Attacco Usa all’Iran, le reazioni dei media arabi. “Guerra senza fine guidata da una convinzione teologica”
“Ciò a cui stiamo assistendo ora è un cambiamento fondamentale: l’abbandono del realismo strategico a favore di una guerra senza fine, guidata da una convinzione teologica”. È netta la visione di Abed Abou Shhadeh che, su Middle Eat Eye, commenta l’attacco americano ai tre siti nucleari in Iran. Il parallelo è con la dottrina sul medioriente di George W. Bush che basava le sue scelte sulla “volontà di Dio”. Ma è in Israele, sottilinea Shhadeh, dove “ la trasformazione è evidente”. Infatti, continua, “il paese si sta evolvendo da un progetto coloniale sostenuto dall’Occidente, in un’impresa coloniale messianica che si alimenta con la guerra perpetua”. Ad enfatizzare questo mutamento è “il crescente uso della retorica religiosa e di Dio nella logica del conflitto”.
Ora però, “a seguito degli attacchi statunitensi, Netanyahu si trova ad affrontare una profonda sfida interna. La sua opposizione laica, che un tempo sosteneva le sue operazioni militari, si sta chiedendo perché debba sacrificare la propria qualità della vita in nome di un conflitto senza fine”. La maggior parte dei quotidiani arabi si stamattina si domanda se l’operazione militare statunitense segna l’inizio dell’allargamento del conflitto o se i bombardamenti ai tre siti nucleari iraniani di questa notte siano solo una mossa di pressione voluta da Trump, così da mettere alle strette Teheran. Al Quds al Araby, quotidiano arabo basato a Londra, vicino all’autorità nazionale Palestinese, mette invece enfasi sulla risposta militare iraniana di stamattina: “Missili hanno colpito Tel Aviv, procurando ingente distruzione”. E riportano le parole di Mohamad Bakhaty, responsabile dell’ufficio politico dei ribelli yemeniti Houthi, che da al Jazeera minaccia che “la risposta Houthi all’attacco USA è solo questione di tempo”.
Ma a tenere banco è, per al Araby el Jadeed, giornale panarabo, l’uso – prima volta in un conflitto – delle bombe ‘penetranti per bunker‘ nei raid lanciati sabato sera contro l’Iran. Ad essere colpito da queste armi speciali è stato l’impianto di arricchimento dell’uranio di Fordow, costruito nel cuore di una montagna. L’ordigno americano, dal peso di 30mila libbre e nota come GBU-57 (Massive Ordnance Penetrator), sfrutta la propria massa e l’enorme energia cinetica per penetrare nel terreno prima di esplodere”. In questo scenario dove non sembra ci sia piu’ via di uscita, Faisal J Abbas, giornalista saudita, dalle colonne di ArabNews apre alla possibilià di una mediazione saudita. “Il Regno – scrive – ha chiarito la sua posizione riguardo alle recenti tensioni regionali: l’attuale aggressione contro l’Iran non è solo inaccettabile, ma rappresenta anche una pericolosa provocazione che minaccia la stabilità di tutto il Medio Oriente”.
Storicamente, Arabia Saudita e Iran si sono sempre posizionate agli antipodi ma, scrive Abbas, è “importante che gli osservatori notino come l’Arabia Saudita, oggi, non consideri l’Iran un avversario, ma una nazione musulmana sorella che sta subendo un attacco grave e ingiustificato”. Proprio per questo il regno saudita “ ha condannando questo attacco come una palese violazione delle norme internazionali e Riad ha espresso una forte solidarietà con il popolo iraniano, respingendo qualsiasi violazione della sua sovranità”. L’Arabia Saudita, storico alleato Usa, potrebbe ora giocare un ruolo di mediazione di primo piano. Anche se oggi il panorama sul domani rimane davvero incerto per tutta la regione.
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