Voto in Abruzzo, risultati: vince il centrodestra, Marsilio avanti di sette punti su D’Amico. FdI primo partito col 24%, ma la Lega fa flop: è al 7,5
Marco Marsilio ha vinto le elezioni in Abruzzo: battuto lo sfidante Luciano D’Amico e il campo largo, il centrodestra si tiene la Regione. A scrutinio ormai quasi completato, il presidente uscente del centrodestra si attesta sette punti avanti sullo sfidante del centrosinistra: 53,5 contro 46,5 per cento. Dopo un primissimo exit poll alla chiusura delle urne che lasciava intravedere un possibile sfida all’ultimo voto, la vittoria è stata via via sempre più schiacciante. I risultati sono stati accolti con esultanza e lunghi applausi dal comitato del centrodestra a Pescara, dove, dopo le due di notte, è arrivato lo stesso presidente: “Qualcuno ci ha sottovalutato e ha raccontato di un testa a testa che non è mai esistito”, ha detto. E ribadendo il significato nazionale della sfida che, mai come questa volta, ha avuto gli occhi puntati di tutti i leader, si è rivolto alle opposizioni: “Il campo largo non sarà il futuro dell’Italia“, ha detto. Una provocazione ai giallorossi che per un attimo hanno sognato di fare la doppietta dopo la vittoria in Sardegna e che, da domani, dovranno decidere se questa è stata l’occasione per rinsaldare l’alleanza o una nuova battuta d’arresto.
Ma non sono i soli a dover fare i conti con gli equilibri interni: se a caldo è il tempo di ragionare per coalizioni (54,7% centrodestra contro 45,3% centrosinistra), nelle prossime ore si apriranno le analisi sui risultati dei singoli partiti. E le proiezioni offrono già una fotografia molto interessante. La vittoria è di Fratelli d’Italia che supera il 24 per cento (seppur in calo di tre-quattro punti rispetto ai sondaggi nazionali), ma fa un buon risultato anche Fi, superando il 13 per cento. Sta peggio invece il Carroccio che, dal 28% di cinque anni fa, precipita al 7,6%, superato di molto anche dagli azzurri. Sul fronte opposto i dem sono secondo partito con oltre il 20%, in crescita rispetto alla scorsa tornata, mentre il M5s fa un tonfo e scende sotto il 7 per cento (contro ben il 20 di cinque anni fa). Infine Azione sta sopra il 4 e Avs appena sotto (3,63%). Tutti dati che saranno decisivi per gli equilibri interni. E non solo quelli regionali.
Il primo segnale: l’affluenza delude chi sperava nell’effetto Sardegna – La rimonta del cosiddetto “campo larghissimo”, forte del risultato in Sardegna, non c’è stata: la campagna elettorale unitaria della coalizione che ha messo insieme tutti i partiti di opposizione (Pd, M5s, ma anche Iv, Azione, Avs e socialisti) non è riuscita nella missione impossibile di ripetere il risultato sardo. Il primo segnale è stata l’affluenza addirittura leggermente più bassa del 2019 e ferma al 52,37% degli aventi diritto: chi confidava nel voto d’opinione (in particolare della costa) che, speranzoso nel ribaltone, avrebbe dovuto correre alle urne, si è dovuto ricredere. Nel corso della giornata infatti, i dati sono andati via via peggiorando: alle 12 l’affluenza ha segnato un più 2 per cento rispetto alla scorsa tornata, ma il margine si è ridotto man mano che passavano le ore fino a scomparire. Tanto che, alla chiusura delle urne, l’affluenza è stata la peggiore della storia delle regionali abruzzesi. Un dato peggiore anche delle elezioni del dicembre 2008, quelle post Sanitopoli dell’arresto di Ottaviano Del Turco.
La spinta del fantomatico “effetto Sardegna”, dopo la vittoria a sorpresa di Alessandra Todde, non ha avuto particolari effetti. Marsilio l’ha detto fino all’ultimo giorno: l’aria in Abruzzo non è mai cambiata e i risultati gli hanno dato ragione. Quello che è certo però, è che per la prima volta dal 2010, in Italia, si sfidavano due soli candidati presidenti in una elezione regionale e questo ha contribuito a polarizzare la competizione. Inoltre, e non è elemento da poco, a differenza della Sardegna qui non era possibile il voto disgiunto: ques’ultima opzione avrebbe probabilmente reso leggermente più complessa la vittoria di Marsilio, permettendo più margine di manovra sui candidati.
