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Февраль
2024

Centro protonico per la cura dei tumori, l’ex dg dell’Usl Padoan dovrà risarcire

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Centro protonico per la cura dei tumori, l’ex dg dell’Usl Padoan dovrà risarcire

La Corte dei Conti ha confermato la restituzione di 1, 8 milioni. Condannati anche i tecnici per un totale di 3,7 milioni

Il mai nato progetto dell’Usl 3 per realizzare un Centro protonico per la cura dei tumori - negli anni della gestione di Antonio Padoan - fu un azzardo tale da procurare alle casse pubbliche un danno milionario. Una mala gestio messa in conto a quanti, allora, se ne occuparono.

Nel respingere il ricorso contro la condanna in primo grado, la Corte d’Appello ha confermato nei giorni scorsi la sentenza con la quale la Corte dei conti del Veneto aveva condannato l’ex dg dell’Usl Serenissima Antonio Padoan a pagare un risarcimento record di oltre 1 milione e 800 mila euro per le spese sostenute dall’azienda per il Centro protonico “fantasma”.

Il conto non è stato presentato solo a lui: condannati a pagare 943.349 euro ciascuno, infatti, anche la ex direttrice amministrativa Maria Alessandra Massei e l’ingegnere Girolamo Strano, responsabile tecnico dell’azienda sanitaria. Un totale di 3,7 milioni di euro da risarcire alle casse pubbliche.

Al centro del procedimento per danno erariale, il project financing lanciato negli anni Duemila dal direttore generale dell’Usl, per realizzare un Centro di terapia Protonica per la cura delle patologie oncologiche, accanto all’Ospedale dell’Angelo, con l’iniziale benestare della Commissione regionale per l’investimento e l’edilizia, ma tra le molte perplessità espresse dal nucleo regionale di valutazione.

Davanti alle ripetute note della Regione e del collegio dei sindaci sulla mancata sostenibilità economica di un’opera in project financing che sarebbe stata un disastro per le casse dell’azienda, per mancanza di pazienti - sostenne la Procura contabile nelle sue contestazioni erariali - l’allora direttore dell’Usl Antonio Padoan non avrebbe mai dovuto firmare la convenzione con il consorzio di imprese: invece andò avanti. Solo nel 2014, con il cambio di vertici, l’Usl bloccò il progetto dichiarandolo insostenibile e arrivando alla transazione.

Il Centro protonico, mai nato, è costato alle casse pubbliche 6 milioni. Ad attivare le indagini della Procura contabile, era stata una segnalazione dello stesso collegio sindacale dell’azienda sanitaria, alle prese nel 2010 con un bilancio chiuso in deficit per 104 milioni, perplesso a fronte di un’opera che avrebbe previsto per le casse dell’azienda un costo di 28 milioni di euro l’anno, per 15 anni, a favore dei soci privati: un progetto che secondo la Procura «era sin dall’origine privo di copertura finanziaria in quanto non previsto nella programmazione regionale dei Lavori pubblici né in quella della sanità».

Padoan era però andato avanti spedito e dopo aver dichiarato il progetto di pubblico interesse, aveva proceduto con l’affidamento diretto della progettazione, ignorando (nel maggio del 2011), l’invito del Segretario regionale per la sanità a sospendere la convenzione: troppo poco chiari i costi del Centro e la sua sostenibilità, non essendo prevista dal piano sanitario.

Quando a fine 2012 il Dg lasciò l’incarico, i nuovi vertici bloccarono il project, i privati fecero causa e il contenzioso si è chiuso nel 2016 con una transazione da 6 milioni. Detratte le spese che l’azienda avrebbe comunque dovuto pagare al Consorzio, per la Procura restavano nel piatto 3,7 milioni: somma dovuta, secondo l’accusa, «per colpa grave».

Padoan si è difeso difendendo il valore sanitario del progetto e la sua sostenibilità economica con l’arrivo dei pazienti. I legali di Massei hanno difeso la portata innovativa del progetto. La difesa dell’ingegner Strano, che abbia operato nell’ambito del parere della conferenza dei servizi.

Per i giudici di appello, invece, «non si può sostenere che il danno subito dall’azienda sanitaria non fosse concreto e prevedibile alla luce dell’ingente (e insostenibile) esposizione finanziaria alla quale si esponeva l’azienda sanitaria con la sottoscrizione della Convenzione». Rigettate anche le richieste di riduzione del danno, «tenuto conto del disvalore delle condotte degli appellanti e la gravità del danno che ne è derivato», concludono i giudizi.