Non solo armi, Russia e Corea del Nord si aiutano per alleviare le sanzioni
Nella giornata di ieri il Cremlino ha comunicato ufficialmente che la Russia intende sviluppare ulteriormente la sua partnership con la Corea del Nord e per questo i ministri degli Esteri dei due paesi dovranno incontrarsi più volte nel prossimo futuro. “La Corea del Nord è nostro vicino e partner con il quale stiamo sviluppando e intendiamo sviluppare ulteriormente accordi in tutti i settori”, ha detto ai giornalisti il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov in una conferenza stampa, commentando l'imminente incontro tra il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov e il suo omologo Choe Song-hui, che dovrebbe essere in corso mentre scriviamo, dopo che il diplomatico di Pyongyang era arrivato nella capitale russa domenica sera. Peskov ha confermato che Mosca si aspetta “negoziati intensi e fruttuosi” e che “Il presidente Vladimir Putin ha un invito a visitare Pyongyang nel prossimo futuro, anche se i tempi di tale visita saranno ulteriormente concordati attraverso i canali diplomatici”.
La Russia ha intensificato i legami con la Corea del Nord dall’inizio della sua “operazione militare speciale” in Ucraina, quasi due anni fa, mentre all’inizio di questo mese gli Stati Uniti hanno affermato nuovamente che la Russia ha utilizzato missili balistici e lanciatori forniti dal Pese asiatico nella sua guerra contro Kiev. A questa accusa Mosca e Pyongyang hanno entrambe negato accordi sulle armi, ma hanno detto che avrebbero approfondito la cooperazione per il prossimo futuro, dopo l’incontro di alto livello avvenuto nel settembre 2023 tra il presidente Putin e il leader Kim Jong Un. In quella occasione, a bordo del treno personale antiproiettile diretto in Russia, il capo della Corea del Nord era stato raggiunto da alti funzionari militari che hanno il compito di gestire le fabbriche di armi e munizioni, e da un numero imprecisato di membri del partito e del governo.
Proprio la presenza di funzionari e militari alimentava l’ipotesi secondo cui Pyongyang stesse cercando di importare tecnologia russa per sostenere i suoi piani di costruzione di armi avanzate, compresi sottomarini a propulsione nucleare e satelliti spia. Vero è che l’estate scorsa Putin aveva bisogno di proiettili d’artiglieria per rifornire le truppe impegnate in Ucraina e si tratta di munizioni che la Corea del Nord può facilmente produrre. Viceversa, il Paese asiatico ha un disperato bisogno di cibo, di aiuti umanitari e di valuta forte poiché il suo isolamento internazionale, unito agli effetti della pandemia di Covid-19, ha causato una grave carenza alimentare in tutto il Paese.
E nonostante il suo sostegno pubblico all’invasione dell’Ucraina e il riconoscimento dell’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, Pyongyang non ha tratto alcun reale beneficio economico dallo schierarsi con Mosca, anche perché la Corea del Nord vuole rimanere “ferocemente indipendente”, respingendo l’idea di inviare soldati per aiutare la Russia in Ucraina o per proteggere i suoi confini. A limitare l’ampiezza degli accordi ci sarebbe la Cina, che ha potere di revoca delle decisioni di cooperazione in essere con entrambe le parti e che continua a fornire a Kim la maggior parte di beni commerciali dai quali dipendono servizi essenziali in Corea del Nord. Da Mosca, Kim Jong-un, oltre a mostrare immagini degli incontri, dimostrando al popolo di avere importanti amicizie e il controllo totale della nazione, vorrebbe anche ottenere tecnologia nucleare, ma per la Russia sarebbe un rischio che non vale la pena correre, mentre pare che negli scorsi anni sia stato trasferito il know-how tecnico che ha permesso a Kim di lanciare il suo primo satellite militare.
Sul fronte opposto, Putin potrebbe richiedere più lavoratori, personale che poi riporterebbe valuta forte nel paese d’origine. Secondo quanto stabilito dalle sanzioni delle Nazioni Unite approvate nel 2017, questi lavoratori, circa 40.000 persone, avrebbero dovuto essere rimpatriati entro la fine del 2019, ma un numero imprecisato di loro risulta ancora in Russia e, secondo le statistiche del Ministero del Lavoro di Mosca, oltre l’85% dei migranti nordcoreani lavorerebbe nel settore edile, mentre i restanti sarebbero impiegati nel tessile, nell’agricoltura, nella cura delle foreste e nella ristorazione. Il tutto ricevendo uno stipendio medio di 400 dollari al mese, ovvero il 40% in meno rispetto allo stipendio medio russo.