Fdi primo partito, la Lega viene doppiata da Forza Italia – Il voto si è caricato di un forte peso nazionale negli ultimi giorni e in particolare è stato trasformato in un nuovo test per la premier Giorgia Meloni. Se la sconfitta del sardo Paolo Truzzu le è stata attribuita quasi integralmente, la sua scelta di difendere il candidato di bandiera Marsilio è finita doppiamente sotto esame. E ora potrà far valere nelle dinamiche interne alla coalizione la nuova vittoria. Anche perché Fratelli d’Italia si conferma primo partito e, stando alle proiezioni ottiene il 24,9 per cento: una flessione leggera rispetto alle politiche (qui prese il 30%), ma un boom se confrontato a cinque anni fa quando Meloni e i suoi si fermarono al 6,9%. Dietro c’è poi Forza Italia che supera il 14,1 per cento (+ 5 punti circa rispetto al 2019). Non può essere un buon risultato per la Lega che arranca all’8,7% e impallidisce con il confronto della scorsa elezione quando sfiorò il 28 per cento dei consensi e di fatto permise l’elezione di Marsilio. Il Carroccio si fa così superare dal partito di Antonio Tajani con un sorpasso che non potrà passare inosservato. Il tutto mentre oggi, a voto in corso, è scoppiato il caso del pullman Fi partito da Napoli per portare a votare fuorisede abruzzesi. Intanto i leader della coalizione negano che ci siano mai state preoccupazioni sul risultato: “Quando si governa bene”, ha detto Maurizio Lupi su Rete8, “ci possono essere tutti i tam tam mediatici, le elucubrazioni, gli scenari nazionali e mondiali. L’Abruzzo è diventato l’Ohio… poi alla fine gli elettori scelgono il buongoverno. Passata questa tornata ci si concentrerà tutti sulla Basilicata. Siamo 1-1 e il centrosinistra dirà che deve rivincere”.
Il centrosinistra: Pd secondo partito, ma non basta. M5s al 7 – Il campo larghissimo, da Pd a M5s fino a Iv, Avs e Azione, mai come questa volta forse ha provato il tutto per tutto. Forte della vittoria sarda ha cercato di ignorare tensioni e differenze per riuscire a strappare la seconda vittoria locale in meno di un mese. Era impossibile eppure gli sforzi unitari, mai così convinti (dall’annuncio della campagna per il salario minimo alla sospensione degli scontri interni) avevano lasciato intendere che in fondo ci credessero davvero. Il risultato è comunque deludente perché dimostra un sostegno per le destre ancora molto forte a livello territoriale e preannuncia una campagna per le Europee tutta in salita. Magra consolazione solo per i dem che sono il secondo partito sopra il 18 per cento dei consensi e riescono a guadagnare rispetto alla scorsa tornata (11,14%). Botta dura invece per il M5s che si ferma al 7,1 per cento con un risultato fortemente in calo rispetto al 2019 quando, con la candidata Sara Marcozzi presero addirittura il 19,74%. Ma era un’altra epoca. Il coordinatore regionale 5 stelle Gianluca Castaldi ha cercato di sminuire: “Il nuovo corso è partito da poco, ci stiamo strutturando. Il Movimento soffre le elezioni locali, abbiamo difficoltà”, ha detto. Tra le altre forze, Azione ha preso il 4,1%. Infine, Alleanza Verdi Sinistra arriva circa al 3,7 per cento dei voti. “Avevamo sognato una notte diversa”, è stato l’amaro commento dell’ex sindaco di Pescara, Marco Alessandrini e candidato del centrosinistra poco prima della proclamazione della vittoria di Marsilio. “Forte delusione per l’astensionismo“. D’Amico ha scelto di non parlare a caldo, ma di aspettare la tarda mattinata. L’esperimento di alleanza abruzzese è stato comunque unico e ora starà alle forze di centrosinistra decidere cosa vogliono dal futuro.
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