Il vino senza alcol ora è legge, in Oltrepo rimangono i dubbi
TORRAZZA COSTE. Il vino dealcolato è legge. Un’opportunità, quella dell’apertura al mercato dei vini no alcol (che dall’inizio dell’anno possono quindi essere chiamati “vini”), che interroga anche l’Oltrepo Pavese, dove, però, per il momento, viene accolta con qualche freddezza. Innanzitutto, nel decreto ministeriale entrato in vigore il primo gennaio ci sono alcune novità rispetto alla bozza di novembre: ad esempio, in etichetta si potrà utilizzare il termine “dealcolato” (e non dealcolizzato come scritto in bozza) e viene definito il tasso alcolico per cui un vino viene considerato dealcolato (inferiore a 0,5%) o parzialmente dealcolato (non superiore a 8,5%). Sono esclusi dal procedimento i vini Docg, Doc e Igt, anche se alcune associazioni, come Unione Italiana Vini, spingono per rivedere la norma, dando la possibilità di dealcolare quanto meno gli Igt, come richiesto anche dagli stessi produttori.
Le conseguenze
La produzione di vino dealcolato consentirà alle cantine di sfruttare una fetta di mercato finora non utilizzata o solo parzialmente, visto che, fino all’entrata in vigore del decreto, c’era il divieto sul territorio nazionale e il processo per le aziende italiane era consentito solo se si appoggiavano ad imprese estere. Secondo una ricerca di Unione italiana vini, inoltre, un italiano su tre è interessato ad assaggiare un vino no alcol.
E l’Oltrepo come si pone in questa che, in ogni caso, è una piccola rivoluzione? Visto che dalla dealcolazione sono esclusi i vini a denominazione, non è un tema che interessa direttamente il Consorzio di tutela, anche se il direttore Riccardo Binda, in occasione dell’approvazione della bozza definitiva, aveva sottolineato che «questa opportunità non credo sarà sfruttata da aziende private già strutturate in una determinata linea di produzione, ma, magari, potrebbe interessare imbottigliatori e cooperative, che vogliono diversificare, introducendo questa possibilità, per provare ad entrare in determinati segmenti di mercato».
Perplessità sul successo del vino dealcolato in Oltrepo sono espresse da Fabiano Giorgi, titolare delle Cantine Giorgi di Canneto Pavese e presidente del Distretto del vino: «In passato come azienda avevamo avuto richieste di nostri clienti in particolare per il mercato arabo, ma non l’abbiamo mai fatto – spiega Giorgi – Sicuramente, la possibilità di produrre vino no alcol va incontro alle esigenze di una certa fetta di mercato, ma io non sono assolutamente a favore. Ci sono tante bibite che possono surrogare questo prodotto, si è provato anche con la birra, e un po’ ha funzionato, ma il mondo del vino è diverso».
«Troppa storia in un vino per essere declassato in questo modo», è il pensiero di Giorgi: «Certamente bisogna bere responsabilmente, ma quando uno vuole bere il vino deve poter bere il vero vino – conclude -. Probabilmente ci sarà qualcuno interessato a farlo, però mi sembra un’operazione commerciale, che non porta nessun risultato di immagine. È dall’antichità che si fa vino e si è sempre fatto così: mentre prima era un alimento, adesso è diventato un prodotto di nicchia. Non credo che il vino dealcolato possa attecchire, se non, come ho detto prima, in un’operazione commerciale».