Generazione piatti pronti: dalla lasagna in vaschetta ai noodles istantanei, ecco cosa mangiamo davvero
Certo le lasagne, con il sugo di carne fatto cuocere per un’intera mattinata e la sfoglia tirata a mano, hanno sempre il loro perché, ma per questo c’è il ristorante o la nonna che conserva le ricette di una volta. La quotidianità, invece, è la cucina «zero sbattimenti», pronta in pochi minuti, a costo contenuto e soprattutto che consente di conservare i cibi in frigo o nella dispensa a lungo. Il fatto è che c’è sempre meno tempo – e anche meno voglia di mettersi ai fornelli – e nei momenti liberi dal lavoro, si preferisce uscire di casa. Il rito della famiglia riunita attorno alla tavola apparecchiata sopravvive solo nelle pubblicità della pasta ma più come uno stereotipo dello stile di vita italiano, facile da esportare all’estero, che come fotografia della realtà. E poi, parliamoci chiaro, mentre fino a un paio di generazioni fa una donna, anche se lavoratrice, passava parte del suo tempo in cucina (le mamme dicevano che l’uomo va preso per la gola), ora si consuma tra estetiste e palestre. Mentre la parità nelle incombenze domestiche si esprime, per la maggior parte degli uomini, più che nei manicaretti (tranne i casi marginali di vere e proprie passioni per i fornelli), nella capacità di individuare al supermercato quel piatto pronto che evoca il ricordo dei propri genitori ma ha in più la velocità della preparazione. Poi c’è l’esercito dei single per i quali cucinare un pasto completo può risultare meno conveniente o motivante. A trainare la domanda di questo settore sono soprattuto i giovani, la Generazione Z, ma anche nella popolazione più avanti con gli anni e addirittura tra gli anziani, specie quelli rimasti soli che hanno poca dimestichezza con le padelle, si sta superando il pregiudizio che il pasto pronto sia inferiore in qualità a quello preparato con le proprie mani. Peraltro, archiviata la stagione del Covid in cui un esercito di italiani è tornato a cimentarsi con impasti di uova e farina, la frenesia quotidiana ha ripreso il sopravvento e le ricette della nonna sono tornate nei cassetti.
Molti produttori stanno investendo in opzioni salutari, con ingredienti freschi, bilanciati dal punto di vista nutrizionale e privi di additivi artificiali e conservanti per rispondere alla domanda crescente di benessere. Per chi poi è alla ricerca anche di un risvolto ecologico o etico nelle scelte dei consumi, l’acquisto di porzioni singole può contribuire a ridurre lo spreco di cibo.
A testimoniare il trend in crescita ci sono i numeri delle vendite. Secondo i dati della società di ricerca Circana, il settore del retail ready to eat rappresenta il 3,5 per cento del mercato foodservice in Italia, con un valore di 2,5 miliardi di euro. Nel 2024 ha visto una crescita del 15,3 per cento rispetto al 2017. Come spiegato dallo studio, le scelte dei clienti non si basano più esclusivamente sulla tipologia di esercizio ma su fattori come comodità, prezzo ed esperienza. Elementi che rendono i supermercati e i loro pasti pronti, un tempo considerati un’alternativa secondaria, veri e propri competitor di bar e ristoranti.
Basti pensare che la quota di mercato della ristorazione tradizionale è scesa dal 79 per cento nel 2021 al 77 nel 2024, mentre i canali non commerciali come i retail, i distributori automatici, sono passati dal 21 al 23 per cento. Con la diffusione del ready to eat, sempre più supermercati si sono attrezzati per offrire servizi di ristorazione in loco. «Si tratta di un fenomeno che colpisce solo parzialmente la ristorazione più tradizionale», afferma Luciano Sbraga, direttore del Centro studi Fipe Confcommercio. «È vero che registriamo un calo delle visite a pranzo dell’1 per cento circa, anche se rispetto al valore c’è una crescita. Ma se consideriamo tutte le occasioni di consumo, dalla colazione alla cena, i nostri dati sono confortanti». Un motivo in più, sottolinea Fipe, per non vedere come una minaccia i punti ristoro della grande distribuzione. La rete commerciale si sta adattando ai cambiamenti nei consumi, ma non si tratta di concorrenza sleale, purché vengano rispettate le regole del mercato.
