenza, ultimo atto di un percorso intrapreso dalle associazioni. Spetterà ora alla Regione emanare gli atti: è una fusione complessa da attuare e il primo problema sarà che la composizione del nuovo consiglio si basa su dati ormai superati, che risalgono al 2016, sugli iscritti alle varie associazioni, il che potrebbe dare luogo ad altri ricorsi. Da allora ci sono stati tanti cambiamenti, con associazioni sparite e altre nuove, come Assolombarda. O si pensi all’agricoltura, che avrà in consiglio un solo rappresentante per 9 associazioni presenti nelle tre province».

Effetto dei tagli avviati da Renzi con un decreto approvato nel 2017

La riforma delle Camere di commercio era stata avviata nel 2016 dal governo Renzi, di concerto con Unioncamere. Il decreto ministeriale del 2017 aveva fissato la riduzione del numero di enti da 105 a 60 a livello nazionale: una riduzione da attuare unendo le Camere di commercio con meno di 75 mila iscritti (con qualche eccezione). Per Pavia era prevista l’unione con Mantova e Cremona, una fusione fortemente contestata, a partire dall’assenza di contiguità territoriale (tra Pavia da una parte e Cremona e Mantova dall’altra) oltre al fatto che la Camera di Pavia risulta essere molto solida sotto l’aspetto economico-finanziario, una delle meglio patrimonializzate. Contro la riforma l’allora presidente dell’ente, Franco Bosi, di concerto con le associazioni di categoria pavesi aveva avviato un contenzioso legale (lo avevano fatto anche altre Camere) con il ministero dello Sviluppo economico e Unioncamere. Ma sia i ricorsi alla giustizia amministrativa (Tar e Consiglio di Stato) che la Corte costituzionale, nel corso degli anni, hanno sempre incontrato la bocciatura delle motivazioni addotte, e dunque la conferma della legittimità della riforma e degli accorpamenti previsti. Anche i numerosi tentativi a livello politico (sia in Parlamento che attraverso la Regione) per ottenere una modifica della riforma e salvare l’indipendenza della Camera di Pavia hanno avuto esito negativo.

L.Si.