Allarme per la sanità italiana su Lancet: l’autonomia differenziata acuirà le disuguaglianze
Un cielo presago, ingombrato da cirrocumuli, fa da sfondo a un tricolore che sventola al centro dell’immagine. È la nuova copertina della prestigiosa rivista scientifica Lancet-Regional Health-Europe. Appena pubblicato, l’editoriale del volume 48 accenna alle previsioni di calo demografico a cui è esposto il nostro Paese: la popolazione potrebbe decrescere da 59 milioni (2022) a 54,4 milioni, entro il 2050.
Senza mezzi termini, l’apertura del volume spiega che “una delle principali debolezze del sistema sanitario in Italia è l’infrastruttura frammentata dei dati sanitari“, in quanto non esiste un sistema unificato e centralizzato per documentare e condividere le cartelle cliniche elettroniche. Secondo gli autori dello studio pubblicato, “La causa principale è l’ampia autonomia regionale, con 20 regioni che operano in modo indipendente”, creando frammentazione normativa e inefficienze.
Secondo quanto si legge su Lancet, infatti, la scarsa interoperabilità tra regioni e ospedali, peggiorate dalla “assenza di una politica nazionale per allocare equamente le risorse tra tutte le regioni per stabilire protocolli standardizzati per la raccolta e il trasferimento dei dati”, ha reso – a suo tempo – più onerosa la risposta alla pandemia Covid-19.
Ricorda più avanti lo studio che “i pazienti delle regioni meridionali, generalmente meno dotate di risorse, si recano negli ospedali settentrionali meglio attrezzati per ricevere cure”. E sottolinea che la mancanza di condivisione dei dati e delle cartelle cliniche dei pazienti comporta una inefficiente duplicazione degli accertamenti clinici.
Non lusinghiere le parole che riguardano la riforma nota con il nome di Autonomia differenziata. “Una riforma recentemente proposta minaccia di peggiorare ulteriormente la situazione. La legge sull’autonomia differenziata decentralizzerà ulteriormente la governance sanitaria, approfondendo la frammentazione e le disparità tra le regioni, invece di favorire una raccolta e condivisione armonizzata dei dati.”
Considerazioni che fanno tornare alla memoria le parole di Gianfranco Viesti, che paventava, in un suo saggio edito da Laterza dal titolo La secessione dei ricchi, il rischio per l’Italia di diventare “un paese arlecchinesco, confuso, inefficiente”. Nel medesimo volume, il docente riprendeva le preoccupazioni espresse da Gimbe nel 2023 circa “l’irreversibilità del processo che si metterebbe in atto e la parziale imprevedibilità delle sue conseguenze, specie con riferimento ai rischi di differenziazione del diritto costituzionale alla tutela della salute”. In un precedente articolo ho parlato del rischio di una svolta a elevata entropia istituzionale. Tali ipotesi sembrano trovare un avallo nello studio di Lancet.
Nel prevedibile dibattito che è scaturito sui media, qualcuno ha tuttavia obiettato che, in realtà, il vero problema alla base della mobilità sanitaria risieda più nella disomogeneità della struttura dell’offerta tra le varie Regioni, che nella gestione centralizzata dei sistemi informativi, benché questa costituisca comunque un rilevante problema.
Secondo diversi ricercatori ed esperti, dopo la riforma federalista del titolo V varata nel 2001, le disuguaglianze nel Paese sono cresciute: così documenta Francesco Pallante in due recenti pubblicazioni: Spezzare l’Italia, edito da Einaudi nel 2024, e Loro dicono noi diciamo, scritto con Gustavo Zagrebelsky e Armando Spataro per Laterza, sempre nel 2024.
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