Vittoria Bussi: “Io atleta indipendente. Record dell’Ora e del mondo: sfida fisiologica e mentale”
Il maggio dei record. Non si scorderà facilmente queste settimane Vittoria Bussi, ciclista azzurra reduce da due prestazioni semplicemente incredibili in Messico, precisamente dal velodromo di Aguascalientes, dove ha segnato il primato mondiale dell’Inseguimento Individuale sui 4 chilometri registrando il tempo di 4’23”.642, impresa preceduta dal nuovo Record dell’Ora (50.267), dove ha migliorato di 188 metri quello precedente, di cui la romana era comunque detentrice.
Prestazioni da sogno e di grande insegnamento per un’atleta che scende in pista in qualità di vera outisider, considerata la sua natura di sportiva indipendente, affidandosi quindi a metodologie di finanziamento autonome, con la ricerca personale di sponsor e con il supporto di campagne di crowdfunding. Una volta rientrata in Italia, l’azzurra ha commentato la sua impresa ai nostri microfoni, non dimenticandosi di togliere anche qualche sassolino dalle scarpe.
Hai raggiunto il tuo obiettivo di detenere contemporaneamente il Record dell’Ora e quello dell’inseguimento individuale su pista. Cosa significa per te aver raggiunto questi traguardi a 38 anni?
“Secondo me nello sport conta tanto quando inizi. Nel senso che io ho iniziato in modo professionistico a 27 anni. Diciamo che sono relativamente giovane dal punto di vista atletico, contando poco più di dieci anni di carriera. È vero che i 38 anni sono pesanti dal punto di vista del recupero. Se dovessi fare una gara a tappe, chissà. Non lo so dire perché sono diversi anni che non la faccio più; non so come reagirebbe il mio fisico. Sicuramente il recupero sarebbe un po’ penalizzato. Devo dire però che facendo una carriera non troppo lunga, questi 38 anni hanno un peso diverso rispetto un’atleta che fa professionismo dall’età, per esempio, di 18“.
Ci racconteresti i tuoi allenamenti?
“Sono molto focalizzati su due aspetti: il primo è stare tanto in pista perché ovviamente la pista è il regno dove ho dedicato gli ultimi anni della mia carriera da quando mi sono allontanata un pochino dalla strada. L’altro è la preparazione in altura, perché il velodromo che ho scelto per i miei record è a 1900 metri di quota. A differenza di quanto dicono che ‘si va in altura per rendere le cose semplici’, in realtà le cose non sono semplici se uno non si adatta per mesi. Non parlo di giorni, di mesi. A quote alte. Passo tantissimo tempo in montagna sopra i 2000 metri“.
Hai dichiarato che “si può studiare e fare sport”, aggiungendo anche un’interessante osservazione dove entrambi si possono nutrire reciprocamente. Ti piacerebbe parlarci della tua esperienza personale e di come gestisci la tua attuale situazione tra sport e lavoro?
“Io sono fautrice dello studio e dello sport contemporaneamente. Lo studio è conoscenza. La conoscenza è potere. È il potere più grande che abbiamo. Questa cosa viene spesso tralasciata. Quando si fa dello sport agonistico, a volte lo studio sembra come se tolga del tempo all’allenamento. In realtà è il contrario. Perché, almeno nella mia vita personale, è stata proprio la conoscenza di alcuni strumenti che mi ha dato il ‘’potere’’ di fare delle cose che se non avessi studiato non avrei potuto fare. Ed è stato proprio il fil rouge di tutto il mio progetto quello di portare un approccio scientifico nel mondo sportivo“.
Come riesci a supportare economicamente la tua attività?
“Io vengo spesso chiamata “atleta indipendente” perché non faccio parte di un team professionistico. La motivazione si collega alla risposta di prima. Per portare un approccio scientifico bisogna avere una certa libertà dagli sponsor tecnici. Se facessi parte di uno squadrone sarei costretta ad avere un determinato materiale, mentre con quest’altro approccio sono io che scelgo i materiali in base ai miei test aerodinamici. Quindi devo avere una certa indipendenza dal punto di vista degli sponsor tecnici. Il che significa che non posso fare parte di una squadra professionistica. Questo significa anche che dal punto di vista economico devo cercare io degli sponsor personali che sostengano economicamente l’attività. Questo è quanto faccio. Parlo direttamente con le aziende e privati che spostano soprattutto i valori alla filosofia di quello che faccio“.
Ti sei buttata oltretutto tardi in questa realtà: hai qualche rimpianto o per te è un aspetto indifferente?
“Non si può sapere come cosa. Se uno potesse avere una doppia, una tripla vita, a fare tutte vite diverse, allora si potrebbe. È difficile dirlo perché ho fatto altro che mi ha reso la persona che sono“.
Nella tua carriera da agonistica, qual è il tuo ricordo più bello?
“Ce ne sono tanti. C’è stato il primo record che è stato soffertissimo. Quello che ho dedicato a papà. È stata la sorpresa se vuoi, quella cosa inaspettata, quella magia. Venendo da un mondo totalmente diverso ce l’ho fatta. C’è stata la prima volta in maglia azzurra, la prima convocazione. C’è stato aver battuto il muro dei 50. Come non nominare il record di adesso dei 4 km, e penso sia stato il momento più alto della mia carriera. L’emozione di aver battuto l’inseguimento così tanto inseguito, per far un gioco di parole. È stato bellissimo. La cosa bella di questo progetto è che è stato fatto in contemporanea con il record dell’ora. Il fatto di detenere entrambi i record contemporaneamente per me è stata una sfida fisiologica e mentale incredibile. Dal punto di vista storico nel ciclismo femminile forse solo Jeannie Longo ci è riuscita, anche se non sono riuscita a trovare del materiale per confermare che lei li abbia avuti contemporaneamente e fatti nello stesso periodo. È stato qualcosa di veramente incredibile. Anche al maschile si contano pochissimi nomi che son riusciti in questa impresa e sfida“.
Hai obiettivi o ambizioni per il tuo futuro? Anche al di fuori dello sport
“Dopo una cosa del genere ho veramente bisogno di respirare un attimo. Non ho programmi e non vorrei proprio averli. Nel senso, penso che quando si esce da una cosa così grande c’è proprio il momento in un cui bisogna fare punto e capo. E capire cosa far dopo“.