Cassazione sui Paesi sicuri, mente il Fatto o il governo? Ecco tutte le risposte
La sentenza della Cassazione sul potere-dovere del giudice di sindacare la famosa lista dei Paesi sicuri conta una quarantina di pagine. Hanno iniziato a circolare nel primo pomeriggio di ieri e in poco tempo le principali testate hanno dato la notizia. Quale? Dipende. C’è chi ha parlato di sentenza che smonta le tesi del governo, come noi sul Fatto. Chi ha detto il contrario perché, avrebbe scritto la Cassazione, “Il giudice non può sostituirsi al governo”. E chi, forse per non sbagliare, si è accomodato nel mezzo: “Il giudice può disapplicare il decreto, ma non sostituirsi al governo”.
Chi ha scritto il vero? La maggioranza di governo è stata scaltra, rivendicando subito una sentenza che, a suo dire, impedisce al giudice di sostituirsi alla politica. Versione subito rilanciata dalle agenzie, tanto da mescolarsi alle informazioni uscite su una sentenza di quaranta pagine. La stessa questione citata dal governo occupa più di tre pagine e senza poter prescindere dal resto. Ecco come stanno le cose.
Sul potere-dovere del giudice di verificare la legittimità della lista dei Paesi “sicuri”, compreso l’eventuale obbligo di disapplicare il decreto che la contiene, non c’è discussione: “Il potere di accertamento del giudice non può essere limitato dalla circostanza che uno Stato sia incluso nell’elenco di paesi da considerare sicuri sulla base di informazioni vagliate unicamente nella sede governativa”, è scritto nella sentenza. Significa che il giudice si sostituisce al governo?
Stilare l’elenco dei Paesi sicuri resta prerogativa del governo, ma la designazione dei Paesi, precisa la Cassazione, “non è un atto politico”. Perché l’iniziativa del governo deriva dalla applicazione dei criteri individuati dal legislatore europeo e recepiti dalla normativa nazionale. “L’esistenza di una dettagliata disciplina (procedurale e sostanziale) applicabile al relativo potere amministrativo implica che il rispetto di tali requisiti e criteri è suscettibile di verifica in sede giurisdizionale”, scrivono i giudici.
Dalla scelta governativa dei Paesi sicuri dipende il modo in cui verrà esaminata la domanda d’asilo dei richiedenti. Chi viene da Paese considerato sicuro seguirà la procedura accelerata, con tempi stretti e garanzie ridotte. Per questo il giudice ha l’obbligo di accertare che la designazione del Paese sicuro sia legittima, come ha già stabilito la Corte di giustizia europea nella sentenza del 4 ottobre scorso, citata anche dalla Cassazione. Per dirla con gli artt. 113 e 24 della Costituzione, che esprimono il principio di legalità-giustiziabilità, la Cassazione spiega che le posizioni giuridiche soggettive devono essere tutelate e, quindi, qualsiasi atto della pubblica amministrazione che possa danneggiarle può essere controllato e non può essere considerato immune da revisione.
Chiarito che sui Paesi d’origine sicuri il controllo giurisdizionale è sacrosanto, vediamo se nell’esercitarlo c’è il rischio che il giudice si sostituisca alla politica. Secondo la maggioranza, la sentenza esprime un monito: “Il giudice non può sostituirsi al governo”. Il concetto compare così solo nella parte in cui la Cassazione cita la memoria del Ministero dell’Interno: “Ad avviso del Ministero, l’autorità giurisdizionale non può sostituire la propria valutazione a quella dell’Amministrazione…”. Insomma, il governo non cita la Cassazione, ma se stesso. L’opinione della Cassazione si trova più avanti, al punto 13 della sentenza, e dice qualcosa di ben diverso: “Il giudice non sostituisce le proprie valutazioni soggettive a quelle espresse dal decreto ministeriale quando esercita il, doveroso e istituzionale, controllo di legittimità sugli esiti della valutazione effettuata dall’amministrazione e verifica se il potere valutativo sia stato esercitato con manifesto discostamento dalla disciplina europea”.
Ancora: “Il giudice ordinario non si sostituisce al Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale anche perché il giudice ordinario non può andare al di là di quanto rileva ai fini del pieno e completo esame del singolo caso in quella data controversia”. Ancora: “Il sindacato intrinseco di attendibilità non giunge affatto alla sostituzione nelle valutazioni che spettano, in generale, al Ministro degli affari esteri e agli altri Ministri che intervengono in sede di concerto”. In altre parole, la Cassazione dice solo che non c’è pericolo di sostituzione, perché il compito del giudice è altro da quello esercitato dal potere politico. “L’accertamento giurisdizionale risponde, piuttosto, all’esigenza di verificare che il potere non sia stato esercitato arbitrariamente”, si legge. Più chiaro di così.
E allora no, la Cassazione non dà ragione al governo. E no, non dice che il giudice non deve sostituirsi al governo, che sarebbe bizzarro anche solo a rigor di logica. Al contrario, smonta buona parte delle tesi che il governo sostiene da mesi. Chi ha tempo e voglia può leggere la sentenza della Cassazione, il citato punto 13 e tutto il resto. Buona lettura.
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