«Quel rogo doloso mi costrinse a chiudere l’azienda e licenziare»
VIGEVANO. Per colpa di quell’incendio ha perso tutto, ora a distanza di quasi cinque anni chiede giustizia.
È l’ex titolare del forno “B.Mam” di corso Pavia andato in fiamme il 21 aprile. Secondo la procura era stato un incendio doloso, una ripicca commissionata da un ex dipendente che aveva avuto frizioni con il titolare: «Avevo aperto il forno che produceva brioches per bar e rivendite, usando i miei risparmi - ha spiegato ieri in aula il titolare -. Le due persone che sono finite a processo non le conoscevo di persona, dalle indagini della polizia di Vigevano è emerso che sarebbero stati mandati da un ex dipendente dell’azienda. Avevo materie prime, come la farina, per decine di migliaia di euro: tutto in fumo. Ho retto ancora un mese e mezzo a pagare i dipendenti, poi ho dovuto chiudere. Dieci persone hanno perso il lavoro. Le assicurazioni mi hanno ripagato il danno, ma non completamente».
Nel processo in corso di fronte al giudice monocratico Vincenzo Giordano ci sono due imputati. Si tratta di Gabriele Di Liberto, 38 anni difeso dall’avvocata Susanna Marangoni, e Gianluca Pirrone, 46 anni, rappresentato dall’avvocato Nicola Cadaleta. Sono accusati di essere gli autori materiali dell’incendio che nel pomeriggio di Pasqua del 2019, era il 21 aprile, danneggiò il laboratorio dolciario “B.Mam srl” di corso Pavia a Vigevano. Avrebbero agito su commissione di un ex dipendente che era stato licenziato: la sua posizione non è al centro del processo in corso.
Martedì hanno testimoniato anche i poliziotti del commissariato di Vigevano che avevano eseguito le indagini. La polizia aveva analizzato le telecamere della zona. Pochi fotogrammi erano bastati per ricostruire la vicenda. Immagini in cui si vedevano due uomini scendere da uno scooter in una stazione di servizio e riempire di benzina una tanica come quella ritrovato poi vicina al laboratorio dolciario di corso Pavia. E lo stesso scooter, ricostruendo con i video i movimenti, era stato visto avvicinarsi all’azienda. A ritrovare la tanica e consegnarla agli inquirenti erano stati i pompieri intervenuti sul posto. Quando avevano appiccato l’incendio i due indossavano il casco, così come quando hanno fatto benzina nella tanica in un vicino distributore. Nei video della stazione di servizio, però, si vedeva la targa dello scooter. Trovato poi a casa dell’allora fidanzata di uno dei due imputati.
Durante le indagini, secondo la polizia, uno dei due aveva confessato di aver appiccato il rogo. Il processo riprenderà il 7 maggio, quando è attesa la sentenza.