L’addio a Simone il “gigante buono” Una strada spezzata, un cuore che resta
Pavone Canavese
Non si è mai pronti a dire addio. Ma ci sono addii che lacerano più di altri. Quello a Simone Sannelli , 41 anni appena, è stato un urlo collettivo nel silenzio del paese. È stato dolore che corre sulle due ruote, che arriva da lontano, che attraversa confini, che si veste di giubbotti di pelle e caschi sollevati al cielo.
Sono arrivati da tutta Italia. Dalla Svizzera, dall’Austria. Non una semplice presenza, ma un corteo di anime in moto. Perché Simone era uno di loro. Non servivano parole: bastava guardare gli occhi lucidi, le mani strette, il casco premuto sul petto. Bastava ascoltare il rombo che ha squarciato il silenzio quando il feretro è uscito dalla chiesa. Il suo ultimo giro, accompagnato non dal suono del pianto, ma da quello delle motociclette: la voce di chi lo ha amato davvero.
Era conosciuto da tutti come il “gigante buono”. Un uomo discreto, forte, leale. Di quelli che ci sono sempre, anche senza farsi notare. Che aiutano senza essere chiamati, che sorridono anche quando fanno fatica. Che sanno cosa vuol dire esserci, con delicatezza e fermezza insieme.
E oggi, chi gli ha voluto bene non poteva che esserci. Mamma Alida, papà Corrado, il fratello Andrea, la compagna Marzia: nessuno trova pace. Ma come potrebbe essere altrimenti?
Durante la funzione, il parroco ha detto parole che resteranno: «Simone ha vissuto la sua missione con dignità. Ha lasciato un segno. Ha amato. Ha donato. È stato testimone di quella vita che oggi piangiamo, ma che continua in chi lo ha incontrato. Questa folla lo conferma: era davvero una persona per bene».
Ha anche raccontato un dettaglio che molti non conoscevano. In piena pandemia, Simone aiutava la polizia locale davanti alle scuole per gestire ingressi e uscite dei bambini. Lo faceva in silenzio, senza pretese. Lo faceva perché era giusto. E i bambini lo adoravano. Alla fine della messa, anche i familiari hanno preso la parola. Poche frasi, rotte dalla commozione, per dire grazie a chi ha riempito di amore questi giorni tremendi. Nessuna retorica, solo verità.
Poi, fuori dalla chiesa, è arrivato il momento più straziante. Il feretro accolto dagli applausi e da un boato: il rombo di centinaia di motociclette che si sono accese tutte insieme. Un’onda di suono e cuore che ha fatto tremare il terreno. La strada si è riempita. Una processione lenta, intensa, silenziosa. Un saluto che non dimentica, un addio che sa di promessa: Simone non sarà mai lasciato indietro.
Perché chi ha condiviso curve, pioggia, asfalto e tramonti su due ruote, sa che esistono legami che nessuna morte può spezzare.
«E allora ciao, Simone. Non da parte. Ma al nostro fianco, dove resterai. Per sempre» hanno detto i bikers.
