Rifiuti tessili: a Milano un progetto pilota contro le infiltrazioni mafiose
Una filiera certificata, tracciata, trasparente, monitorata, in linea con la futura normativa di derivazione europea, sulla responsabilità estesa del produttore (EPR).
Questo è quello che si deve richiedere a chi gestisce la raccolta, il riciclo, il riuso e lo smaltimento degli abiti a fine vita. Spesso una filiera nell’occhio del ciclone, che trascina nel baratro anche chi non controlla. Degli interessi criminali mafiosi per questo settore economico, se ne è parlato giornalisticamente diverse volte. Ad ottobre 2023 con un inchiesta di Milano Today. Precedentemente con due servizi de Le Iene nell’ottobre 2019 e nell’ottobre 2021. Nel 2022 viene pubblicata la Relazione al Parlamento della Commissione antimafia. Ora Report con un servizio andato in onda il 9 novembre scorso.
Lucina Paternesi, grazie al localizzatore GPS, ha scoperto che dei 26 indumenti prescelti, solo 2 hanno trovato collocazione in una filiera del riuso. Gli altri sono finiti in Sudafrica, nel Mali, in India e in Tunisia. Molti transitano per la Campania almeno 10, tra Napoli e Caserta per essere trasferiti nella Nuova Terra dei Fuochi: Tunisi. Là, una tonnellata di rifiuto tessile costa 130 euro. Mentre da Torino dicono che sotto i 30 centesimi al chilo si va in perdita. E i prezzi ad oggi sono calati: 20 e 30 centesimi al chilo, 200 o trecento a tonnellata.
Ora, a Milano, sta decollando un accordo per un progetto pilota di raccolta e riciclo dei rifiuti tessili urbani a Milano, coordinato da Comune, AMSA (la partecipata che raccoglie la spazzatura) e Retex.green (consorzio costituito dall’associazione confindustriale Sistema Moda Italia e dalla Fondazione del Tessile Italiano. L’accordo anticipa il futuro decreto EPR per la filiera tessile, norma che si colloca nel quadro degli obiettivi europei che mirano, entro il 2025, a ottenere che almeno il 55% dei rifiuti urbani sia avviato a riutilizzo o riciclaggio.
Il Comitato antimafia del Comune di Milano ha fatto alcune proposte concrete da inserire nell’accordo per garantire il più possibile che l’intero ciclo economico sia meno permeabile agli interessi criminali e mafiosi. L’accordo, per esempio, deve prevedere l’iscrizione alla White List di tutte le aziende appartenenti alla filiera e operanti nella categoria dedicata alle società di servizi ambientali per la raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti, e certificate dalle prefetture libere da tentativi di infiltrazione mafiosa. E, considerate le difficoltà di certificare prontamente chi fa richiesta, abbiamo previsto che le aziende scelte debbano essere già state accettate nella White List almeno da un anno, eliminando tutte quelle create ad hoc e in attesa di prima certificazione.
Dovranno essere impiegati esclusivamente gli impianti dichiarati in fase di offerta comunicando alla stazione appaltante l’eventuale scadenza, sospensione o revoca delle autorizzazioni. Bisognerà prevedere nel contratto, l’impegno dell’appaltatore all’adozione di strumenti concreti ed efficaci di certificazione della filiera (ISO 14001, Regolamento CE 1221/2009 EMAS o equivalenti, autorizzazione alla cessazione della qualifica di rifiuto “End of Waste”). E, soprattutto, prevedere l’introduzione di tecnologie di tracciamento all’avanguardia per verificare la destinazione effettiva dei rifiuti.
Bimestralmente verrà presentato un report sullo stato di avanzamento delle attività, indicando i quantitativi di rifiuti raccolti e avviati al recupero. Annualmente il Consorzio fornirà un report più approfondito che consoliderà i dati bimestrali, indicando il valore economico dell’intera catena di gestione e le percentuali delle diverse destinazioni, specificando per ciascuna destinazione se l’attività di recupero e trattamento è avvenuta in Italia o all’estero.
Buone prassi stringenti che tutelano le aziende sane e i cittadini la cui applicazione ed efficacia verificheremo.
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