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La WADA conferma: tutto rimandato al 2025 sul caso Sinner. Il direttore Niggli chiarisce i motivi del ricorso al TAS

Non ci sarà alcun procedimento entro la fine dell’anno“, sono queste le parole che hanno il sapore della conferma del direttore generale della WADA, Olivier Niggli, in un’intervista all’AFP. Il riferimento è al caso di positività accidentale e involontaria al Clostebol di Jannik Sinner che sarà analizzato dal TAS e il cui verdetto ci sarà nel 2025 (si pensa nel mese di marzo). Come è noto, in primo grado, il tennista italiano era stato scagionato da tutte le accuse, dal momento che secondo il Tribunale Indipendente convocato dall’International Tennis Integrity Agency (ITIA) non vi erano state colpe e negligenze su un caso conclamato di contaminazione.

L’ITIA aveva accettato la spiegazione di Sinner secondo cui la sostanza fosse entrata nel suo organismo, in conseguenza dell’uso di uno spray da parte del fisioterapista, Giacomo Naldi, sul mignolo ferito della propria mano. Un prodotto consigliato a quest’ultimo dal preparatore atletico, Umberto Ferrara. I massaggi sul corpo di Jannik del “fisio”, secondo la ricostruzione degli atti processuali, sono stati la causa della doppia positività.

La WADA però ha presentato ricorso e chiesto una squalifica tra uno e due anni: “Nella decisione si è ritenuto che non vi fosse alcuna colpa da parte di Sinner, ma noi pensiamo che esista ancora una responsabilità dell’atleta nei confronti del suo entourage“, ha detto Niggli.

Quindi è questo punto giuridico che sarà dibattuto (davanti al TAS). Non contestiamo il fatto che potrebbe essersi trattato di contaminazione. Ma crediamo che l’applicazione delle norme non corrisponda alla giurisprudenza“, ha sottolineato il direttore generale della WADA.

In altre parole, l’ITIA ha ritenuto che nel caso dell’azzurro non vi fosse alcuna colpa e negligenza, applicando l’articolo 10.5 delle norme, considerando come eccezionale il caso del n.1 del mondo e ritenendo che abbia fatto tutto il possibile per evitare la menzionata contaminazione. L’Agenzia mondiale antidoping ritiene che via sia una negligenza meno significativa e non si possa imputare la positività a un prodotto contaminato, come invece è nella situazione di Iga Swiatek (articolo 10.6.2). Pertanto, si prevede una possibile riduzione della pena solamente fino al 50% del massimo previsto (due anni), quindi fino a un anno.

Personalmente, penso che proteggere la reputazione di un atleta debba essere la nostra prima preoccupazione. Viviamo in un mondo in cui i social media sono quello che sono e fanno sì che la tua reputazione possa andare in fumo in un lasso di tempo molto, molto breve“, ha concluso Niggli.