Siamo nei giorni della merla: le origini del nome, le leggende e i riti
I cosiddetti giorni della merla sono gli ultimi tre giorni di gennaio (ma in alcuni paesi sono considerati giorni della merla gli ultimi due di gennaio e il primo di febbraio).
La tradizione vuole che siano i tre giorni più freddi dell'anno, anche se non sempre le statistiche lo confermano. Dalle temperature dei giorni della merla dipenderebbe anche l'arrivo della primavera: secondo la tradizione, se le temperature sono miti l'inverno durerà ancora a lungo; se invece fa molto freddo, l'inverno finirà presto e la primavera non tarderà ad arrivare.
Ma perché si chiamano giorni della merla?
Le leggende più famose
Le leggende sono davvero molte. La più nota narra che una merla e i suoi piccoli, a quel tempo di piumaggio nero come i maschi, nei giorni della fine di gennaio trovarono rifugio in un comignolo, da cui uscirono solo dopo tre giorni. Quando si allontanarono, però, non erano più neri: erano diventati grigi per via della cenere. Questo a giustificare, dunque, la differente colorazione delle piume tra esemplari maschi e femmine.
Un'altra versione racconta dei dispetti che il mese di gennaio faceva ad una merla con uno splendido candido piumaggio, scatenando piogge. Il mese di gennaio era inizialmente di 28 giorni, per questo la merla per non patire il freddo del mese che le faceva i dispetti, decise di fare scorta di provviste e non lasciare il nido per quei giorni. Così gennaio prolungò la sua durata di altre tre giorni (29, 30 e 31), per riuscire a scatenare la sua ira contro la merla con pioggia, neve e venti gelidi per far crollare le temperature. Quindi la merla cercò rifugio in un comignolo per tre giorni. Alla fine della tempesta le sue piume avevano virato i colore, era diventata bruno-nerastra o nera a causa della cenere
Le altre storie popolari
E ancora, altre storie popolari vengono raccontate. Si tramanda che un contadino, attraversando un fiume gelato con il carro trainato dalla cavalla Merla, sia stato inghiottito dalle acque a causa della rottura dello strato di ghiaccio. Una variante racconta che alcuni soldati siano precipitati in acqua, mentre attraversavano un fiume ghiacciato trascinando un cannone chiamato Merla.
Altrove si vuole che in un inverno tanto freddo da gelare le acque, un giovane sia riuscito ad attraversare un fiume per recarsi a sposare l'innamorata. Ma quando la coppia camminò sul ghiaccio per raggiungere la nuova casa, la lastra si ruppe e la sposina, di nome Merla, annegò.
Il popolare verso dantesco veniva parafrasato dai famigli – i dipendenti dell'azienda agricola conviventi con la famiglia del proprietario – i quali a fine gennaio potevano dire «Canta 'l merlo 'n font al zerlo che ghè finit l'inverno: te salude padrù!» e andarsene. Ai cosiddetti «faméi de fagot» sarebbe stato, infatti, impossibile trovare un nuovo lavoro all'inizio della stagione invernale.
Le tradizioni nei giorni della merla
Prima dell'ultima guerra, e anche negli anni successivi, quando era ancora diffusa la coltura dei bachi da seta che iniziava a fine aprile, nei giorni della «merla» si svolgevano sceneggiate propiziatrici, diverse da zona a zona; ai cori delle donne rintanate nelle stalle, rispondevano quelli degli uomini rimasti all'esterno. I canti erano preceduti dal frastuono provocato dal battere di bastoni su lamiere, usate come tamburi per mettere in fuga gli spiriti malefici dell'inverno; la perfetta sintonia delle voci, e la tempestiva risposta fra un gruppo e l'altro, erano ottimo auspicio della «Merla», cioè dell'allontanarsi del periodo più freddo.
Il mondo contadino propiziava la primavera anche con altri rituali, quali i falò che si accendevano in varie date; importante era quello dell'ultimo giovedì di gennaio. L'attesa del risveglio della natura era evidenziata pure da altre consuetudini.