Tutti in bicicletta al Nivolet Bike Day con l’atleta Paola Gianotti
CERESOLE REALE. Ha pedalato in tutti i cinque continenti, ha affrontato le ascese più dure, quelle più note e quelle meno sconosciute, macina ogni anno migliaia di chilometri, ma alla fine resta innamorata del suo Canavese e delle strade a due passi da casa. Paola Gianotti, l’UltraCycler eporediese classe 1981 che ha nel suo palmares il giro del mondo su due ruote, è stata l’ideatrice del “Biking Gal – Nivolet Bike Day”, che si svolge sabato 21 giugno sulle rampe del Gran Paradiso. Un evento che, fin dalla sua prima edizione, ha riscosso successo. Mette insieme più sensibilità e passioni: quella per la due ruote e quella per la montagna. Nel caso specifico, un luogo bellissimo.
Perché proprio il Nivolet?
«Per me è la salita più bella del mondo e percorrerla, come faccio spesso, avendo tante automobili intorno non è sicuramente il massimo. Così ho proposto al Gal Valli del Canavese questa idea e, con l’appoggio del Comune di Ceresole e del Parco nazionale del Gran Paradiso, siamo riusciti a ottenere che per una giornata la strada sia “liberata” dalle macchine e dedicata solo a chi pedala, da Chiapili inferiore sino al Col del Nivolet. Lo scorso anno abbiamo fatto addirittura due edizioni, quella tradizionale del terzo weekend di giugno e una ad agosto».
Nessuna competizione, nessuna classifica, solo il piacere di pedalare uno accanto agli altri, senza rischiare di incrociare mezzi a motore. È così?
«Esatto: è il puro gusto di esserci, di affrontare questa bellissima salita in piena libertà. Ognuno tiene il suo passo, non è nemmeno prevista una partenza ufficiale. Dalle 9 alle 15 ciascuno può scegliere il momento in cui partire e le soste da fare. È una festa, non una gara. La strada è chiusa da Chiapili, ma molti arrivano da più lontano: chi da Locana, chi Cuorgnè, chi anche da Ivrea. Molti partecipanti giungono anche da fuori regione e questo ci permette di cogliere uno dei grandi obiettivi della manifestazione: far conoscere il nostro territorio e le sue bellezze».
Dopo soli tre anni i numeri del Nivolet Bike Day sono già significativi. Quali sono?
«Sì, già lo scorso anno eravamo più di mille: la manifestazione ha riscosso subito un grande successo e, oltretutto, l’iscrizione non è obbligatoria. Chi si iscrive, se è fra i primi duecento, riceve una pacco contenente alcuni gadget utili a chi ama andare in bicicletta, ma le iscrizioni sono proseguite anche superata “quota 200”. Noi accogliamo chiunque, ma chi si iscrive fa massa critica: volenti o nolenti i numeri sono importanti per attirare l’attenzione dei media e degli sponsor, anche per dare un futuro all’evento. Detto questo, chiunque venga è ben accetto, iscritto o meno».
A che ora scatterà la tua ennesima ascesa al Nivolet, sabato 21?
«Io partirò alle 10 dalla riva del lago, dalla piazza sulla quale si affaccia l’ufficio turistico di Ceresole. Sarà un piccolo momento di raduno, dove verrà anche distribuito il pacco ai primi che si sono iscritti».
Basta una giornata all’anno per valorizzare la salita del Nivolet?
«Assolutamente no! Dal mio punto di vista, sicuramente di parte, lo vedrei bene chiuso sempre, almeno d’estate, magari incrementando il numero delle navette che trasportano i turisti. Per chi pedala quella salita è pericolosa, anche perché è molto stretta, a differenza di altre ascese mitiche come lo Stelvio, che una carreggiata decisamente più ampia. Poi, non dimentichiamo che, essendo un parco naturale, dovrebbe essere maggiormente libero dalle autovetture, anche per questioni di inquinamento».
La convivenza tra ciclisti a automobilisti è sempre più critica, non solo sulle strade di montagna. Che ne pensa?
«Purtroppo è così, occorre davvero fare un salto culturale. Oggi siamo ancora alla contrapposizione, come dimostra la recente iniziativa della Fondazione Michele Scarponi (nata in memoria dell’indimenticato campione ucciso nel 2017 da una persona alla guida di un furgone mentre si allenava in bici. NdR) che ha recentemente deciso di agire legalmente contro chi incita all’odio contro i ciclisti, soprattutto attraverso i social. Io, di mio, continuo la mia opera di sensibilizzazione, soprattutto facendo mettere i cartelli che invitano al rispetto verso i ciclisti e al mantenimento da parte delle vetture di quel metro e mezzo di distanza, in fase di sorpasso, che è davvero importante per la nostra incolumità».
Bastano minacce e sensibilizzazione o ci sono altre azioni che possono essere intraprese per promuovere la bicicletta come sport e come mezzo di trasporto?
«Sicuramente le amministrazioni, a tutti i livelli, dovrebbero pensare di più alle infrastrutture. Per restare sul locale, come è possibile che non ci sia un collegamento sicuro tra Montalto e Ivrea? Ci si potrebbe benissimo muovere in bicicletta anche per gli spostamenti quotidiani, ma quella strada è pericolosissima: io stessa, ogni volta che la percorro, pedalo velocemente, perché finisca il più presto possibile. Questo è solo un esempio, ma in generale mancano i collegamenti sicuri tra i paesi e tra questi e le cittadine come Ivrea. Manca la cultura della mobilità alternativa».
Archiviato il Nivolet Bike Day, quale impresa c’è nel futuro di Paola Gianotti?
«Per il momento nessuna impresa. Sono in procinto di scrivere il mio quarto libro quindi mi dedicherò soprattutto a quello, pedalando qui in zona. Sicuramente, però, prima della fine dell’anno, mi verrà in mente qualcosa anche come impresa da affrontare. Intanto, sto per realizzare un sogno che cullo ormai da tre anni, la “Cento per cento donne”, un evento in calendario per il 12 ottobre: cento km da percorre attorno a Ivrea, su un circuito “a otto” con partenza dallo Stadio della Canoa, riservato alle pedalatrici. Sarà un’altra occasione per far conoscere a chi viene da fuori le strade e le bellezze del Canavese, ma anche un’opportunità per trovarci “fra di noi”, perché molto spesso le donne, nel pedalare con gli uomini, si sentono inferiori, meno veloci o meno resistenti e questo sovente è demotivante. Quel giorno invece saremo solo donne e questi problemi non ci saranno. Tutto il ricavato delle iscrizioni sarà devoluto in beneficenza per due progetti “al femminile”: uno per le ragazze delle scuole di Ivrea e uno per le donne del Senegal».
