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Февраль
2024

Io mi difendo da sola

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Braccialetti che lanciano un allarme. Ma anche spray urticanti o bastoncini di metallo estensibili. E poi corsi di arti marziali. Gli strumenti di protezione sono sempre più comuni tra donne e ragazze. Ma è fondamentale sapere quando e come usarli.

«Se mi sono salvata dal branco è stato grazie al mio bracciale antistupro». Non può dimenticare quella notte la studentessa che, lo scorso Natale, è stata aggredita sui Navigli, a Milano, da un gruppo di ragazzi che stavano per stuprarla. E non passa settimana che la cronaca non riporti un caso di violenza del branco. Secondo un rapporto del ministero dell’Interno, a subire violenza sessuale nel 2023 sono state 5.631 donne: erano 4.499 nel 2020, con un’impennata nei numeri anche senza tenere conto degli episodi non segnalati. Altri dati della Uil Lazio ed Eures documentano come, a Roma, nel 2022, 465 donne siano state vittime di stupro. La studentessa dei Navigli ha scampato il pericolo perché aveva in borsa un braccialetto «antiviolenza». Un dispositivo con un pulsante che, una volta premuto, fa partire una sirena dal volume che supera i 110 decibel, inviando contemporaneamente una richiesta di aiuto e la geolocalizzazione a contatti selezionati e a una centrale operativa.

Per i timori crescenti di violenza si stanno diffondendo i dispositivi non catalogati come «armi per disorientare», almeno momentaneamente, l’aggressore. Oltre al citato braccialetto «WinLet» - che sulle piattaforme web si acquista a 49 euro - ci sono il Kubotan, un bastoncino di metallo con punta montato su un portachiavi che, all’occorrenza, può essere usato per colpi «a martello» e per stoccate contro l’aggressore. Poi i già rodati spray e pistola al peperoncino, il tirapugni, il teaser o dissuasore elettrico. Oggetti che, ufficialmente, avrebbero anche limitazioni di legge per il possesso e l’utilizzo. Ma ancora c’è il bastone telescopico, usato per colpire l’aggressore. La chiave tattica per adulti, ossia un cacciavite a croce piatto in acciaio che è una «punta da difesa». Infine, la penna che scrive ma che cela al suo interno anche un piccolo coltello in acciaio inox 440.

Le armi /non armi dovrebbero dare sicurezza a chi li porta con sé, anche se la domanda è legittima: quanto sono efficaci? «La cosa più importante, nonostante tutto, resta la consapevolezza di cosa si riesce a fare in caso di pericolo» dice la campionessa di judo Cristina Fiorentini, oggi maestra 6° Dan, insegnante di educazione fisica e autodifesa. «Nei corsi spieghiamo alle donne che si può reagire, che qualcosa si può fare, ma si deve essere pronte. Non solo in strada, ma anche in famiglia, se c’è una violenza domestica. E fondamentale è abituarsi al contatto fisico. L’aggressione sessuale notoriamente finisce sempre a terra, corpo a corpo».

Spesso il solo fatto di essere afferrate o trattenute, da chi non si conosce, da qualcuno che entra nella propria «bolla di sicurezza», paralizza. Essere addestrate al semplice «contatto» è un primo passo. Essere pronte a divincolarsi e reagire anche se si è stese a terra, è il secondo. Anche assumere la postura «giusta» aiuta a prevenire, nei limiti del possibile, un’aggressione. «Una persona spaventata cammina vicino al muro, è circospetta, “comunica” all’aggressore che probabilmente non saprà reagire» aggiunge Fiorentini. «Alle ragazze, nei miei corsi, ripeto: non andate in giro distratte, perché soprattutto di notte o in zone isolate bisogna comunque guardarsi intorno». Chi cammina con le cuffie, con la musica alta nelle orecchie, non si rende conto di cosa stia succedendo a un passo da lei. Può non cogliere i segnali tipici di una pre-aggressione. Prevenire l’attacco, al momento, resta la contromisura migliore. «Poi non si pensi di poter contrastare con uguale violenza l’aggressore, perché l’obiettivo primario è fuggire» precisa l’allenatrice. «Certo, se la vittima ha in mano qualcosa che può aiutarla, come un dispositivo antiaggressione, e sa usarlo, aumenta di molto la possibilità di fuga».

Il Kubotan, che sembra un innocuo portachiavi, rende un colpo ben più incisivo rispetto allo schiaffo dato a mani nude. Il braccialetto antiviolenza spaventa con il rumore. Ma prevenire le situazioni di rischio viene ancora prima dei dispositivi d’emergenza. «Se sei una ragazza e torni a casa a piedi alle cinque di mattina, per esempio nel quartiere della movida milanese intorno Corso Como, può in effetti succederti qualcosa» conclude Fiorentini. «È la cronaca a parlare. Ben vengano i corsi di autodifesa, le armi-non armi. Ma prima c’è il buonsenso di non frequentare zone a rischio in certi orari».

C’è anche chi pensa che l’utilizzo di degli strumenti di difesa «soft» sia addirittura deleterio. «Reagire con questi oggetti aumenta, a mio parere, cattiveria e rabbia in chi sta aggredendo» dice il campione di pugilato Vincenzo Cantatore, personal trainer e insegnante di autodifesa di personaggi famosi. «Altra cosa è lo spray al peperoncino, che nel raggio di due metri ha un effetto urticante. Annebbia la vista del malintenzionato per quei cinque-dieci secondi che sono necessari a scappare. In caso contrario, se non si sferra un colpo efficace con il bastone telescopico, se non si ferisce l’aggressore in modo che desista, il pericolo è che diventi ancor più violento. E se i danni che si provocano con il Kubotan o la chiave-cacciavite sono gravi, si rischia persino un’accusa di eccesso di difesa».

Uno sport da combattimento per prendere coscienza delle proprie possibilità fisiche e familiarità con le «armi non armi» è una soluzione utile per chiunque si senta vulnerabile, non soltanto per le donne. Continua Cantatore: «Un corso di autodifesa - non di pochi giorni però - è molto più utile di minibastoni e penne-coltello. In questo modo alcuni movimenti necessari a proteggersi diventano naturali. Io spiego che per difendersi si deve alzare il braccio, colpire di destro, girare il piede e colpire con un gancio, e lo faccio ripetere più volte; ma è sicuro che in situazione drammatica sarà difficile mettere in pratica questa tecnica, se non si è ben esercitati. La paura non permette di ragionare con lucidità. È lì che interviene l’automatismo del gesto acquisito anche con anni di allenamento. Senza pensarci, il corpo si predispone a colpire e scappare». Armi non armi, spray urticanti o portachiavi con il trucco, vince la fuga. Almeno fin quando non si diventi cintura nera di arti marziali.