C'era una volta il rock a Sanremo. Ora non c'è più
Basta dare un’occhiata alle classifiche FIMI degli ultimi cinque anni per rendersi conto che la musica italiana abbia ormai soppiantato quasi del tutto quella internazionale nelle preferenze dei nostri connazionali, sia per quanto riguarda gli album (tra i primi 20 dischi non troviamo nemmeno un artista internazionale: il primo è il trapper Travis Scott al 22esimo posto con Utopia) che nei singoli: nella Top 20 delle canzoni più ascoltate del 2023 restano i soli Bizarrap & Quevedo e Miley Cyrus a rappresentare la musica internazionale. L'Italia è da alcuni anni un paese musicalmente autarchico, che accoglie con freddezza (se non con disinteresse) buona parte degli album internazionali, anche quelli che in Usa e in Inghilterra vendono centinaia di migliaia di copie.
Nel 2021 il trionfo a sorpresa dei Maneskin a Sanremo con l'adrenalinica Zitti e Buoni aveva acceso facili entusiasmi nei critici musicali più navigati, che si sono prodotti in lunghi articoli sul (fantomatico) ritorno del rock in Italia. La vittoria della band romana all'Eurovision e i successivi tour all'estero all'insegna del sold out, in location dove nessun artista italiano si era mai esibito prima (pensiamo a venue leggendarie come il Madison Square Garden di New York o al Forum di Los Angeles) avevano riportato inaspettatamente la musica italiana al centro del mondo. Un clamoroso successo che forse nessuno si aspettava, sicuramente non Amadeus che, da ex dj e vj, ha sempre prediletto brani "radiofonici" e commerciali di matrice pop in senso lato.
Quando si trova la gallina dalle uova d'oro (anche se più per caso che per scelta) in genere si tende a sfruttare nuovamente la formula nelle edizioni successive, mentre di musica rock di respiro internazionale, negli ultimi tre Sanremo, non c'è praticamente traccia. Il conduttore e direttore artistico ha assemblato per Sanremo 2024 una macedonia tra cantanti di lungo corso (Loredana Bertè, Ricchi e Poveri, Fiorella Mannoia), artisti di successo (Negramaro, Renga e Nek, Emma, Alessandra Amoroso, Il Volo, Mahmood, The Kolors) forse in cerca di ulteriori conferme, rapper e cantanti urban di vario tipo (Geolier, Alfa, Il Tre, Fred De Palma, Mister Rain, Dargen D'amico, Rose Villain), giovani artisti pronti per il grande salto (eufemismo per dire: illustri sconosciuti) o già con una fanbase importante (Gazelle, Angelina Mango, Irama, Sangiovanni).
Nonostante la generale mediocrità dei brani selezionati negli ultimi anni, Amadeus ha il merito di aver intercettato un nuovo pubblico, molto più giovane rispetto a quello tradizionale di Rai1, che ha seguito Sanremo soprattutto per commentarlo sui social (il cosiddetto fenomeno del second screen, il doppio schermo con il quale si segue un evento televisivo).
Ieri tutte le recensioni dei giornalisti musicali, a cui sono state sottoposti i 30 brani in gara di Sanremo 2024, hanno sottolineato la netta predominanza di brani dance con la cassa dritta a discapito delle tradizionali canzoni "sanremesi", cioè ballad dalla struttura classica, strofa, bridge e grande apertura melodica nel refrain, all'insegna dell'immarcescibile binomio cuore&amore. Potrebbe sembrare curioso, in un periodo di crisi strutturale delle discoteche (ormai soppiantate dalle "cene spettacolo" e dai discobar), che sopravvivono grazie soprattutto agli eventi con i grandi dj, questa new wave danzereccia al festival della canzone italiana, ma i motivi di questa svolta ritmica sono principalmente due: le coreografie su TikTok e la semplicità(e l'economicità) con la quale viene realizzato un prodotto di questo tipo.
Per quanto riguarda il principale social network cinese, che vanta 1,7 miliardi di utenti nel mondo, non è certo un mistero l'impatto che abbia nelle classifiche FIMI il successo di un brano dance (con relativo "balletto") su TikTok: per informazioni bussare ad Annalisa, che tanto è stata aiutata dal social network nella sua scalata nei panni di nuova diva della dance italiana. Chi si intende un minimo di produzione, sa bene che sia la trap che la dance sono i generi più semplici da realizzare(e, non a caso, i più ascoltati al mondo), per i quali servono pochi mezzi: praticamente basta un pc, una batteria elettronica e un paio di programmi giusti con tutti i preset e il gioco è fatto, in pochi minuti.
Ben altri mezzi sono richiesti per la musica rock o per il pop di qualità: chitarre, basso, batteria di base, poi archi e strumenti a fiato, che ovviamente costano molto, così come costano i produttori e gli arrangiatori bravi. Anche se suona tautologico, servirebbe anche un cantante che sappia cantare, ma,a giudicare dalle classifiche FIMI del 2023, una voce "educata" e intonata, con una buona estensione, non è più un requisito indispensabile per avere successo.
Ecco perché alle major italiane, per le quali Sanremo è il momento più importante dell'anno, conviene investire su prodotti di scarsa qualità: perchè costano poco, permettendo così alle etichette di realizzare margini migliori rispetto ad album suonati da un gran numero di musicisti (guardate i credits degli ultimi album di Rolling Stones e Peter Gabriel per farvi un'idea di quanto sia costato realizzare quei dischi) e incisi per mesi in studi di registrazione all'avanguardia che hanno affitti esorbitanti.
Salvo i brani di Loredana Bertè, Negramaro e La Sad, di chitarre ne sentiremo davvero poche a Sanremo 2024, mentre abbonderanno i brani dance con la cassa in quattro quarti, ma sarà una danza triste: la danza sghemba di chi non ha ambizione e vuole far ballare solo gli italiani nel salotto o nel tinello di casa, mentre la musica internazionale, quella che richiama migliaia di spettatori da ogni parte del mondo nei grandi festival estivi all'aperto, resta rigorosamente fuori dalla porta.