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La storia della tipografia siciliana: un omaggio nel calendario della Kromatografica

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La storia della tipografia è strettamente legata allo sviluppo culturale e sociale delle civiltà, rappresentando un mezzo fondamentale per diffondere idee e conoscenze. In Sicilia, Palermo e Messina hanno avuto un ruolo di primo piano grazie alla vivace scena culturale che le contraddistingueva. Qui si radunavano studiosi, calligrafi e artisti, alimentando un terreno fertile per gli studi umanistici, le arti e la stampa. Questo contesto culturale favorì la nascita di biblioteche ricche di manoscritti e di chiese e monumenti di grande valore artistico. Nel tempo, la tradizione tipografica passò dalle mani di maestri tedeschi a quelle di tipografi siciliani, che seppero mantenere alto il livello qualitativo.

A celebrare questa tradizione oggi è la Tipografia Kromatografica di Ispica, in provincia di Ragusa, che in occasione dei suoi 25 anni di attività ha dedicato un calendario alla storia della stampa e dell’arte tipografica in Sicilia. La storia della stampa nell’isola cominciò ufficialmente nel 1476, quando il pretore Francesco Patella e i giurati di Palermo decisero di introdurre l’arte tipografica nella città. Il primo libro stampato fu una raccolta di leggi civiche, le Consuetudines Felicis Urbis Panhormi, realizzato dal tipografo tedesco Andrea Vyel. Poco dopo, a Messina, venne pubblicato il secondo libro stampato in Sicilia, la Vita et transito et li miracoli del beatissimo Hieronimo doctore excellentissimo, a cura di Enrico Alding. Questi pionieri della tipografia si spostavano frequentemente, cercando le condizioni migliori per lavorare.

Durante i secoli, dal Barocco al Neoclassico, la tipografia siciliana si distinse per l’eleganza dei suoi frontespizi e delle sue illustrazioni, spesso realizzate da artisti e architetti di talento. L’obiettivo era catturare l’attenzione del pubblico, sia attraverso i libri sia mediante altre forme d’arte come affreschi e scenografie teatrali. Tuttavia, fino alla caduta del regime borbonico, molte zone meno sviluppate, come i comuni iblei, dipendevano quasi esclusivamente dai centri più avanzati come Palermo, Messina e Siracusa.

La prima opera stampata da un autore ibleo risale al 1559: i Dialogi Grammaticae iuveniles sane quam utiles di Fabrizio Bartuleio, affidati alla tipografia dei Maida di Palermo. Autori locali come Belleo, Hodierna e Carrera esplorarono temi diversi, dalla teologia alla medicina, ma spesso si appoggiarono a tipografie di Napoli o Venezia. Nell’area iblea, Modica fu il primo comune a dotarsi di una tipografia nel 1860, poco dopo l’insurrezione antiborbonica. Dal 1865 altre città seguirono l’esempio, avviando iniziative che arricchirono il panorama tipografico della regione.

Carlo Papa, figura centrale del Risorgimento, comprese l’importanza della stampa per la diffusione delle idee. Convinse il tipografo messinese Mario La Porta a trasferirsi a Modica, dove fondarono la “Società Tipografica”, nota anche come “Stamperia Gioberti”. Qui nacque La Campana, un periodico che incarnava i fermenti della nuova vita inaugurata dall’Unità d’Italia. Questo esempio ispirò altre città, come Ragusa, dove venne istituito il “Gabinetto Scientifico-Letterario Ibla Erea” e la tipografia “G.B. Hodierna”. Anche Comiso si dotò di una propria struttura con la tipografia “Casmene”.

Alla fine dell’Ottocento, l’attività tipografica conobbe un vero e proprio boom. A Spaccaforno (oggi Ispica), Di Stefano fondò un piccolo stabilimento che produsse Il Crepuscolo, un periodico elegante e ben curato. In pochi decenni, i comuni più popolosi e avanzati sotto il profilo culturale ed economico si dotarono di tipografie proprie. La stampa divenne così uno strumento essenziale per lo sviluppo culturale e sociale della Sicilia, accompagnando le trasformazioni economiche e politiche dell’isola.

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