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La gran loggia di Trieste nata sotto il Governo militare alleato

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Negli anni del Governo Militare Alleato, quando la città era in bilico tra Italia e Jugoslavia e la Questione di Trieste teneva banco nelle cancellerie mondiali, nel grande risiko internazionale era entrata anche la Massoneria triestina. Lo scopo che si proponevano i ‘fratelli’ era duplice: in primo luogo occupare un territorio nel quale stava cercando di introdursi anche la massoneria jugoslava, secondariamente stringere legami con altre organizzazioni massoniche per fare propaganda a favore del ritorno di Trieste all’Italia.

Lo rivela il libro di Michele Valente “L’Alabarda e il compasso. La rinascita della massoneria a Trieste nel secondo dopoguerra” (Edizioni Antilia, 143 pagg., 15 euro), che verrà presentato oggi, 14 dicembre, alle 18.

Il luogo, scelto dalla Società internazionale di divulgazione Manlio Cecovini per gli studi storici sociali ed etici che edita il libro per la presentazione, è la restaurata Libreria antiquaria Saba, che si propone così in una nuova veste, quella di contenitore culturale.

Visti gli spazi ridotti non saranno più di una trentina coloro che potranno ascoltare lo storico Roberto Spazzali e il direttore scientifico della collana, Luca G. Manenti, parlare di un argomento inedito e molto stuzzicante, e che cade proprio nel settantesimo anniversario del ritorno di Trieste all’Italia.

A legare Umberto Saba al mondo massonico, come si apprende dalla ricerca di Valente, il fatto, di cui pochi sono a conoscenza, che il cognato del poeta, Enrico Woelfler, fratello della Lina, era uno degli esponenti di punta della massoneria triestina, che, come nel resto d’Italia, era stata messa fuorilegge dal fascismo. Appena finita la guerra, sette massoni appartenenti all’obbedienza del Grande Oriente di palazzo Giustiniani si erano riuniti nell’abitazione di Ferdinando Gandusio per fondare la prima loggia.

A turbare i sonni dei ‘fratelli’ giuliani era stata la firma del trattato di pace del 1947, che costituiva il Territorio Libero di Trieste. Uno stato nuovo di zecca e quindi libero dall’influenza di qualsiasi loggia nazionale. Bisognava perciò fondare a Trieste un’istituzione liberomuratoria che occupasse un territorio in cui si muovevano anche massoni jugoslavi e logge militari americane e inglesi. La soluzione trovata fu la costituzione di una Gran Loggia del TLT, che avvenne il 30 aprile 1947 nella sede di via Garibaldi 2, lo stesso palazzo che ha ospitato per anni la Lista per Trieste. Sarebbe necessario a questo punto aprire una parentesi per illustrare le diverse obbedienze e riti in cui si dividono i massoni italiani, i ‘Fratelli coltelli’, li aveva chiamati uno di essi Roberto Gervaso, in un suo libro.

Impresa che lasciamo a Valente che opportunamente disegna un albero genealogico della massoneria italiana, fornendo al lettore profano (e anche agli stessi iniziati) una bussola per seguire le vicende massoniche segnate da varie scissioni e ricomposizioni. Purtroppo Valente, scomparso lo scorso anno, non ha potuto avere la soddisfazione di vedere pubblicato il suo lavoro. Al di là dei conflitti interni alla massoneria, è interessante notare che la Gran Loggia del TLT, che cambiò nome in Gran Loggia di Trieste per evitare accuse di indipendentismo che provenivano dai massoni dell’obbedienza di piazza del Gesù, cui apparteneva il cognato di Saba, si mosse cercando collegamenti con la Francia e gli Stati Uniti.

Trovandoli negli Usa, o almeno in una parte di essi (Valente ricorda che il presidente americano Truman, Gran maestro della loggia del Missouri e 33° grado del Rito scozzese americano, nel 1946 si appellò alle logge operanti a Trieste affinché «non permettano l’infiltrazione in Italia dei comunisti al servizio del materialismo»), ma non ottenne mai il riconoscimento di quella inglese.

Come mai? Non va dimenticato che l’amministrazione del Gma era affidata agli inglesi e che i rapporti tra Tito e Churchill erano sempre stati ottimi. D’altra parte, come ha messo in evidenza Raul Pupo nei suo approfonditi studi sulla Questione triestina, va tutt’altro che sottovalutata l’influenza dei militari inglesi del Gma sulla politica della Gran Bretagna.

Militari che si riunivano in un Masonic military club of Trieste, attivo dal 1948 al 1953. La Gran Loggia di Trieste si sciolse quando, nel 1952, gli angloamericani diedero il placet all’ingresso degli italiani nell’amministrazione del Gma, preludio del ritorno di Trieste all’Italia. —

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