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Come sono cambiati gli stipendi italiani negli ultimi dieci anni? Famiglie sempre più povere rispetto al resto dell’Ue – I grafici

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I nuovi dati Eurostat sul calo dei redditi reali delle famiglie italiane nell’ultimo ventennio hanno riacceso l’attenzione su un’emergenza che il governo Meloni non pare interessato ad affrontare, se non con misure fiscali dal fiato corto e senza alcun impatto sul nodo delle basse retribuzioni. Del resto le tabelle dell’Ufficio statistico dell’Unione europea mal si conciliano con i contenuti delle slide prodotte da Fratelli d’Italia per i tre anni dall’insediamento della premier a Palazzo Chigi. La narrazione di un Paese “più solido e prospero”, con più occupati stabili e più soldi nelle tasche dei cittadini si infrange davanti ai numeri che mostrano la distanza tra gli stipendi italiani e quelli del resto d’Europa. E il suo allargamento nell’ultimo decennio.

Per comprendere come sono andate le cose Ilfattoquotidiano.it ha consultato i dataset Eurostat sui redditi netti. Prendendo in considerazione una coppia senza figli in cui entrambi lavorano e guadagnano un salario nella media, si scopre che in Italia nel 2024 il totale a loro disposizione si è fermato a 49.600 euro, che salgono a 50.700 se si esprime il valore a parità di potere d’acquisto con gli altri Paesi. In base a quest’ultimo indicatore, in Francia una famiglia con le stesse caratteristiche può contare su quasi 58mila euro equivalenti e in Germania su quasi 73mila, poco meno del reddito di una famiglia Usa. Anche la Spagna, in termini di potere d’acquisto comparabile, distanzia l’Italia con quasi 54mila euro equivalenti. Nei Paesi Bassi si arriva a 81.900. Sotto quelli della Penisola si piazzano solo i nuclei dell’est europeo (37.400 euro equivalenti in Bulgaria, 39mila nella Repubblica ceca, 37mila in Croazia) e del Portogallo (39mila euro equivalenti). Il reddito medio annuo per persona, per questa tipologia di famiglia, in Italia è di soli 25mila euro equivalenti, inferiore del 12% rispetto ai 28,9mila euro che sono la media europea.

Va peraltro considerato che si parla di un caso-tipo privilegiato: due percettori di reddito, entrambi lavoratori full time. Una realtà non standard in Italia, dove le donne sono costrette più degli uomini ad accettare part time involontari e – come i giovani – sono più esposte al precariato. Non solo: il dato è espresso in termini di potere d’acquisto comparabile (PPS, in gergo tecnico) e quindi non coglie direttamente l’erosione prodotta dall’ondata inflazionistica seguita all’invasione russa dell’Ucraina, che nell’Eurozona ha superato il 25% cumulato nell’ultimo decennio.

Tenendo presenti questi caveat, è interessante osservare l’evoluzione dei redditi famigliari nell’ultimo decennio (vedi il grafico sopra per tutti i dati). L’Italia, con una crescita del 29% per la coppia senza figli di cui sopra, si colloca in una posizione intermedia: fa meglio di Francia (+20%) e Grecia (+21%), ma è molto distante dalla media europea (+38%) e dalle economie più dinamiche del Centro-Nord. In Germania il progresso è stato del 39%, nei Paesi Bassi del 38%, in Irlanda del 36%, in Austria del 46%. Ancora più ampio il divario rispetto alle nazioni dell’Est Europa, che continuano a convergere rapidamente verso gli standard occidentali: in Polonia la stessa coppia tipo ha visto crescere i propri redditi annuali del 74%, in Ungheria dell‘81%, in Lituania del 99%. Anche in Lettonia si è registrato un raddoppio (+108%). Tra il 2014 e il 2024 la distanza tra il reddito netto della coppia-tipo italiana e la media Ue è più che raddoppiata, passando da meno di 3mila a oltre 7mila euro equivalenti, segno che l’Italia ha corso sensibilmente meno del resto dell’Unione.


Se si analizza la situazione di un single con reddito netto pari al 67% di quello medio, ovvero il prototipo del lavoratore giovane, con meno tutele e ancora lontano da una retribuzione piena, il confronto europeo è ancora più significativo. In Italia una persona con quelle caratteristiche nel 2014 portava a casa 14.618 euro equivalenti: dieci anni dopo arriva a 19.870. Una crescita vivace, del 36%, che però – al netto delle precedenti considerazioni sull’inflazione – basta appena a tenere la Penisola a metà classifica. Meglio della Francia, ferma a un +17% che fa arrivare il totale finale a 20.400 euro equivalenti, e della Svezia (+21%), ma ancora una volta lontanissima dai Paesi che dopo la crisi finanziaria hanno conosciuto un potente aumento dei salari. In Germania lo stesso lavoratore è passato da 19.014 a 26.319 euro (+38%), nei Paesi Bassi da 21.466 a 30.944 euro (+44%), in Austria da 18.683 a 27.150 (+45%). Sul podio dei maggiori incrementi ancora l’Est Europa: +58% in Estonia, +76% in Polonia, +129% in Bulgaria, fino al +144% della Romania. E, fuori dalla Ue, allo stellare +232% della Turchia. In termini assoluti, il single tedesco guadagna 6.400 euro in più dell’italiano, quello olandese oltre 11mila, l’austriaco 7.300. E il divario continua ad allargarsi.

L'articolo Come sono cambiati gli stipendi italiani negli ultimi dieci anni? Famiglie sempre più povere rispetto al resto dell’Ue – I grafici proviene da Il Fatto Quotidiano.