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Delitto di via Poma, “quel bigliettino lasciato da una poliziotta sulla scena del crimine è la prima traccia del depistaggio”: Quarto Grado svela nuovi elementi

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Quell’appartamento al terzo piano in via Carlo Poma adesso è diventato un bed and breakfast e sul luogo del delitto, esattamente nel punto in cui fu uccisa una ragazza, c’è un enorme cuore rosso in muratura luminoso. Quello di Simonetta Cesaroni ha cessato di battere 34 anni fa, la sera del 7 agosto del 1990 quando un assassino senza volto né un nome l’ha brutalmente assassinata ferendola a morte con una lama mai rinvenuta. Dopo che la Gip Giulia Arcieri ha respinto la richiesta di archiviazione dell’inchiesta riaperta nel 2022 sul delitto di via Poma, grazie a degli esposti presentati dalla famiglia Cesaroni, ecco nuovi elementi che potrebbero aiutare a far luce sul delitto dell’estate di Italia 90.

“Ci aspettiamo che ricomincino da capo le indagini, come se fosse un foglio bianco su cui riscrivere tutto”, dice oggi Paola Cesaroni che quella notte trovò il corpo barbarizzato della sorella negli uffici dell’Aiag in via Carlo Poma dove andò a cercarla a tarda sera insieme al fidanzato Antonello e al datore di lavoro di Simonetta, Salvatore Volponi. La giudice nel decreto di 55 pagine con cui ha respinto l’archiviazione, chiede di riascoltare oggi ben 29 testimoni “Con invito a dire la verità, richiamando il loro senso civico e la necessità di rendere giustizia alla vittima e ai familiari ancora in vita”.

Qualcuno tra queste 29 persone potrebbe aiutare, si spera, a capire chi è salito quel pomeriggio, tra le 16,30 e le 17,30 (questa la presumibile finestra temporale in cui è avvenuto il delitto), al terzo piano dell’elegante palazzotto romano, nel quartiere Prati. L’assassino ha poi chiesto a Simonetta di entrare (o ha aperto la porta) per poi lasciarla martirizzata e seminuda sul pavimento. Del barbaro killer sappiamo solo che è di gruppo A positivo grazie all’impronta lasciata sulla porta della stanza, e che ha portato con sé i vestiti di Simonetta per richiudere la porta dell’appartamento prima di andar via con il mazzo di chiavi della ragazza che non fu mai ritrovato.

Molti i misteri nel mistero di via Poma, ed ad alimentarli sono stati soprattutto i colleghi della Cesaroni che hanno sempre negato di conoscerla, di averla mai vista o sentita, neanche la sua presenza fosse spettrale in quegli uffici dove la ragazza lavorava come contabile due volte alla settimana per arrotondare lo stipendio. Persino il presidente di Aiag, l’avvocato Francesco Caracciolo di Sarno negò di averla vista o conosciuta eppure fu lui ad affidarle il lavoro tramite Volponi ed Ermanno Bizzocchi, titolari della ditta presso cui lavorava la ragazza. “Non la conoscevo, non l’ho mai vista”, disse durante il processo al fidanzato di Simonetta Raniero Busco, assolto fino in Cassazione perché innocente ed estraneo all’omicidio dell’allora fidanzata. Il programma di inchiesta Quarto Grado ieri ha intervistato un nuovo testimone, fratello di una ragazza coinvolta in questo caso perché “l’avvocato Caracciolo – ha detto davanti alle telecamere del programma Mediasetle aveva messo le mani addosso e tutto quanto. Se avesse parlato, avrebbe cacciato via i miei” (che lavoravano per lui, ndr).

Quest’uomo è stato convocato in questura insieme alla sorella, coetanea di Simonetta e all’epoca quindi 20enne: “Da quando avevo 12 anni fino ai 16 ha sempre trovato una scusa per raggiungermi in casa mentre ero da sola, si metteva vicino a me e mi palpeggiava infilando la mano sotto la maglietta. Ero piccola, non riuscivo a dare un significato a questi comportamenti ma mi disturbavano molto”, ha detto poi la donna ai Carabinieri di recente (fonte: Quarto Grado). Sulla base di queste nuove testimonianze la giudice Giulia Arcieri ha deciso di sentire la figlia dell’avvocato Caracciolo di Sarno, morto nel 2016, per verificare nuovamente il suo alibi dell’epoca nell’ipotesi, come ha scritto nell’ordinanza, “che possa essere falso” ma questa è solo una delle piste da analizzare. Come dice la sorella di Simonetta, Paola Cesaroni: tutte portano a via Poma.

Un altro dettaglio importante secondo la Gip, citato nell’ordinanza, è il famoso bigliettino ritrovato sulla scena del crimine con su un disegno di un pupazzetto e vicino la scritta: Ce (che forse sta per Cesaroni) Dead (in inglese, morta) OK. Inizialmente si pensò fosse opera dell’assassino mentre dopo 16 anni è venuto fuori che venne scritto all’epoca da una poliziotta (fonte: Quarto Grado). “Secondo la Gip – lo ha riportato ieri Anna Boiardi nel corso del programma – quel disegno fu la prima traccia del depistaggio delle indagini su via Poma da parte dei poteri forti”.

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