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Apu, vittoria al fotofinish

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Con le unghie e con i denti. Sotto per 39’ o quasi l’Old Wild West salva l’imbattibilità casalinga battendo Rieti 85-81 dopo due tempi supplementari e mantenendosi in alta quota. Spesso in confusione, imprecisa (8 su 39, Dan Peterson inorridirebbe), imperfetta ma con gran cuore, l’Apu porta a casa i due punti ed è a un passo dalle Finals di Coppa Italia.

La lotta per la Serie A? Una cosa alla volta, domenica prossima a Cantù se ne saprà di più, i difetti di Udine restano. eccome. Insoliti vuoti a palazzo, colpa delle cene di Natale ma anche dell’ultimo ko che ha raffreddato la piazza.

Ci pensa capitan Monaldi ad accenderla. Il grande ex, tiratore mortifero e persona super, si prende una raffica di applausi. Oltre a Monaldi i riflettori sono sul nuovo Usa Harris, appena arrivato da Varese, e soprattutto Spencer. È un pivot, bello grosso.

Che fa subito capire ai ragazzi del West che per vincere dovranno limitarlo in attacco e girargli attorno in difesa. Fine primo quarto 17-15. A marce basse per i bianconeri e col tifoso dal fischietto uguale a quello dell’arbitro che farà prendere un’altra multa a Pedone. Illude la tripla con cui Alibegovic chiude il primo quarto, perché gli ospiti prendono in mano il match.

La sconfitta a Livono ha fatto male. Nella testa e nelle gambe. E il clima da piazza depressa non aiuta certo.

“Forza ragazzi” canta la Gioventù Bianconera, il momento è delicato, lo si vede dalle facce dei giocatori. Insomma, l’Apu spaesata, ferma in difesa (3 falli commessi in un quarto), incartata da coach Rossi, uno bravo, scivola all’intervallo sotto 31-40 con Harris che fa ammattire Ikangi e soci. E, attenzione, gli ospiti, che in 20’ hanno segnato 18 punti da sotto contro gli 8 di Udine. I tre tifosi arrivati da Rieti festeggiano. Due settimane fa le telecamere Rai avrebbero mostrato un’altra Udine. Serve una reazione.

È inutile girarci attorno, se hai tre milioni di budget e la serie A diretta ti scivola via a Natale no è il massimo. Udine deve difendere, correre. Ci prova, il terzo fallo di Johnson e la serata no di Hickey complicano la vita, ma l’Apu si rimette nella scia di Rieti anche se i laziali, rispetto alle squadre già rimontate al Carnera, hanno una cosa in più: la solidità. A 1’12” dalla fine del terzo quarto piccolo colpo di scena: un’indisposizione costringe un commissario di campo a dare forfait, lo sostituisce un volontario pescato tra i tifosi, mentre un (dubbio) fallo in attacco fischiato a Pini dà la più bella mano a Vertemati&co: sveglia il Carnera.

Udine riparte nell’ultimo quarto sotto 47-52. Con la stessa difesa, un po’ di ordine e di Hickey si può. Quando una tripla da casa sua dell’ex Spanghero e le percentuali da tre scadenti dei padroni di casa fanno pensare al peggio, proprio con due triple (è così, prendere o lasciare) riapre tutto. A 6’ dalla fine Udine è 57-60. Lì, in piedi, determinata e col pubblico a spingerla. Nonostante tre tiri liberi sbagliati con un finale di carattere a 25” dalla fine Ambrosin pareggia sul 64-64. Rieti non replica: overtime.

Che l’Apu sembra aver in mano grazie a Caroti e Johnson ma non concretizza. Secondo overtime: siluro di Monaldi, che sente l’odore del sangue amico. Hickey e Ikangi reagiscono. Si gioca sul filo dei nervi. Caroti è una tigre (26 punti alla fine). Udine va sull’83-81, Rieti attacca per il pari o il sorpasso. Sfodandamento di Harris. È fatta. La chiude super Caroti.

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