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Февраль
2024

Da Venezia a Pechino, 12 mila chilometri in bici nel nome di Marco Polo

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Da Venezia a Pechino,

12 mila chilometri in bici

nel nome di Marco Polo

foto da Quotidiani locali

Venezia-Pechino, 12 mila chilometri sulle tracce di Marco Polo: tutti in bicicletta. In 100 giorni.

I veneziani Alberto Fiorin ( “piedi in acqua” a Venezia) e Dino Facchinetti (residente a Bojon), cicloviaggiatori del Pedale veneziano, monteranno in sella il 25 aprile. Obiettivo: arrivare a Pechino il 1 agosto.

Non una data qualsiasi, il 25 aprile...

«L’abbiamo scelta apposta: il giorno della festa di San Marco e quello della Liberazione, una festa veneziana e una nazionale. Ci è parso il giorno perfetto per iniziare un viaggio con il quale rendiamo omaggio a Marco Polo, il veneziano più famoso nel mondo a 700 anni dalla sua morte. Una data simbolica», racconta Alberto Fiorin, scrittore che con le sue guide porta in giro per il mondo i cicloviaggiatori. Nelle gambe e nel cuore, Fiorin e Facchinetti hanno molte avventure da raccontare: la Patagonia, l’Alaska, Israele, da Capo Nord a Mosca, solo per citarne alcune. “Carretera Austral” (Ediciclo) l’ultimo libro di narrativa di viaggio.

Quanti stati attraverserete nella vostra “Marco Polo a pedali”? Dev’essere un viaggio molto complesso da organizzare.

«Attraverseremo 12 Stati: Slovenia, Croazia, Serbia, Bulgaria, Turchia, Georgia, Azerbajan (prenderemo il traghetto sul Mar Caspio a Baku), Turkmenistan, Uzbekistan, Kazakhstan, Cina (via Urumqui, Lanzhou, Xi’an) per raggiungere Pechino. Abbiamo davanti a noi 12 mila chilometri: oltre un terzo, 4350, saranno in Cina, sulla vera via di Marco Polo. Resteremo in Cina per 35 giorni: con arrivo a Pechino il 1 agosto: il volo per il ritorno è prenotato per il 6. Abbiamo iniziato a lavorare all’organizzazione 4-5 mesi fa e gli uffici del ministero degli Esteri ci stanno dando una grande mano: ma io questo viaggio l’ho organizzato oltre vent’anni fa».

Era il 2001, i suoi compagni arrivarono in Cina, lei no.

«Già, per me fu la “maledizione di Fantozzi”: al 25° chilometro, arrivati a Jesolo, sono caduto e mi sono rotto l’omero. Ma quell’itinerario l’avevo preparato e si erano trovati benissimo. Da allora la burocrazia si è semplificata: allora furono necessari sette visti, oggi solo tre».

Come avete pianificato il viaggio?

«In 82 tappe e 16 giorni di riposo, con una media abbastanza impegnativa di 130-140 chilometri al giorno. Così siamo restati nell’ambito dei tre mesi, anche se forse ne sarebbe servito uno in più, ma questa volta volevamo stringere i tempi. Anche perché mia moglie Tiziana non era molto felice di farci partire (ride). due anni fa ho avuto il distacco della retina, non è stato piacevole. Comunque – tornando al viaggio – ci fermeremo a dormire via via dove troveremo: siamo solo in due, non sarà complicato».

Con quanto peso partite, qual è la vostra attrezzatura?

«Noi viaggiamo in gravel, la mia è una Wilier Triestina. Quanto al bagaglio, questa volta la tenda l’abbiamo lasciata a casa: due chili in meno, per non parlare dell’attrezzatura. Ci portiamo il sacco a pelo, un cambio per tutto, antipioggia. Avremo quattro borse per bici: una dedicata agli attrezzi e ricambi. Massimo 14-15 chili a testa: diventi sempre più sintetico quando fai questi viaggi e, d’altra parte, serve molto meno di quel che sembri: due di tutto, si lava e asciuga tutti i giorni. Io mi porto anche un piccolo computer: mi piace condividere con le persone, i viaggi, le esperienze, i luoghi. Certo, devo ancora capire come fare in Cina, dove i social che usiamo non sono presenti».

Dovrà diventare un “titoker”, visto che Tik Tok è un social “made in China”!

«Faremo anche questa», ride.

E per le comunicazioni? Non avrete sempre una spina per la ricarica del telefonino...

«Il cellulare è lo strumento di comunicazione con casa e il mondo, non ha senso un satellitare. Abbiamo power bank a ricarica solare».

Come vi siete preparati?

«Non c’è un allenamento specifico, se non l’andare in bicicletta: io faccio una media di 8-10 mila chilometri l’anno...da 45 anni. L’importante è soprattutto l’affiatamento con i compagni, per evitare le tensioni per i contrattempi che si creano sempre in un viaggio così lungo e complesso: la fatica, il freddo, una giornata in più di pioggia. Serve consuetudine all’intimità e condivisione: io e Dino siamo legati da un’amicizia profonda, abbiamo pedalato per il mondo insieme».

Cosa vi muove: la sfida, la curiosità, lo spirito di avventura?

«Certamente è un mix di emozioni e c’è anche il desiderio di “sfatare il destino” del mio ritorno forzato nel 2001. Ma questa volta c’è forte il desiderio di portare Venezia nel mondo nel nome di Marco Polo. Durante il percorso, al fine di promuovere un messaggio di solidarietà anche a nome degli enti cui abbiamo chiesto il patrocinio (come la Regione Veneto) saremmo onorati di realizzare degli incontri pubblici, incontrare le persone per scambiare esperienze: ne abbiamo sinora organizzati cinque, con le autorità locali a Sofia, Istanbul, Taskhent, Alma Ata e Pechino. Abbiamo chiesto e ottenuto l’attenzione e il supporto del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale nel rendere conosciuta la nostra iniziativa presso le ambasciate e gli istituti di cultura dei paesi attraversati: a questo riguardo ci sta molto aiutando il Consigliere d’Ambasciata Silvia Marrara, a capo dell’Ufficio (in via di istituzione) sulla Diplomazia Sportiva. Lo sport è capace di mettere in contatto le persone».

La regola principale per affrontare un viaggio-impresa?

«Mai lasciare la bici: ce la porteremmo a letto. È il nostro mondo».