Vedo un certo oscurantismo sulla mafia ma Cosa Nostra è viva. Perciò ricordo due amici uccisi
Registro un latente oscurantismo – da parte dei media e dell’opinione pubblica – sul fenomeno mafioso. Non vorrei, che con le “rimpatriate” a Palermo di mafiosi in permesso premio e dal fatto che i picciotti non sparano più, si consideri la mafia sconfitta e debellata. No! Cosa nostra è viva, basta saper e voler guardare per rendersi conto che non è affatto deceduta. Sono anni che dico agli studenti, che “la memoria è il faro che illumina il futuro e se un popolo tenta di spegnere quella luce, di certo sarà un popolo senza futuro”. E a proposito di memoria, oggi ricordo due cari amici/colleghi della polizia di stato assassinati da Cosa nostra a Palermo.
Ma ancor prima di ricordarli mi preme rispondere ad un commento a margine di un mio post riferito al ministro Nordio e pubblicato su questo blog. Il commento: “Pippo Giordano ormai troppo astioso e parziale per poterlo leggere e commentare”. No! Astio non né ho, ma ho tanta rabbia nei confronti dei governi precedenti e l’attuale. L’astiosità non fa parte del mio essere, mentre sono orgogliosamente parziale. Dissentire, criticare e persino condannare alcune prese di posizione di alcuni soggetti di questa destra, segnatamente Nordio e tal Costa non credo che ciò si possa ascrivere all’astio. Sono anni, che la magistratura viene colpita da fuoco amico, ed in particolare in quest’ultimo periodo da un ministro che dovrebbe proteggerla. Si egregio commentatore, sono parziale ma non astioso. Eppur avrei ben donde d’esserlo per aver visto tanti colleghi, carabinieri, magistrati e cittadini inermi, compreso donne e bambini, ammazzati da Cosa nostra nella totale indifferenza di uno Stato imbelle. Ecco, ero e sono di parte ma per la legalità; per essere coerente al giuramento fatto innanzi alla Costituzione.
E ora voglio ricordare i due colleghi, Filadelfio Aparo, ucciso l’11 gennaio 1979 e Natale Mondo ucciso il 14 gennaio 1988. Entrambi facevano servizio alla Squadra mobile di Palermo. Conobbi Filadelfio di seguito a una rapina in banca: prestavo servizio alla Mobile di Forlì. Un rapinatore pendolare, da Palermo venne a fare una serie di rapine nelle Marche e in Romagna. L’ultima la fece a Forlì e riuscì ad eclissarsi. Noi fummo fortunati, perché nel giro di 24 ore lo identificammo, e quindi dopo aver ottenuto il mandato di cattura, chiedemmo ai collegi di Palermo di arrestarlo. Il rapinatore fu condotto da noi proprio da Filadelfio e da un altro collega. Poi, l’anno dopo, sia io che Filadelfio, frequentammo il corso sottufficiali a Nettuno. Non lo rividi più.
Dopo la sua morte fui trasferito alla Mobile palermitana e li incontrai Natale Mondo: diventammo subito amici. Natale fu inserito nella mia 5° sezione investigativa diretta da Ninni Cassarà. Natale era una persona onesta e irreprensibile, legato da amicizia fraterna con Cassarà: quell’amicizia che poi contagiò non solo me ma tutta la sezione. Non si poteva non voler bene a Natale, che sulla fronte si poteva leggere – sono una persona estremamente empatica – un giovane uomo sorridente, rispettoso, professionalmente preparato. Mondo fu ucciso due volte: la prima volta l’accusarono di essere la talpa della Mobile per aver fatto uccidere Cassarà e Antiochia nell’agguato di via Croce Rossa a Palermo, il 6 agosto del 1985. Nell’occorso Mondo si era salvato riparandosi sotto l’auto blindata e per tale motivo lo accusarono d’essere un traditore. Poi l’accusarono di traffico di droga.
Natale fu arrestato, ma noi tutti sapevamo che quelle accuse erano infondate: eravamo certi della sua innocenza. Subito dopo il suo arresto, contattai il mio ex ufficio di Palermo, pregando di far pervenire al pm che seguiva il caso, la richiesta di convocarmi per rendere testimonianza. Il pm Domenico Signorino non mi convocò. Avrei dimostrato con elementi di fatto che Natale era una persona adamantina. Per fortuna furono i miei colleghi e la moglie di Cassarà, a dimostrare la sua innocenza.
La giustizia lo assolse prosciogliendolo, ma la mafia no! Io, non prestavo più servizio a Palermo – ero stato allontanato per motivi di sicurezza – e in una occasione trovandomi nella mia Palermo lo andai a trovare a casa. Vidi un amico distrutto, non accettava d’essere additato come il traditore di Cassarà e piangendo come un bambino, mi chiese se lo consideravo tale. Gli rispose che semmai avessi avuto il minimo dubbio, di certo non sarei andato a trovarlo. Veder Natale in quelle condizioni mi fece star male. Aggiunse, che era distrutto non per l’accusa di essere un trafficante di droga, ma per quella d’essere considerato il traditore di Ninni.
L’ultima volta che vidi sia lui e Cassarà, fu nel mese di maggio 1985: io mi trovavo a Palermo per una particolare indagine che stavo conducendo riservatamente con Beppe Montana e un giorno io e Natale accompagnammo Cassarà a casa sua. Non vidi più nessuno in vita, nemmeno Montana, fu assassinato l’8 luglio 1985. Si sono di parte, ma verso i miei migliori amici che non ci sono più.
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