Il Piano di crescita Ue da 6 miliardi fa siglare la tregua ai leader dell’Est
SKOPJE. Tutti seduti a un tavolo, composti e concentrati, lasciando almeno per un giorno da parte beghe e nodi politici irrisolti. E allora è vero che i soldi non sono tutto, ma sicuramente aiutano. Lo si è toccato con mano ieri a Skopje, capitale macedone che ha ospitato un vertice di alto profilo, significativamente battezzato “I Balcani occidentali incontrano la Ue”, presenti praticamente tutti i leader balcanici. Al centro dell’incontro il cosiddetto “Piano di crescita” lanciato alla fine dell’anno scorso da Bruxelles, che mette a disposizione dei Paesi dell’area, ancora fuori dall’Unione, sei miliardi di euro per lo sviluppo delle loro economie, in cambio di riforme e di una forte accelerazione sull’integrazione tra i sistemi economici balcanici e tra i Balcani e il mercato comune unico europeo.
Un primo passo dei Paesi balcanici
Il meeting di Skopje va letto come un reale primo passo da parte dei Paesi balcanici extra-Ue per discutere assieme e mettere a regime riforme e misure che permettano l’afflusso di quei sei miliardi promessi da Bruxelles, «un forte incentivo per la crescita» della regione, ha assicurato Gert Jan Koopman, Direttore generale Ue per i negoziati di allargamento e il vicinato, il più alto funzionario europeo presente in Macedonia del Nord. Koopman significativamente non a caso era affiancato dall’americano James O'Brien, fra gli alti papaveri del Dipartimento di Stato, a prova che gli Usa sono sempre più coinvolti negli affari regionali.
Una potenziale svolta
Il piano, ha ricordato sempre Koopman, rappresenta una potenziale «svolta, dato che può raddoppiare le dimensioni delle vostre economie nel prossimo decennio». E il messaggio deve essere stato recepito dai leader regionali. Lo confermano le promesse contenute nella Dichiarazione siglata alla fine del summit, dove si assicura che i Balcani, «nel loro insieme», lavoreranno per «promuovere l’integrazione economica regionale attraverso un mercato comune dell’area basato sulle regole e gli standard Ue», aprendolo contemporaneamente «al mercato unico Ue». Mercato, hanno stabilito i leader presenti a Skopje, dal serbo Vučić al kosovaro Kurti fino al padrone di casa Kovačevski, che sarà completato e ulteriormente potenziato nel prossimo futuro, con sostegni «al commercio, la riduzione dell’impatto negativo di misure non tariffarie, l’apertura del settore dei servizi e facilitazioni alla mobilità dei lavoratori».
Un mini mercato unico
In pratica, l’obiettivo è quello di creare un mini-mercato unico balcanico, attrattivo per gli investitori stranieri per poi essere gradualmente assorbito in quello Ue, un passo importante prima della futura integrazione anche politica della regione. Importanti, ieri, anche le firme di due protocolli sull’apertura del mercato del lavoro, dal primo marzo, tra Serbia, Macedonia del Nord e Albania nell'ambito di “Open Balkan”.
Spazio all’ottimismo
Sapranno, i Paesi della regione, essere all’altezza del compito? Le dichiarazioni di ieri lasciano spazio all’ottimismo, con Kurti che ha anticipato una «lista di riforme» da parte di Pristina, mentre Vučić ha posto l’accento sull’importanza dei «corridoi verdi» per il trasporto merci, in modo da ridurre i tempi di attesa alle frontiere, anticipando che i primi fondi potrebbero arrivare a maggio. Il Piano Ue è molto importante, ha suggerito anche il premier albanese Rama, ricordando che la «chiave è la cooperazione, dobbiamo dare priorità ai cittadini lasciando la politica» fuori. Unico forfait ieri – anche se era presente via videolink – la premier della Bosnia-Erzegovina, Borjana Kristo. Ma si è trattata di un’assenza più che giustificata. Martedì, a Sarajevo, arriveranno il premier olandese Rutte, il croato Plenković e la presidente della Commissione von der Leyen. Sul tavolo, un altro appuntamento storico: l’avvio dei negoziati d’adesione della Bosnia-Erzegovina. —