La voce delle donne: storie al femminile sul confine orientale
Celebrare il Giorno del Ricordo significa anche approfondire vicende che, dense di dolore e sofferenza, compongono pagine di storia d’Italia rimaste troppo a lungo coperte dall’oblio. Ricordare, infatti, vuol dire conoscere e far conoscere quanto accadde, per dare ai protagonisti di quei drammi il giusto onore e per fare in modo che quanto da loro vissuto non accada mai più. Approfondire dunque. Lo ha fatto, con particolare attenzione alle donne, la professoressa Valentina Motta, scrittrice e autrice di numerosi saggi: il suo ultimo libro, edito da Passaggio al Bosco e corredato da approfondite appendici bibliografiche, filmografiche e sitografiche, si intitola Donne, eroine e martiri delle foibe. Storie al femminile sul confine orientale (1943 – 1945).
L’autrice, oltre a fornire diverse precisazioni sul metodo alla base del lavoro, sottolinea nell’introduzione il fatto che «c’è un universo femminile fatto di mogli, figlie e madri che ruota attorno alla tragedia delle foibe: tantissime donne che furono vittime e martiri della violenza dell’oppressore e che talvolta, con l’esempio e l’azione, assursero al ruolo di vere e proprie eroine». Questa, dunque, la ragione della pubblicazione: raccontare le loro storie, che sono state troppo spesso volutamente nascoste e per questo sono rimaste sconosciute al grande pubblico. «Il silenzio assordante che ha avvolto le loro vicende, evidentemente scomode e ingombranti per i presunti paladini della libertà e del femminismo, deve essere squarciato dalla sacrosanta ricerca della verità».
Valentina Motta, su questa strada, propone un lavoro molto accurato, ricco non solo di dettagli, informazioni e testimonianze inedite di esuli ancora in vita, ma anche di fotografie da lei stessa realizzate a corredo delle parole. Donne, eroine e martiri delle foibe, dunque, va sicuramente considerato non solo come una ricerca unica del suo genere ma vuole essere anche, come spiega la stessa autrice, «un primo passo doveroso e necessario per rendere onore a tutte coloro che hanno sacrificato la loro esistenza per la patria e per l’onore o che sono state vittime inconsapevoli di forze oscure più potenti di loro».
Il suo, quindi, è un libro forte e duro, libero e senza filtri, che getta – si legge nella quarte di copertina – una nuova luce sui drammatici fatti che caratterizzarono la frontiera orientale tra il 1943 e il 1945. E lo fa in modo ampio e attento, fornendo oltretutto una panoramica diversificata anche dal punto di vista geografico (scrive, infatti, anche di episodi che si sono verificati lontano dal confine orientale).
Nella prima parte l’autrice prende innanzitutto in esame, con accurate citazioni bibliografiche e documentali, il quadro storico in cui è maturata e si è consumata la tragedia delle foibe e dell’esodo.
Il primo capitolo racconta «i casi di alcune figure femminili che, lungi dal dimostrare codardia e paura, scelsero l’Italia abbandonando l’idea della fuga». Figure che, scrive Motta, «si trasformarono in vere e proprie eroine, in martiri fiere e coraggiose, degne di essere ricordate e celebrate anche a distanza di tanti anni». Tra loro Corinna Dardo, Giuseppina Ghersi, Amalia Ardossi. E ancora, le sorelle Radecchi (Albina, Caterina e Fosca), Norma Cossetto, Maria Concetta Valenti, Maria Cnappi, Odda Carboni, Daniza Aurora Leghissa, Libera Sestan, Dora Ciok, Maria Raner, Nella de Pieri e tante (troppe) altre.
C’è poi un lungo scritto dedicato alle Ausiliarie, ovvero donne attivamente coinvolte nell’impegno politico e militare nella Repubblica sociale italiana. Il capitolo, utilmente introdotto da alcune considerazioni sul ruolo della donna nel regime fascista e sulla nascita del Saf (Servizio ausiliario femminile), si svolge mettendo nero su bianco le storie di tante di queste donne, che «furono costrette al sacrificio e incontrarono la morte o per uccisione da parte del nemico o per gli stenti e la fame dovuti alla detenzione nei campi di concentramento». Come Liana Lucinda Benaglia, Giovanna Bledig, Franca Barbier, Marcella Batacchi, Jolanda Spritz, Rosa Amodio, Rosanna Pirosu, Clotilde Biestra, Giuseppina Ferrari, Laura Giolo, Antonietta De Simone, Lidia Fragiacomo, Luciana Minardi, Angelina Milazzo. A questo lungo elenco, si aggiungono altri nomi (Natalia Castaldi, Giuseppina Recalcati e sua figlia Mariuccia Barbara Forlani, Bruna Callaini), pure citati ma senza che l’autrice abbia avuto la possibilità di raccogliere, sulle storie delle protagoniste, molte informazioni.
Un capitolo a parte è poi dedicato alla terribile storia della baronessa Barbara Elisabetta Hütterott, «esaminata a fondo anche per il ruolo e il con tributo che la donna e la sua famiglia dettero all’economia e alla storia istriana».
La seconda parte del libro è invece riservata all’esodo e alle vicende di quante ne furono segnate, alcune fino a perdere la vita. In queste pagine sono raccontate per esempio le storie di Egea Haffner (la “Bambina con la valigia”), Licia Cossetto (sorella di Norma), Angelina Bratovich, Mafalda Codan, Nidia Cernecca, Marisa Brugna, Maria Cacciola, Rosa Vasile, Nelly Berder, Bruna Penello, Grazia Bruno. Poi, anche in questo caso raccontata in solitaria, c’è la storia di Maria Pasquinelli, «nome conosciuto a chi ha vissuto la storia della frontiera orientale, in quanto è diventato simbolo di lotta e di ribellione, eroico modello per un popolo per cui la donna si è strenuamente impegnata fino a rischiare la vita in nome delle sue idee e dei suoi valori», scrive Motta. Che, nelle conclusioni, aggiunge: «Quelle raccontate in questo libro, però, non sono solo storie di persone che non ci sono più: sono esse stesse la Storia che deve ancora essere scritta perché finalmente quella delle foibe non sia più una questione di confine, ma diventi davvero di tutti».
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