Un rettore senza contropoteri e fondi ‘su richiesta del Ministro’: la nuova Anvur mette l’università nelle mani del governo
di Luca R Perfetti*
La nostra Costituzione garantisce la libertà dell’arte e della scienza e del loro insegnamento, nonché il diritto delle Università di darsi ordinamenti autonomi (art. 33, Cost.). L’autonomia della ricerca e della didattica sono il tratto distintivo di una Repubblica democratica e pluralista, un connotato della libertà di pensiero. Una libertà che – nella storia – non ha mai riscosso la simpatia dei governi, di quelli autoritari in particolare. Per questa ragione non possono che preoccupare alcune recentissime iniziative del governo italiano. Anzitutto, la riforma dell’Anvur.
L’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur, appunto) ha funzioni strategiche nel sistema universitario italiano – poiché valuta processi, risultati, prodotti di formazione e ricerca; definisce i criteri per l’accreditamento, iniziale e periodico, delle Università e dei corsi di studio; misura la qualità della ricerca (VQR) dalla quale dipende anche il livello delle risorse trasferite agli Atenei; gestisce i processi di carriera dei professori (con la loro abilitazione scientifica); propone istituzione, fusione o accorpamento di Università. Proprio per la natura di queste funzioni, Anvur è stata istituita come agenzia indipendente, sottratta all’indirizzo governativo.
La riforma di poche settimane fa ha trasformato questa natura. Nonostante la stessa Anvur avesse formulato al governo chiare osservazioni in senso contrario e precisi emendamenti a tutela dall’ingerenza ministeriale, il testo approvato ne stravolge il regime giuridico. Infatti, il decreto di riforma non solo disegna una struttura aziendale al posto di quella di agenzia indipendente, ma stabilisce che Anvur possa adottare regolamenti al fine di valutare l’attività scientifica e didattica delle Università e degli enti di ricerca solo “sentito il Ministro” – con una formulazione talmente generica da non consentire di capire quali poteri consegni al Ministro.
Inoltre – e forse maggiormente – si prevede (art. 7) la nomina del presidente direttamente da parte del Ministro (prima apparteneva al consiglio direttivo dell’Anvur, che infatti viene ridotto). Anvur aveva proposto una selezione internazionale sulla base di un bando ed il risultato è quello di un presidente le cui competenze sono estese proprio perché di diretta dipendenza ministeriale. Ancora: alla valutazione della qualità complessiva delle attività didattiche e di ricerca si aggiunge quella della “valorizzazione della conoscenza delle università”, ma solo “se richiesta dal Ministero” – anche in questo caso con una regola generica, che consente largo spazio d’azione governativo. Poi, requisiti quantitativi e qualitativi, risorse umane, infrastrutturali e finanziarie, adeguatezza dei programmi di insegnamento e di capacità di ricerca, sono valutati ai fini dell’istituzione, fusione o soppressione di università e sedi, attivazione, chiusura o accorpamento di corsi, dottorati di ricerca e master, “su richiesta del Ministro”. Non basta: la valutazione della qualità della ricerca è svolta “sulla base di uno o più decreti del Ministro”.
Poiché tutto ciò che rileva avviene su richiesta del Ministro o sulla base degli indirizzi che detta, e stante che i risultati dell’attività di valutazione di Anvur determinano l’allocazione dei finanziamenti statali alle università e agli enti di ricerca, per l’improbabile ipotesi che il Ministro non sia soddisfatto dopo aver condizionato tutto il processo, si riserva “l’allocazione di ulteriori specifici fondi premiali”. La valutazione della didattica e della ricerca, l’organizzazione universitaria, il finanziamento e valutazione dei programmi di ricerca, i sistemi di reclutamento dei professori sono sostanzialmente nelle mani del Ministro.
Sembrerebbe trattarsi di un’anticipazione della linea di ulteriori e maggiori riforme. In questi giorni, infatti, è stato reso noto il contenuto del disegno di riforma della governance universitaria prodotto dalla commissione presieduta dal prof. Galli Della Loggia.
Il segno è il medesimo. Nel consiglio di amministrazione delle Università dovrà sedere anche un rappresentante del Ministro; completamente annullata l’autonomia universitaria circa i suoi organi; la composizione del consiglio è strutturata perché il rettore disponga sempre della maggioranza dei componenti e le votazioni sono assunte a maggioranza semplice; tuttavia, la concentrazione di potere nel rettore deriva dalla sua ridotta indipendenza dal Ministero, giacché il Piano Strategico di Ateneo deve essere redatto sulla base di istruzioni – non meglio definite se non come “linee guida” – del Ministro.
Il sistema plurale – senato accademico (che sostanzialmente scompare), consiglio di amministrazione, rettore – viene soppiantato da un rettore senza contropoteri che, però, opera in un quadro a ridotta autonomia universitaria e diretta influenza del Ministro. Se a ciò si aggiunge che spetta al Ministro assegnare il fondo premiale (con il pericolo che vada solo agli Atenei allineati) e che l’Anvur è sostanzialmente sotto il suo controllo, della libertà della ricerca e dell’insegnamento resta poco.
Naturalmente, che queste misure siano costituzionalmente legittime è più che ovvio dubitare fortemente. Tuttavia, il mondo accademico non sembra reagire. Purtroppo, la libertà di pensiero e di insegnamento non sono beni cui si possa abdicare, nemmeno perché si frequentano poco l’uno e l’altro. Si tratta, infatti, di condizioni della libertà essenziali non solo per i professori (che non sembrano scandalizzarsi troppo), ma per gli studenti, le generazioni future ed in generale il Paese.
Una politica governativa e norme che vengono dal governo (e da un Parlamento prono) che fanno dell’Università e dei centri di ricerca un’articolazione del potere governativo sono scellerati attentati ad una delle basi delle libertà repubblicane, rispetto alla quale – in attesa che la questione sia posta alla Corte Costituzionale e sperabilmente accolta – il silenzio è complice e colpevole.
* professore ordinario di diritto amministrativo presso la Facoltà di Economia dell’Università degli studi di Bari
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