Noi tutti intrappolati nelle sabbie mobili del mondo social
C’è una sproporzione che sgomenta, tra la reale portata di una (probabile) falsa recensione e il suicidio di chi quella stessa recensione negativa l’ha subita, o forse ingenuamente costruita.
Ed è una sproporzione che parla di noi. Di cosa siamo, di come agiamo. Del nostro senso del vero, che troppo spesso si rivela solo verosimile, ed è tutt’altra cosa.
Il caso è noto, anche se mancano ancora importanti tasselli.
Una bella storia da raccontare, il cliente politicamente scorretto di un ristorante “a modo” che se la prende con disabili e gay; la titolare che risponde alla recensione in modo forte e deciso, e giù applausi.
Persino dalla ministra.
Non è vero che ai giornali piacciono solo le brutte storie. Sono belle… anche quelle belle, se rispondono al nostro sistema di valori (no omofobia, no “abilismo”) e se fanno traffico. E qui il meccanismo è arcinoto: scrive uno, scrivono tutti. Poi, però, arriva qualcun altro che alza la manina e dice: siamo sicuri?
Oggi è la falsa recensione, ieri era la bidella che faceva la spola tra Milano e Napoli, l’altro ieri la nonna influencer morta carbonizzata perché si era addormentata vicino al camino... Bufale, niente di più.
Chiediamoci, però: qual è l’interesse reale di queste notizie? E se invece ne siamo convinti: meritavano davvero tutto questo risalto? Qui è già più difficile rispondere.
Non è affatto chiaro se Giovanna Pedretti si sia trasformata da paladina della solidarietà (con la sua pizza sospesa e l’attenzione alle diversità) ad astuta manipolatrice ai fini di marketing; oppure, se come ha provato a sostenere, sia caduta in una qualche trappola.
Di certo, si è trovata centrifugata nelle sabbie mobili del cortocircuito tra informazione e puro entertainment con ricco corollario di bufalari, debunker (ossia smascheratori di fake news o fake reviews), professionisti del click-baiting, troll variegati e laureati – all’università della strada, si intende - in gogne social.
Ecco: il potere di amplificazione dei social è smisurato rispetto alla portata di un evento così piccino: una falsa recensione tra miliardi di altre false recensioni. Con una rapidità impressionante ti tirano su, con altrettanta velocità – e voracità - ti demoliscono, o ti divorano.
E noi, noi frequentatori di questi mondi, quanto siamo muniti di scafandro in un contesto pieno di trappole? Internet, i social, adesso l’intelligenza artificiale, non sono buoni o cattivi: tutto dipende dall’uso che se ne fa. Da qualche parte c’è scritto “maneggiare con cura” ma sembra che nessuno sappia leggere. È diventata una guerra per bande, tutto polarizzato: se non ti schieri sei out.
Una volta, non molto tempo fa a dire il vero, una possibile notizia sarebbe sempre stata verificata e, se risultata falsa o inconsistente, non sarebbe affatto diventata una notizia. Oggi, invece, i falsi si fanno notizia e chi li smaschera - giornalista o no, poco sembra contare ormai - può rientrare nel novero… delle nuove professioni.
Anche qui, registriamo il carosello delle quotazioni variabili alla Borsa dei social: Lucarelli che smaschera Ferragni è osannata, Lucarelli che diventa “main sponsor” del compagno cuoco che si fa a sua volta fustigatore, ora è sulla graticola – proprio come la maggior parte dei suoi bersagli.
Sui social, come noto, si commenta senza leggere. Si va di fretta, sempre. Molti politici di spicco ci campano ancora oggi: suscitare emozioni, provocare reazioni. È l’apoteosi del “purché se ne parli” e fa molte vittime.
Letteralmente, stavolta.
“L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme” scriveva Italo Calvino.