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Zuckerberg, la rivoluzione “trumpiana” dei suoi social prosegue: addio anche alle follie “woke”

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Mark Zuckerberg non si nasconde più. Dopo anni passati a vestire i panni del paladino digitale arcobaleno, ora il fondatore di Facebook sembra deciso a calcare le scene politiche a volto scoperto, con un restyling dei profili di Meta. Una corsa contro il tempo per allinearsi al vento che soffierà da gennaio, con Donald Trump nuovamente alla Casa Bianca, che sta diventando una maratona tutta ridere. Crisi di mezza età o cinismo calcolato? In ogni caso la metamorfosi è completa: fact-checking abolito, programmi di diversità smantellati e dichiarazioni che suonano come pugni nello stomaco per l’amministrazione Biden.

La fine dell’era inclusiva di Meta, ora solo Maga 

L’annuncio è arrivato senza preavviso: Meta chiude i battenti dei suoi programmi di diversità, equità e inclusione (Dei), un tempo presentati come il fiore all’occhiello del politically correct per l’azienda. «Il panorama legale e politico è cambiato», ha spiegato Janelle Gale, vicepresidente delle risorse umane, riferendosi velatamente alla recente sentenza della Corte Suprema che ha bocciato le politiche di «affirmative action», azioni volte al contrasto delle discriminazioni nelle prestigiose università americane.

Ma la nota diffusa dal gigante del millennio, pubblicata da Axios, sembra quasi un manifesto ideologico: «Il significato della sigla Dei è cambiato, perché alcuni la intendono come un trattamento preferenziale di alcuni gruppi rispetto ad altri. Il nostro obiettivo è ora garantire pratiche eque per tutti». Traduzione non troppo velata: basta privilegi alle minoranze, meglio un “campo neutro”.

A cadere sotto la scure di Zuckerberg sono anche figure chiave come Maxine Williams, responsabile della Diversity, che verrà spostata su progetti legati all’accessibilità, mentre Roy Austin, vicepresidente per i Diritti Civili, ha rassegnato le dimissioni con una lettera che suona più come una resa: «Le complessità del nostro lavoro non sono più sostenibili».

L’ira dei dipendenti: “Zuckerberg è folle”… o solo un genio

Dentro Meta, l’aria è irrespirabile. Sulla piattaforma interna Workplace, un dipendente Lgbt ha scritto: «Sono malato di mente e mi prenderò del tempo per la mia salute mentale», lasciando trasparire da che parte. Altri si sono spinti oltre, definendo le scelte del loro, un tempo, Guru «una capitolazione politica senza precedenti».

Le nuove regole sulla moderazione dei contenuti, che entreranno in vigore nelle prossime settimane, sembrano cucite su misura per sedurre l’elettorato trumpiano. Come riportato da Casey Newton su Platformer, frasi come «una donna trans non è una donna, è un uomo patetico e confuso» o «le persone non binarie non esistono, hanno solo bisogno di terapia» non saranno più rimosse da Facebook e Instagram. Una decisione che ha fatto insorgere molti dipendenti: «È un po’ folle. Stiamo cambiando tutto solo perché il risultato delle elezioni è stato diverso? Significa che finora abbiamo lavorato su cose in cui nemmeno credevamo?».

Zuck contro Biden sul Covid: “Urlavano contro di noi”

Non bastasse lo smantellamento interno, Zuckerberg ha deciso di puntare il dito contro l’amministrazione uscente di Joe Biden, accusandola di pressioni indebite durante la pandemia. Intervistato da Joe Rogan, il magnate ha ricordato le discussioni con i funzionari democratici sui contenuti relativi al Covid: «Urlavano e imprecavano» contro i dipendenti, e li accusavano di non fare abbastanza per «censurare» pagine e gruppi no-vax.

Non si tratta solo di ricordi amari. Ora Zuck vuole la rivincita e sembra intenzionato a rimettere la spunta blu sulla libertà di espressione: «Ora ho un controllo molto maggiore su quella che penso debba essere la policy di Meta. E credo che sarà così anche in futuro».

L’addio al fact-checking di Meta non piace a zio Joe

L’abolizione del fact-checking negli Stati Uniti è forse il gesto più simbolico di questo volta faccia tanto sognato. «Penso che sia davvero vergognoso. Dire la verità è importante. Pensate che non sia importante che si lascino stampare, o che milioni di persone leggano, cose che semplicemente non sono vere? È completamente contrario a tutto ciò che è l’America», l’ultimo sforzo di Biden prima del discorso di addio. Ma per il suo vecchio amico il dado è tratto.

Meta Great Again

Fonti vicine al New York Times confermano che l’azienda si sta preparando a una transizione epocale, con l’obiettivo dichiarato di posizionarsi come il gigante tech preferito da Donald. Non solo. Si percepisce anche la liberazione personale dell’uomo dalle t-shirt sempre uguali, forse finalmente un atto di ribellione al sistema.

Il risultato di tutto ciò? Una tempesta perfetta per i social e, probabilmente, per l’America. Da Menlo Park al cuore della politica, il re dei social ha deciso di diventare anche re del caos.

L'articolo Zuckerberg, la rivoluzione “trumpiana” dei suoi social prosegue: addio anche alle follie “woke” sembra essere il primo su Secolo d'Italia.