Case di riposo di lusso: la nuova terza età italiana
Alle finestre della casa di riposo si vede il mare e più in lontananza oltre il litorale appare Monte Pellegrino, quello che Goethe aveva definito «il promontorio più bello del mondo». Siamo in Sicilia, in provincia di Palermo. Spostandoci a Brescia, nella sala comune della residenza a cinque stelle Vittoria (gruppo Korian) troviamo un pianoforte a gran coda, poltrone di design e pareti affrescate, perfettamente restaurate.
Un’Italia che invecchia ma non si rassegna
C’è un’Italia che invecchia, ma non vuole più farlo tra tristi corridoi deserti e televisori accesi che parlano al nulla. Il mondo dei “nuovi ospizi” si sta trasformando con una velocità sorprendente, e le residenze per anziani che cominciano a sorgere in tutta Italia, da Nord a Sud, sono ispirate ai modelli americani che da tanti anni vediamo in televisione: promettono comfort, lusso, relazioni e tante attività.
Appagamento per gli occhi, la mente e lo spirito, al punto che la vecchia immagine degli ospizi e delle Rsa ormai non è più l’unica opzione, la fine già scritta di una vita dove per i vecchi – in una società fatta di case minuscole e famiglie smembrate – sembra non ci sia più posto.
La rivoluzione del benessere
In questa nuova tipologia di residenze molto accoglienti, spesso deluxe, la logica si è capovolta: l’anziano non è più un paziente passivo, ma una persona con desideri e relazioni, che pratica yoga, registra podcast, gioca con gli animali, ha estetista e parrucchiere a disposizione e vive in junior suite arredate a proprio piacimento.
E può anche scegliere formule flessibili di assistenza, dai semplici “appartamenti protetti” alle social-housing sul modello statunitense e britannico, fino al sostegno sanitario 24 ore su 24, ma sempre in nome della dignità.
«Non dobbiamo pensare all’anziano come un soggetto che non vede più la bellezza e non percepisce più nemmeno la qualità della vita» dice a Panorama Renzo Rozzini, psichiatra e direttore del programma “Benessere, salute, longevità” della Fondazione Poliambulanza-Istituto ospedaliero di Brescia.
«Gli ottantenni di oggi sono uomini e donne nati nel Dopoguerra, individui cresciuti nel benessere, in un sistema di welfare e di medicina in grande espansione. Prendiamo per esempio le donne: hanno fatto il Sessantotto, hanno conosciuto la liberazione sessuale e costruito la loro identità oltre i ruoli tradizionali. Ovvio che vogliano continuare a realizzarsi. La cultura con cui leggiamo e gestiamo la vecchiaia deve ora evolversi con la stessa velocità della realtà**».
Gli anziani come protagonisti attivi
Altrettanto ovvio è che questi “nuovi utenti”, benestanti e di alto livello culturale, portino con sé un altro tipo di domanda: non più solo assistenza per gravi disabilità, ma relazioni, stimoli e qualità della vita a 360 gradi.
«Un caro amico, direttore di una Rsa, ripete sempre che questo cambiamento comporta sfide complicate» dice ancora Rozzini.
«Si deve cambiare tutta l’impostazione degli ospizi, a cominciare dai menu, che non devono più essere pensati solo per chi ha bisogno di cure complesse, perché ora in Rsa arrivano persone che vogliono scegliere cosa mangiare. E giustamente gli ospizi si trasformano: l’idea è costruire luoghi che rallentino il declino cognitivo, ambienti dove l’anziano possa stringere legami».
La scienza dell’invecchiamento felice
L’invecchiamento è un processo biologico, certo, ma determinato dalle condizioni sociali: gli studi ci dicono che solo il 30 per cento è genetica, mentre il resto è ambiente, sanità, condizioni sociali e stili di vita. Non è un caso se in Giappone si vive in media 5 anni più che negli Stati Uniti.
