Una nave container cinese ha compiuto il primo viaggio commerciale diretto verso l’Europa attraverso l’Artico
La Cina ha annunciato di aver aperto di nuova rotta commerciale, la prima a legare direttamente la Repubblica Popolare all’Europa passando per la cosiddetta rotta artica. La Istanbul bridge, una nave container cinese, è approdata lunedì 13 ottobre al porto inglese di Felixstow dopo soli 20 giorni di viaggio, partendo dal porto di cinese di Ningbo e passando attraverso lo stretto di Bering, per poi costeggiare la Siberia fino al territorio europeo. Ha poi concluso il suo viaggio nel porto polacco di Gdansk, dopo 26 giorni di navigazione.
Il viaggio della Istanbul Bridge è importante non solo per aver ridotto significativamente i tempi richiesti dalle rotte tradizionali (40 giorni attraverso il Canale di Suez, circa 50 doppiando il Capo di Buona Speranza), ma anche perché è stato il primo viaggio commerciale, passante per il Mare Artico, a collegare direttamente Cina e Europa, senza approdare in Russia. Stabilire una rotta commerciale regolare e diretta con l’Europa rappresenterebbe un vantaggio notevole per la Cina e costituirebbe un passo avanti nella realizzazione della “Via della Seta Artica”, un progetto legato alla Belt and Road Initiative cinese, che in anni recenti ha spinto la Repubblica Popolare a investire pesantemente nello sviluppo di infrastrutture ferroviarie e portuali, sia in Cina che in Russia.
Oltre ai tempi di viaggio molto più brevi, percorrere la rotta artica permetterebbe alle navi commerciali di aggirare gli ostacoli che in anni recenti hanno reso più difficoltose le rotte tradizionali, come gli attacchi pirateschi e degli Houti nel Mar Rosso o la strettoia rappresentata dal canale di Panama, il cui attraversamento è reso sempre più problematico da bassi livelli d’acqua dovuti a continue siccità. La rotta artica al momento è percorribile solo nei mesi caldi, ma il riscaldamento climatico e il progressivo scioglimento dei ghiacci stanno contribuendo ad allargare sempre di più il periodo dell’anno in cui il mare artico è navigabile.
La Sea Legend, la compagnia cinese che ha organizzato il viaggio, ha recentemente dichiarato che pianifica di stabilire viaggi regolari nel periodo estivo sulla stessa rotta entro il 2026, nell’ottica di usare dati ed esperienze accumulate per organizzare, in futuro, viaggi anche durante i mesi freddi. Ha inoltre sottolineato che l’uso della rotta artica potrebbe avere effetti positivi dal punto di vista ambientale “portando a tagliare del 30% le emissioni di CO2 rispetto alla rotta di Suez, e del 50% rispetto a quella del Capo di Buona Speranza”. Chiaramente è da verificare in che misura lo stabilimento di una nuova rotta ridurrà il traffico presente sulle rotte tradizionali.
Infatti nonostante le previsioni ottimistiche presentate da Sea Legend gli ostacoli non sono pochi e un maggiore traffico commerciale nella zona potrebbe anzi avere conseguenze pesanti a livello ecologico. Percorrere la rotta artica rimane un’impresa difficile: le navi che decidono di affrontarla devono infatti contendere con scarsa visibilità, dovuta all’oscurità e alla nebbia, temperature glaciali e il comunque presente rischio di scontrarsi con iceberg inaspettati.
Le perdite di olio combustibile pesante da parte delle navi inoltre potrebbero portare alla creazione di uno strato di “nero di carbone” sul ghiaccio. Una sostanza in grado di immagazzinare una gran quantità di energia solare e che dunque causerebbe un aumento della velocità di scioglimento dei ghiacci stessi. Inoltre la Russia, nonostante la crescente dipendenza dal commercio e dagli investimenti cinesi negli ultimi anni, potrebbe non vedere sempre di buon occhio l’influenza della Repubblica Popolare in quello che considera il suo giardino di casa.
La Cina sembra evidentemente disposta a correre il rischio. E in caso di successo sarebbe, almeno inizialmente (ed esclusi i russi), priva di veri competitor visto che i principali operatori marittimi occidentali, come la Meditarranean Shipping Company, hanno rinunciato di avvalersi della rotta. In parte a causa dei problemi già citati, in parte perché non vogliono affidarsi ad una rotta quasi completamente controllata dalla Russia.
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