«Il consumo dei pasti pronti non è solo extra domestico, ma anche a casa», spiega a Panorama il direttore commerciale di Gastronomica Roscio, Francesco Bussichella, tra i leader nella produzione di piatti pronti. Il prodotto più richiesto, spiega il manager, è la lasagna bolognese, «che è diventata il simbolo della cucina italiana, come fu per la pizza surgelata in passato. Questo vale a livello internazionale ma anche nel nostro Paese. In generale sono i primi piatti a farla da padroni. Quindi cannelloni, parmigiane di melanzane e risotti. In aumento le insalate di cereali, le paste fredde, il cous cous».
Il piatto pronto offre anche l’occasione di avvicinarsi ad altre culture gastronomiche. È il caso dei Saikebon, gli ormai arcinoti noodles istantanei, un tipo di pasta di origine cinese, adattata dai giapponesi. «I secondi piatti sono meno richiesti. Troviamo arrosti, brasati a fette e bocconcini di pollo e manzo con contorni di polenta, funghi e patate. Ci sono pietanze più rispondenti alla tradizione ma anche aziende che lavorano sul dietetico, su piatti equilibrati».
DocFoody propone piani alimentari con piatti pronti studiati da medici e realizzati da chef, adatti a diverse esigenze di salute: c’è la dieta di prevenzione, quella ipocalorica, quella per il fegato grasso e per i diabetici. A Milano vanno per la maggiore le proposte di Erbert, la catena italiana dedicata all’alimentazione salutare, con un laboratorio operativo nel capoluogo lombardo dove un team di esperti, tra cui chef e nutrizionisti, lavora per reinterpretare piatti comuni in versioni più leggere e salubri. Quindi con meno sale (integrato con le spezie per esaltare il sapore), meno grassi, meno zuccheri e cottura a vapore e alla piastra, evitando completamente le fritture.
«In alcune catene europee di supermercati, nei Delhaize in Belgio e nei Jumbo in Olanda, il consumatore ha la possibilità di acquistare una sorta di kit, una cassetta in cui trova tutti gli ingredienti per fare una ricetta monodose. In questo modo non deve acquistare più prodotti, magari con il rischio che vadano buttati», afferma Bussichella. Una soluzione che ha anche la valenza etica di contribuire alla lotta contro gli sprechi alimentari. Il manager spiega che la tipologia del consumatore del ready to eat è essenzialmente giovane, ma ormai trasversale nelle grandi città del Nord Italia, soprattutto a Milano. «Nel Sud il fenomeno fa ancora un po’ fatica ad affermarsi ma è in avanzata», commenta il manager.
La sfida nel settore è la velocità nella cottura. Il che vuol dire riuscire a portare in tavola un piatto di pasta al pesto in tre minuti. Possibile? Arnaboldi, azienda specializzata in piatti pronti disidratati e liofilizzati, ha aggiunto alle classiche buste di risotti e pasta da preparare sui fornelli in 10-15 minuti, una linea ancora più veloce, destinata ai giovani: prodotti istantanei, pronti in 2-3 minuti, confezionati in monoporzione. E ci sono anche i soufflé. Alla confezione basta aggiungere latte o acqua frizzante, metterli in microonde e dopo due o tre minuti, sono pronti.
Pure i più golosi hanno ampia scelta. Molino Rossetto ha lanciato sul mercato la linea Zero Sbatti, preparati che consentono, in pochi minuti, senza bisogno di bilance, aggiungendo solo latte e olio, di realizzare muffin, pancakes e crepes. E per le dosi basta un cucchiaio. Le confezioni dei piatti pronti, è surpefluo dirlo, sono assolutamente ecocompatibili.
Sul pronto da mangiare si sono cimentati anche alcuni cuochi con stella Michelin. È il caso di Lorenzo Cogo, il quale, dopo aver chiuso il suo ristorante, ha lanciato una linea di zuppe pronte di alta qualità chiamate «LocoMeal» con l’obiettivo di portare la cucina gourmet nella quotidianità. Si tratta di qualcosa di più delle semplici zuppe, sono dei veri e propri pasti nutrienti, ricchi di proteine. Vengono pronte in soli tre minuti al microonde o in cinque ai fornelli, basta aggiungere l’acqua. Non sarà la lasagna della mamma, ma ci si avvicina.