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Milioni di italiani (da Nord a Sud) hanno ricevuto a casa acqua potabile contaminata: Pfas nel 79% dei campioni analizzati da Greenpeace

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Gli inquinanti eterni sono presenti nel 79% dei campioni di acqua potabile analizzati da Greenpeace Italia in tutto il Paese nell’ambito dell’indagine indipendente ‘Acque Senza Veleni’ sui Pfas, sostanze poli e perfluoroalchiliche. Si tratta di composti chimici di sintesi che non esistono in natura, perché prodotti esclusivamente dalle attività umane. Molti Pfas agiscono come interferenti endocrini e possono provocare danni a tiroide, fegato, sistema immunitario e alla fertilità. Ma nelle acque potabili sono stati trovati anche quelli classificati come cancerogeni o possibili cancerogeni, la cui presenza è già considerata inaccettabile in molti Paesi. Perché gli studi scientifici più autorevoli dicono che, in questi casi, non c’è una soglia di sicurezza. Greenpeace ha fatto analizzare da un laboratorio indipendente 260 campioni raccolti tra settembre e ottobre 2024, in 235 comuni di tutte le regioni e province autonome (quasi tutti presso fontane pubbliche). La prima mappa italiana della contaminazione nelle acque potabili mostra una presenza diffusa di queste sostanze pericolose: le 58 molecole Pfas ricercate sono state riscontrare in 206 campioni. Secondo Greenpeace, dunque, milioni di persone in tutta la Penisola hanno ricevuto nelle loro case acqua contaminata da alcuni Pfas. “Sono stati trovati in tutte le regioni e province autonome e sono almeno tre i campioni positivi per regione, fatta eccezione per la Valle d’Aosta, dove sono stati effettuati solo due prelievi, entrambi positivi” ha spiegato in conferenza stampa Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace, sottolineando che particolari criticità sono state riscontrate nelle regioni del Centro, del Nord Italia e in Sardegna.

Il più diffuso è il cancerogeno Pfoa – Complessivamente, il Pfas più riscontrato tra quelli ricercati nei campioni è il Pfoa, acido perfluoroottanoico, classificato come cancerogeno all’Agenzia delle nazioni unite per la ricerca sul cancro, ma presente nel 47% dei campioni, seguito dal composto a catena ultracorta Tfa, l’acido trifluoroacetico, presente nel 40% dei casi (104 su 260) e anche in maggiori quantità – rispetto alle altre molecole analizzate – in tutti i campioni in cui è stato trovato. Il Pfos, perfluorottano sulfonato, classificato come possibile cancerogeno, è stato trovato in 58 campioni (il 22% del totale). “La presenza di alcuni Pfas è particolarmente preoccupante – ha commentato Ungherese – perché delle migliaia di molecole che ne fanno parte solo poche sono sottoposte a divieti e restrizioni. Ed è il caso di Pfos e Pfoa, banditi a livello globale nell’ambito della Convenzione di Stoccolma”. Greenpeace si sofferma anche sul Tfa, il Pfas più diffuso al mondo, ricordando che in Italia “non esistono dati pubblici, se non rare eccezioni” e sottolineando “il ritardo del governo italiano sulla sua regolamentazione”. Si tratta di una sostanza persistente e indistruttibile, che non può essere rimossa con i più comuni trattamenti di potabilizzazione. È stata trovata ovunque sia stato cercata: dalle acque potabili, alla polvere domestica fino al sangue umano. “Di recente ne è stata accertata la presenza in dieci marchi di acqua minerale e di sorgente venduti in Europa” ha spiegato Ungherese.

La mappa della contaminazione – Nel complesso, livelli elevati di contaminazione si registrano in Lombardia (ad esempio, in quasi tutti i campioni prelevati a Milano) e in molti comuni del Piemonte (Torino, Novara, alcuni comuni dell’alessandrino, ma anche Bussoleno, in Valle di Susa), del Veneto (anche in comuni fuori dall’area rossa già nota per essere tra le più contaminate d’Europa, come Arzignano, Vicenza, Padova e Rovigo), dell’Emilia-Romagna (Ferrara, Comacchio, Reggio Emilia), della Liguria (Genova, Rapallo, Imperia), della Toscana (Arezzo, Lucca, Prato), della Sardegna (Olbia, Sassari e Cagliari) e Perugia in Umbria. Analizzando il numero di campioni contaminati rispetto al totale, le situazioni più critiche si registrano in Liguria (8 su 8), Trentino Alto Adige (4 su 4), Valle d’Aosta (2 su 2), Veneto (19 su 20), Emilia Romagna (18 su 19), Calabria (12 su 13), Piemonte (26 su 29), Sardegna (11 su 13), Marche (10 su 12) e Toscana (25 su 31). Le Regioni in cui si riscontrano meno campioni contaminati sono l’Abruzzo (3 su 8), l’unica regione con meno della metà dei campioni positivi alla presenza di Pfas, seguita da Sicilia (9 su 17) e Puglia (7 su 13).

