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LA RUBRICA DEL TIFOSO: “Ho visto un Toscano diverso. Butano, applauso che vale il prezzo del biglietto. Ricordiamoci dove eravamo finiti…”

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Da pò di tempo che non andavo al ‘Massimino’, vuoi per gli impegni familiari alle volte pressanti, vuoi per le condizioni di salute non più da ventenni, vuoi per gli orari dei match incompatibili con altre attività, sta di fatto che sia la partita con la Cavese che quella con il Potenza le ho seguite a distanza e con pochissima soddisfazione, tutt’altro. Naturalmente, sono rimasto sempre in collegamento psichico con gli eventi, con il mood dell’ambiente e con la speranza di svolte che tardano ad arrivare.

Domenica, invece, bardato in modo opportuno per il forte vento, direi gelido, mi sono recato allo stadio, mi ero impegnato a farlo con il mister Toscano che incontro con una certa regolarità, perché è un vicino di casa, uno del quartiere e mi fa sempre piacere parlare o meglio scambiare qualche battuta con lui. Ultimamente l’ho visto piuttosto rabbuiato, diverso dal Mimmo Toscano che avevo avuto il piacere di conoscere qualche mese fa, sorridente e pronto a relazionarsi con un atteggiamento empatico veramente raro nei personaggi noti.

La tristezza che mi pervade dopo una partita andata male, è profonda, una sofferenza che razionalmente parlando non ha molto senso. Sì certo è un gioco, qualcosa che non dovrebbe avere conseguenze così destabilizzanti, ci vogliono un paio di giorni per prendere le giuste distanze. Perché è così? E non sono solo in questo, gli amici rossazzurri Luca, Fabio, Salvo per citare solo i più vicini, li vedo con la stessa sindrome e chissà se non sono tutti così i tifosi nella delusione e nel non riuscire a capire perché nonostante ci siano in questa stagione uno staff tecnico-sportivo da serie superiore, non si riesce ad essere vicini alla vetta della classifica.

Tanti esperti in materia si sono già espressi condannando se le cose vanno male ed osannando quando vanno bene, ricordo che qualcuno aveva sentenziato “sta nascendo una grande squadra” per poi non ricordarsi di quello che aveva detto e rinculare con “bisogna mandare via tutti”. Non è serio, questo è seminare zizzania. Allo stadio, dopo un mese, il fascino della comunità sportiva della città è sempre gradevole, intenso e poi quando entra in campo il bambino difensore dei pali l’applauso a lui rivolto vale il prezzo del biglietto per la dolcezza dell’emozione che il calore empatico regala, riuscendo a non fare sentire il vento gelido che ti fa gocciolare il naso.

Poi Damiano bambino non è proprio perché la sua intervista e le sue risposte a fine gara lasciano capire che ha talento, intelligenza e coraggio da vendere, i compagni lo hanno protetto alla grande e la traversa si è rivelata benigna nel respingere fuori porta la staffilata sorrentina. La partita sarebbe cambiata, lui si è disteso in volo e quasi la prendeva. Essere bambini è un dono specie se si è già saggi e pronti a prendersi le responsabilità. Poi i cambi, si trova l’assetto giusto e la maledizione sorrentina, dopo diversi decenni, viene convertita in oro Inglese.

Un grande abbraccio a tutti, ricordando dove eravamo finiti, che noi tifosi siamo la vera ragion d’essere di questo fenomeno sociale e sportivo che tanto ci appassiona e che senza di noi non ci sarebbe e non avrebbe motivo d’esserci. Buone feste. Alla ripresa, uniti e combattivi, innamorati dei nostri colori unici.

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