«È la rete sociale a fare la differenza: abitazioni adeguate, relazioni, cultura, protezione sociale» conclude lo psichiatra.
«L’Italia, per esempio, ha un modello plasmato dal cattolicesimo e da un’idea di cura familiare che altri Paesi non hanno. Ma questo modello sta mutando rapidamente, perché cambiano le famiglie, le abitudini e cambia anche la società».
Cinema, serie tv e nuova immagine della vecchiaia
Del resto, anche il mondo del cinema e delle serie televisive cavalca l’onda del cambiamento, e i grandi attori che un tempo – a una certa età – venivano accantonati, oggi interpretano arzilli vecchietti ospiti delle case di riposo: basti pensare infatti a Ben Kingsley, Helen Mirren e Pierce Brosnan, rimasti per settimane in testa alle classifiche sulle piattaforme di streaming con Il club dei delitti del giovedì, film ambientato in un ospizio extra lusso nella campagna inglese.
La trama: alcuni vecchietti si dilettano a risolvere omicidi mentre organizzano tornei di bridge, fanno golf e yoga, vivono in appartamenti dotati di ogni comfort, compresa la cucina per chi ama fare torte per le feste di compleanno dei “coscritti”.
Le residenze italiane si allineano al modello internazionale
Ecco, senza arrivare a questi estremi hollywoodiani, o al super lusso dell’Inspir Carnegie Hill nell’Upper East Side di New York, residenza per anziani con tre ristoranti e chef di grido, cantina di altissimo livello e brioches sfornate ogni mattina dal celebre locale francese Balthazar, non si creda che la realtà italiana sia poi molto diversa.
«Oggi la residenza per anziani è un luogo partecipato, non impositivo» dice Giuseppe Motta, direttore generale delle residenze Anni Azzurri, del gruppo Kos, presente in Italia con 59 strutture per anziani in 11 regioni.
«Noi abbiamo comitati interni formati dagli ospiti che contribuiscono all’organizzazione della quotidianità, e terapie occupazionali che comprendono musicoterapia, ortoterapia, pet therapy e molto altro. Grande impegno va anche nella direzione di considerare la Rsa un luogo aperto che ha scambi con la comunità e le altre generazioni: quest’anno i nostri ospiti sono diventati addirittura protagonisti di un podcast, Nonni per tutti. Abbiamo ascoltato e raccolto lo straordinario patrimonio dei loro ricordi e lo abbiamo trasformato in favole per bambini, che loro stessi hanno letto e registrato».
Una terza età senza noia
E così tra sedute di manicure, feste di Halloween, giochi di società (in Anni Azzurri ne hanno addirittura creato uno ex novo, si chiama AzzurraMente e comprende un tris di giochi per mantenere attivo il cervello), acquagym e molto altro, non c’è spazio per la noia e nemmeno per la depressione, in queste case di riposo dei sogni dove anche il medico è reperibile notte e giorno.
Le due velocità della vecchiaia
Ma la strada da fare per arrivare a questo ideale di terza età è ancora tanta. La realtà resta a doppia velocità: a fianco di strutture d’eccellenza, continuano a esistere case per anziani che non sono all’altezza e caregiver costretti a fare i salti mortali.
I prezzi per gli ospizi a cinque stelle sono comprensibilmente molto alti (si parla di tariffe che partono dai 2.500 euro al mese per arrivare a più di 5 mila), mentre i dati Ocse ci dicono che il nostro Paese è tra gli ultimi in Europa in quanto a posti letto per gli anziani.
Tanta richiesta, poca offerta. La vecchiaia costa cara, ma investire risorse vale la pena.
Il valore umano resta centrale
Purché il lusso non diventi un alibi e non ci si culli nel fatto che gli anziani stanno benissimo per i fatti loro in queste super residenze deluxe, tra coccole dei labrador, podcast e massaggi nelle spa a 5 stelle…
Perché l’affetto dei figli e dei nipoti, quello, proprio non ha prezzo.
