Menez: "A Roma è più difficile vincere, c'è un'atmosfera complicata. Ma quando si lotta per traguardi importanti l'ambiente diventa fantastico"
ULTIMO UOMO - Jeremy Menez , ex attaccante della Roma , ha rilasciato un'intervista al portale e tra i vari temi trattati si è soffermato sulla sua avventura nel club giallorosso. Ecco le sue dichiarazioni.
Se io penso alla tua carriera da calciatore la prima cosa che mi viene in mente è quel gol con l'Udinese. Istintivamente mi ricordavo fosse il tuo gol d'esordio con la maglia Roma, invece era la tua ultima stagione in giallorosso. Ti ricordi quel momento della tua esperienza in Italia?
"Me lo ricordo bene perché c’era Mehdi Benatia all’Udinese, che è mio amico. Prendo la palla di petto e c'è Checco vicino a me [ Francesco Totti, nda ], vado avanti e non guardo nessuno. È stato bellino, dai".
A Roma si ricorda ancora di più la stagione prima perché è quella in cui la Roma perde lo scudetto nelle ultime giornate. Tu eri in campo in quella famosa Roma-Sampdoria, e ci sei rimasto per 90 minuti. Cosa cosa ti ricordi invece di quella partita?
"È stata bella e brutta contemporaneamente. Bella perché comunque abbiamo fatto una stagione della Madonna. Siamo arrivati a quella partita che mancavano tre, quattro giornate, e l’ambiente era troppo bello. A Roma, quando ti avvicini al primo posto e poi rischi di vincere qualcosa, la città diventa una cosa fantastica. È stato bello tutta la settimana, poi è diventato tutto il contrario dopo la partita. Avevamo la partita in mano, vincevamo per 1 a 0, e poi perdiamo per 2 a 1. Il calcio a volte è così: cerchi di trovare spiegazioni, ma devi semplicemente accettarlo. Mi ricordo che negli spogliatoi, tra primo e secondo tempo, un paio di giocatori della Roma si sono messi a litigare. Anche Ranieri si è incazzato con la squadra ma evidentemente non è servito".
Secondo te è vero, come si dice, che a Roma è più difficile vincere che altrove?
"Io credo di sì. Con tutto il rispetto che ho per la Roma, diciamo che come storia è un pochettino sotto al Milan o alla Juventus. Però è sempre una grande squadra, e in più giochi nella capitale, con la visceralità del sud. È un’atmosfera che è difficile da spiegare: a Roma ci sono 50 giornali che parlano della Roma, le radio, eccetera. C’è un’atmosfera diversa, più complicata".
Tu sentivi la pressione dentro la città?
"Certo, che la sentivo. A Roma tutto il giorno, tutti i giorni, senti parlare della Roma".
Poi tu dopo la Roma vai al PSG all'inizio del progetto del Qatar, nel 2011, con l'arrivo anche di Carlo Ancelotti, poco dopo. Parliamo ovviamente di uno dei più grandi allenatori di sempre su cui ognuno ha la sua opinione, perché il suo talento è un po’ magico e nessuno riesce a spiegarselo fino in fondo. Secondo te, che ci hai lavorato insieme per un po’ di tempo, qual è il suo segreto?
"Il segreto… il segreto ce l'ha lui [ ride ]. Ancelotti è una persona come noi ma contemporaneamente riesce a farsi rispettare. Lui ha un grande lato umano però quando si incazza si incazza davvero. Io non ci ho mai litigato, ma quando deve dirti qualcosa lo fa: è sempre molto chiaro quando c'è da ridere e quando invece si incazza e deve dirti qualcosa. Riesce a darti una fiducia incredibile in campo e per questo non lo vuoi tradire. Ti fa sentire che con lui è tutto semplice, tutto fluido. È bellissimo lavorare con lui".
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