Meloni annuncia la legge-Ferragni: “Norma in Cdm per la trasparenza nella beneficenza. Se mi candido alle Europee? Deciderò all’ultimo”
Le privatizzazioni? “Nessuna lezione dagli Agnelli“. Il blitz sulla nomina del direttore del Teatro di Roma? “Lo scandalo è che non ha la tessera del Pd“. La candidatura alle Europee? “Deciderò all’ultimo“. Ospite di Nicola Porro nella puntata di Quarta Repubblica in onda lunedì sera su Rete 4, Giorgia Meloni torna a muso duro sull’attualità politica. Ma annuncia anche “una norma sulla trasparenza” della beneficenza per evitare un nuovo scandalo Chiara Ferragni, l’influencer sanzionata per pubblicità ingannevole sulla destinazione degli incassi di un pandoro brandizzato: “La vicenda ha fatto vedere che effettivamente c’è un buco, in termini di trasparenza, nella normativa delle attività commerciali che hanno anche uno scopo benefico. Voluto o non voluto è una cosa nella quale si può incappare“, dice la premier. Per questo, anticipa, nel Consiglio dei ministri di giovedì sarà discussa una legge in base alla quale, “nelle attività commerciali con anche uno scopo benefico, sulla confezione di quello che vendi devi specificare a chi vanno le risorse, per cosa vanno e quanta parte viene effettivamente destinato a scopo benefico”. Cioè quello che, secondo l’Antitrust, mancava sull’incarto del dolce di Ferragni.
La leader di FdI difende poi il piano di privatizzazioni da venti miliardi in tre anni previsto dal governo nella nota di aggiornamento al Def: “Non sono regali miliardari fatti a un imprenditore fortunato e amico, significa che lo Stato può indietreggiare dove la sua presenza non è necessaria, mentre deve avanzare quando è necessaria. Come lo immagino io? Possiamo cedere alcune quote di società pubbliche senza compromettere il controllo pubblico, e possiamo, su alcune società interamente di proprietà dello Stato cedere quote di minoranza a dei privati”, spiega, facendo l’esempio delle Ferrovie, “uno dei dossier sul tavolo”. E attacca il titolo dedicato nei giorni scorsi al tema da Repubblica, “L’Italia in vendita“: “Bello tutto, ma che questa accusa arrivi dal giornale di proprietà di quelli che hanno preso la Fiat e l’hanno ceduta ai francesi, che hanno trasferito all’estero sede fiscale e legale, hanno messo in vendita i siti delle nostre storiche aziende italiane… Non so se il titolo fosse un’autobiografia, ma le lezioni di tutela dell’italianità da questi pulpiti anche no”, dice, riferendosi alla famiglia Agnelli-Elkann, proprietaria del gruppo Gedi che controlla il quotidiano.
C’è spazio anche per un passaggio sul caso del Teatro di Roma, l’ente che gestisce alcuni storici teatri della capitale, il cui cda ha nominato come direttore generale il regista Luca De Fusco con il voto dei soli consiglieri di centrodestra. “È stata nominata una persona – io neanche lo sapevo, l’ho appreso dal bailamme della sinistra – che, per quanto so, ha un curriculum di ferro sul piano culturale e della competenza, non ha tessere di partito e qual è lo scandalo? Che non ha la tessera del Pd”, morde la premier. “Avviso ai naviganti: il mondo nel quale per le nomine pubbliche la tessera del Pd fa punteggio è finito: ci vanno le persone che hanno un merito, indipendentemente dalla tessera che hanno deciso di sottoscrivere, se ne hanno una”, dice. Infine, la capa del governo butta la palla in tribuna sul dilemma se candidarsi alle Europee come capolista di Fratelli d’Italia: “Vediamo, non ho deciso. Penso che deciderò all’ultimo, quando si formano le liste”. Ma nega che ci sia un problema di opportunità nel candidarsi a Bruxelles sapendo di non accettare l’elezione: “I cittadini che dovessero votare per una Meloni che si candida in Europa sanno che non ci va, ciò non toglie che se vogliono confermare o non confermare un consenso, anche quella è democrazia. Per me potrebbe essere importante verificare se ho ancora quel consenso”.
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