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Март
2024

I femminicidi e le frane che devastano le nostre vite

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Sembrano chiamarsi da un lato all’altro del Paese: ho ammazzato la mia, tocca a te! Il testimone passa di mano: coltelli, accanimento sul corpo, premeditazione. Penso che l’idea di uccidere, soprattutto una persona che amavi, gironzoli a lungo tra i neuroni prima di trovare un’arma.

C’è l’ennesimo sconcerto perché l’onda emotiva scaturita dopo la morte di Giulia Cecchettin sembra essersi dissolta. Probabilmente non è così, i tempi di un’evoluzione civile non sono a comando. Viene da interrogarsi, comunque, sulle tante ipotesi messe in campo per spiegare queste atrocità: saranno i residui del patriarcato, sarà l’esistenza di persone fragili, sarà l’incapacità di gestire i conflitti; saranno le illusioni che la parola amore sottende o la superficialità con cui la usiamo; sarà l’immaturità sentimentale o la soggettiva crudeltà. Mettiamoci decenni di pessima televisione, di cultura rabberciata, di generazioni viziate e mai educate alle rinunce, che poi è lo stile morale del consumismo.

Forse qualcuno potrebbe risalire alla scuola permissiva, persino al ’68, per dire che solo una società severa, selettiva, un campo di addestramento da Corea del Nord potrebbe forgiare persone capaci di sopportare tutto, a partire da un amore finito.

Altri diranno che la colpa è della farina di grilli, dei vaccini, delle macchine elettriche, insomma dei cambiamenti.

Ma a qualsiasi di queste forze diamo credito, persino alla loro combinazione diabolica, non possiamo non riconoscere che sono l’espressione di un movimento franoso che coinvolge tutto il Paese che ama Sanremo, la pizza e lo spritz.

Tre fondamenti del nostro vivere, famiglia, figli e lavoro, franano: in famiglia si uccide, i nostri figli continuano a sfracellarsi nei fine settimana e a bullizzare ed essere bullizzati, non diminuiscono le vite bruciate nei posti di lavoro.

Oh, certo, un modo semplice di archiviare le manifestazioni franose è definirle piccoli episodi: la maggior parte delle famiglie, dei figli, delle condizioni di lavoro sono sane. Insomma, tragiche fatalità su cui sprecare un articolo di giornale. Eppure le frane che con frequenza masticano l’Italia ci dicono che la causa è sempre nella miscela d’un eccesso (pioggia per unità di tempo), nella struttura del territorio, nella cura che vi abbiamo prestato. Qualcosa di troppo che agisce su un soggetto a cui non s’è prestata cura: ecco il meccanismo.

Cos’è che hanno in comune tutte le presunte cause di queste frane, dalle colline, al lavoro, al femminicidio? Il meccanismo che fa funzionare la nostra società. Per smussare, almeno, i femminicidi ci vorrebbe un allarme rosso, non tanto annunciato dalle istituzioni, ma assunto dall’insieme di padri e madri.

Provino a essere i primi, e fondamentali, educatori del Paese, scrivano un progetto famigliare e collettivo, nel quale l’obiettivo sia (oltre alle ferie, la spesa al supermercato più conveniente, la ricerca di una serie televisiva) quello di far crescere un figlio e una figlia in modo tale che sappiano attribuire all’amore le proprietà della vita (nascere, cambiare e anche morire) e che apprendano, con scientifica precisione, che l’amore per crescere ha bisogno del concime del rispetto. Altrimenti le urla degli omicidi, da Nord a Sud, non termineranno mai.