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Federico Ruzza: “Italia di alto livello, Quesada ha aggiunto concretezza. Serve più continuità”

Il 2024 ha regalato molte gioie al rugby italiano, sia guardando ai risultati della nazionale sia a quelli della Benetton Treviso, capace di conquistare i playoff in URC e la semifinale di Challenge Cup. Un 2024 che ha visto tra i protagonisti sia in azzurro sia in biancoverde Federico Ruzza, ormai uno dei leader del rugby italiano (e poteva esserlo anche prima, se certe scelte non dipendenti da lui non lo avessero tenuto troppo a lungo ai margini, ndr.). E in esclusiva a OA Sport ci racconta l’anno appena passato e quelli che sono gli obiettivi e le speranze per il 2025.

Il 2024 è stato sicuramente un anno positivo per te, sia guardando alla Benetton Treviso sia all’Italia. Sono arrivati risultati importanti. Come lo hai vissuto?

“È stato sicuramente positivo a livello di squadra, sia per la Benetton Treviso sia per l’Italia, in questo caso soprattutto pensando al Sei Nazioni. È stato però anche un anno difficile, personalmente, dopo il Mondiale, perché ho avuto un po’ un contraccolpo e ho faticato a rientrare sia a livello fisico sia un po’ personale. Ho iniziato non al meglio, ma sicuramente sono cresciuto ed è stato un anno comunque importante, anche per crescere. A livello di collettivo, invece, come detto è stato un bell’anno, anche di crescita, anche con momenti complicati, ma affrontandoli in modo coeso e tutti assieme siamo riusciti a superarli e a imparare dai problemi affrontati”.

Manca ancora qualcosa per entrare stabilmente nell’elite ovale e per raggiungere risultati storici, ma la strada appare quella giusta. Cosa credi abbia fatto fare il salto di qualità a Treviso e agli azzurri?

“Sicuramente si è visto un cambio di marcia su entrambi i fronti grazie anche al percorso che da qualche anno è stato intrapreso a Treviso, dove il salto di qualità c’è stato ormai da un po’. Sicuramente la qualità della rosa ha aiutato a Treviso, la società ha fatto e fa grandi sforzi per allargare la rosa, cui si aggiunge l’ottimo lavoro dello staff. Questo ovviamente porta a un miglioramento collettivo, ma questo deve stimolarci ad andare oltre, a migliorare ancora e a non accontentarci. Per la nazionale, invece, sono convinto che abbiamo fatto dei passi avanti e, non parlo di me, ma guardando alla rosa credo che la qualità sia altissima, siamo fortunati e questo sicuramente aiuta. Anche l’arrivo di Gonzalo (Quesada, ndr) ha portato qualcosa di utile al gruppo dopo il Mondiale un po’ così così, con un lavoro che era già iniziato con Kieran (Crowley, ndr). Quesada è stato bravo a tenere il buono che avevamo costruito prima e ad aggiungere solidità, concretezza”.

Per il 2025 quali sono gli obiettivi che credi dobbiate porvi sia come Benetton Treviso sia come nazionale?

“Come Treviso sicuramente continuare il percorso, non facendo meno di quanto fatto l’anno scorso, quindi obiettivo minimo sono i playoff di URC, poi da lì è durissima, ma quello è il minimo. Per la Champions Cup le porte sono ancora aperte, con due partite che saranno praticamente due test match, visto il livello, ed è difficile fare un pronostico, ma è giusto affrontarle per cercare di tenere certe porte aperte. Però darsi obiettivi di risultati può essere controproducente, credo che dobbiamo lavorare per portare il tipo di prestazioni viste con Bath sempre in campo.

Anche per l’Italia metterci degli obiettivi di risultato risulta sempre un po’ difficile, sicuramente avere tre partite in casa dà forse un 1% in più nel pronostico, anche se Irlanda, Francia e Inghilterra sono forti, la Scozia è sempre pericolosa, con il Galles più in difficoltà, ma che può tirare fuori il meglio quando è spalle al muro. Forse quello cui dobbiamo portare in più rispetto a quest’anno è continuità di prestazioni, cosa che forse quest’anno non siamo riusciti a fare al massimo a novembre, dove abbiamo iniziato non benissimo con l’Argentina e poi abbiamo sofferto con la Georgia. Dobbiamo avere continuità, saper fare punti quando c’è la possibilità. Non siamo ancora a un punto dove possiamo fare pronostici, ma migliorando alcune aree delle partite poi i risultati possono arrivare di conseguenza”.

Tu oggi hai 30 anni, ma sei nell’alto livello seniores da oltre un decennio e ormai sei uno dei leader del rugby italiano. Quali credi siano i tuoi punti di forza che ti hanno portato qui e dove, invece, devi forse ancora migliorare?

“Mi piace pensare di poter ancora migliorare, anche se ora ho esperienza, mi piace pensare di poter dare ancora molto e so che per stare al livello più alto possibile non ci si può fermare. Se penso al rugby di 10 anni fa, quando ho iniziato, credo che oggi l’asticella qualitativa si sia alzata molto e quindi bisogna continuare a migliorare se si vuol restare a questi livelli. Su cosa devo migliorare, beh penso all’area di contatto, come i punti d’incontro, dove certe cose non mi vengono naturali e dove posso lavorare per fare meglio. Punti di forza? Forse è stato anche il percorso fatto fuori dal campo, il maturare sulla preparazione, dove mi sono concentrato molto e sicuramente negli anni ho imparato a prepararmi meglio alle partite, lavorare giorno per giorno. Il lavoro fuori dal campo è qualcosa che ha portato i suoi frutti. Penso che nello sport di oggi bisogna prepararsi bene, andando oltre all’allenamento vero e proprio”.