I controlli (limitati) e la legge che fa a pugni con la scienza – “L’indagine è una risposta alle istanze dei cittadini, che vogliono sapere se l’acqua che bevono è sicura” ha raccontato Ungherese, spiegando che “nonostante l’Italia ospiti alcuni dei più gravi casi di contaminazione d’Europa, in Veneto e in Piemonte, a oggi i controlli sui Pfas nelle acque potabili sono per lo più assenti o limitati a poche aree geografiche”. Dal 2026, entrerà in vigore in Italia la direttiva europea 2020/2184 che prevede un limite di 500 nanogrammi per litro per il parametro ‘Pfas totali’ e 100 nanogrammi per litro per il parametro ‘Somma di Pfas’ (in Italia il valore sarà determinato dalla somma di 24 molecole, meno della metà di quelle analizzate da Greenpeace). Queste soglie, però, sono state superate dalle evidenze scientifiche, in primis dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare e dell’Agenzia europea per l’ambiente, secondo cui i limiti in via di adozione rischiano di essere inadeguati a proteggere la salute umana. Tant’è che molti Paesi europei (Danimarca, Paesi Bassi, Germania, Spagna, Svezia e la regione belga delle Fiandre) e gli Stati Uniti hanno già adottato limiti più bassi. L’Italia non è tra questi. Di fatto, il 41% dei campioni fatti analizzare da Greenpeace supera le soglie imposte in Danimarca, mentre negli Usa sarebbe fuorilegge il 22% dei campioni. Eppure, già nel 2019, in un documento inedito che Greenpeace è riuscito a ottenere e pubblicato in esclusiva, a maggio 2024, da ilfattoquotidiano.it, l’Istituto Superiore di Sanità segnalava che Pfoa e Pfos non dovrebbero essere affatto presenti nelle acque destinate al consumo umano. “Da tempo Greenpeace Italia ha lanciato una petizione che chiede al governo di mettere al bando l’uso e la produzione di tutti i Pfas – ha ricordato Ungherese – sostituendoli con alternative più sicure e già disponibili”. La petizione, sottoscritta da oltre 136mila persone, non ha trovato ancora alcun riscontro.

I risultati nei comuni per somma di Pfas e per singola molecola – Considerando il parametro di legge ‘Somma di Pfas’, i comuni con le concentrazioni più elevate sono Arezzo, Milano (Via Padova) e Perugia, seguite da Arzignano (Vicenza), Comacchio (Ferrara), Olbia (Sassari), Reggio Emilia, Ferrara, Vicenza, Tortona (Alessandria), Bussoleno (Torino), Padova, Monza, San Bonifacio (Verona), Ceccano (Frosinone) e Rapallo (Genova). “In alcuni casi, come per Arezzo e Milano, abbiamo già informato le istituzioni locali o le autorità competenti di risultati della nostra indagine” ha spiegato Ungherese. Per quanto riguarda le singole molecole, le analisi hanno rilevato la presenza del Pfoa in 121 comuni, pari al 47% del totale. “Nonostante sia vietato a livello globale da alcuni anni – ha spiegato Ungherese – questo composto è molto diffuso nelle acque potabili italiane”. Il comune dove sono stati registrati i livelli più elevati di contaminazione da Pfoa sono Bussoleno (Torino), con 28,1 nanogrammi per litro, seguito da Rapallo (Genova), Tortona, Torino (Corso Sclopis), Imperia, Fossano (Cuneo), Aosta, Genova (Piazza Aprosio), Comacchio e Suzzara (Mantova). Situazione particolarmente critica a Torino, dove si registrano elevate contaminazioni in altri due punti di prelievo. Per quanto riguarda il Pfos, i valori più elevati sono stati registrati a Milano (Via delle Forze Armate), Bussoleno, Ancona (Piazza Fontana), Rimini, Montesilvano (Perugia), Rovigo, Carrara, Teramo, Comacchio, Fiorenzuola d’Arda (Piacenza) e Arzignano (Vicenza). Riguardo a Milano, anche le analisi sui campioni prelevati a Villa Litta, zona Affori, e in Via Padova hanno rilevato la presenza di Pfos (rispettivamente 5,3 e 3,9 nanogrammi per litro). Per quanto riguarda la contaminazione da Tfa, il comune di Castellazzo Bormida (Alessandria) ha mostrato i valori più elevati (circa 539 nanogrammi per litro), seguito da Ferrara (375) e Novara (372). Concentrazioni molto alte si registrano anche ad Alghero (Sassari), Cuneo, Sassari, Torino, Cagliari, Casale Monferrato (Alessandria) e Nuoro. La Sardegna (77% dei campioni positivi), il Trentino Alto Adige (75% dei campioni positivi) e il Piemonte (69% dei campioni positivi) sono le Regioni in cui la contaminazione da Tfa è risultata essere più diffusa. Secondo Greenpeace “pur non avendo un quadro chiaro circa gli impatti sanitari, potremmo essere all’inizio di una storia che si ripete”. Quella dei Pfas oggi noti per essere cancerogeni “ma di cui, fino a pochi anni fa, non si avevano informazioni esaustive”.

L'articolo Milioni di italiani (da Nord a Sud) hanno ricevuto a casa acqua potabile contaminata: Pfas nel 79% dei campioni analizzati da Greenpeace proviene da Il Fatto Quotidiano.