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Январь
2024

La missione di Cristina Zucco per aiutare i piccoli a comunicare

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CUORGNÈ. «Il mio desiderio è far sì che i bambini trovino un modo per comunicare con la loro famiglia e l’ambiente che li circonda»: è questa la missione di Cristina Zucco, 30 anni, di Cuorgnè, di professione logopedista, titolare di un proprio studio indipendente in via Torino a Cuorgnè.

Quando ha trovato la vocazione per svolgere questa professione?
«È cominciato all’ultimo anno di scuola superiore, quando è stato il momento di scegliere il corso di studi universitari. Volevo lavorare con i bambini, fare qualcosa per loro, quindi all’inizio avevo optato per l’insegnamento, maestra di scuola per l’infanzia. Mia madre, invece, mi spingeva verso la professione medica e alla fine ho trovato il giusto compromesso. Mi sono iscritta al corso di Logopedia dell’Università di Torino nel 2012, non è stato facile ma sono riuscita ad entrare nei trenta posti disponibili del numero chiuso, tra circa seicento candidati che hanno sostenuto il test di ingresso. È stata una grande gioia essere ammessi. Il corso di laurea è triennale e l’8 marzo 2016 mi sono laureata».

Successivamente quale è stato il suo percorso lavorativo?
«Dopo la laurea ho lavorato per il Centro sapere a Cuorgnè. In seguito ho fatto parte del Nucleo Dps, che si occupa del trattamento dei disturbi dello spettro dell’autismo, dell’Asl/To4 a Castellamonte e qui ho avuto l’onore di lavorare con la dottoressa Orietta Sala, che per me è stata mentore e un grande esempio professionale. Nel 2017 ho aperto un mio studio in via Torino e quest’anno sono sette anni che lavoro in proprio».

In cosa consiste la professione di logopedista e, nello specifico, il suo lavoro?
«Mi occupo principalmente di bambini nell’età evolutiva, meno di adulti. Il campo è quello dei disturbi del linguaggio, dell’apprendimento e anche l’ambito dell’autismo. Sono al secondo livello della preparazione e applicazione del metodo Prompt, inventato negli Usa negli anni ’70, che consente di applicare delle pressioni sul volto del paziente per posizionare meglio gli organi per la produzione verbale. Ho ampliato anche la mia formazione Pecs, nella comunicazione aumentativa e nel metodo Feuerstein».

Chi sono i suoi pazienti solitamente?
«Seguo principalmente minori con disturbi nello spettro dell’autismo. L’accesso allo studio avviene direttamente da parte delle famiglie che mi contattano dopo aver saputo di me tramite social o passaparola. Una volta fissato il primo appuntamento, ricevo la famiglia e il bambino e facciamo una prima valutazione. In base a questa mi confronto anche con altri colleghi per avere un consulto multidisciplinare, come neuropsichiatri e neurologi, per individuare quale sia il percorso migliore per il minore. Dopo la presa in carico mediamente svolgiamo una seduta di 45 minuti alla settimana. È molto importante il coinvolgimento del bambino e della famiglia, si decidono metodi e obbiettivi e lascio anche dei compiti da fare a casa. Ciò che è importante è che si comprenda come non siano patologie, dalle quali uno si aspetta di guarire ma che i trattamenti e le sedute possono migliorare la qualità di vita e le capacità dei minori. La domanda che mi sento fare più spesso nei primi incontri è “ma mio figlio quando parlerà?”. Non aiuto il minore solo nella comunicazione verbale, ma in generale nella comunicazione, che può avvenire attraverso molti canali, ma è importante che il bambino riesca soprattutto ad ottenere un modo per comunicare con l’ambiente e con la sua famiglia».

Quali sono i progetti per il futuro nel suo lavoro?
«In passato ho fatto anche collaborazioni esterne, ad esempio con il gruppo Moms, un gruppo di mamme molto conosciuto in Alto Canavese. Ora ho molti impegni, ma vorrei riuscire ad aprire uno studio con professionisti di altri settori e offrire un servizio più completo e multidisciplinare. Oggi, fortunatamente, la situazione e l’approccio delle persone alla logopedia sono molti cambiati, anche solo rispetto a quando ho cominciato con il mio lavoro. La parola neuropsichiatria non spaventa più le famiglie, neppure l’accesso allo psicologo, quindi ci sono sempre più persone che maturano la consapevolezza dell’importanza e del supporto della logopedia alla crescita». —