Belgrado, la protesta degli studenti si allarga: decine le facoltà occupate
Una “Pantera” che cresce di giorno in giorno, sfoderando gli artigli. E che fa paura o quantomeno disturba le autorità al potere, portando allo stesso tempo aria fresca in un Paese che non ha ancora digerito la tragedia dei 15 morti della stazione di Novi Sad, come confermano le innumerevoli proteste registrate dal primo novembre scorso, il giorno della strage.
È il movimento degli studenti in Serbia, che negli ultimi giorni ha costretto alla sospensione delle lezioni decine di facoltà in tutta la nazione balcanica, con università e sedi occupate. E le proteste si stanno estendendo anche agli istituti superiori. Proteste che sono nate come risposta alla tragedia della stazione e alle presunte responsabilità della classe dirigente nel fenomeno della «corruzione che uccide», secondo uno degli slogan prediletti dalla piazza.
Nel frattempo il movimento continua ad allargarsi, con venature anti-governative e petizioni per un cambiamento generale. Lo si è osservato l’altra sera davanti alla sede di Rts, la Televisione pubblica serba, dove alcune migliaia di giovani e studenti si sono ritrovati con fischietti e trombe da stadio per «fare rumore», la parola-chiave della manifestazione. Rts è accusata dai giovani “indignados” serbi di coprire da anni le colpe delle élite, ingannando i cittadini con una propaganda “pro-regime”.
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«Siamo venuti a restituirvi i soldi», hanno detto alcuni studenti davanti all’ingresso di Rts, piazzandovi di fronte alcuni sacchi. È un riferimento alle offensive accuse lanciate a inizio dicembre dal presidente serbo Aleksandar Vučić, che aveva sostenuto che ci sarebbero «ragazzi e ragazze che fanno a botte» in strada dopo «aver preso soldi per ottenere la mia caduta», temeraria evocazione di uno scenario à la Maidan, finanziato dall’estero. «Ecco i soldi, dateli al presidente e ditegli che gli studenti sono offesi e chiedono pubbliche scuse», la replica dei giovani. Giovani che pretendono anche altro; e qualcosa hanno già ottenuto. Fra le richieste, quella della pubblicazione di tutti i documenti relativi alla ristrutturazione della stazione di Novi Sad, stop a corruzione e nepotismo, un cambiamento radicale nel modo di gestire la cosa pubblica; ma anche il rilascio di tutti i manifestanti arrestati nelle ultime settimane.
E fanno sul serio, gli studenti, che – se la vox populi non sbaglia – godono di un ampio sostegno popolare, almeno a Belgrado. «Anche la Facoltà di Legge è occupata, se anche lì si protesta è segno che le cose stanno cambiando», spiega Irena, studentessa di Matematica, sottolineando appunto l’importanza della discesa in campo dei futuri giuristi serbi, generalmente poco propensi a manifestare, se non in casi e momenti eccezionale – come appare essere quello attuale. «Io ci scommetto, è iniziata la fine di Vučić, è come ai tempi di Milosević, le proteste a dicembre, gli studenti in piazza», fa eco un docente, un po’ anziano, uno dei tantissimi scesi in strada a manifestare assieme ai suoi studenti. «Orgogliosa dei giovani», assicura anche una passante.
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Gli studenti avevano fatto la voce grossa anche mercoledì, trovandosi in gran numero davanti al palazzo della Presidenza, proprio mentre Vučić era in diretta Tv per l’ennesimo discorso alla nazione; e i fischi e le urla «dimissioni» dei giovani si sentivano benissimo, in sottofondo. Scena alla “il re è nudo” che potrebbe aver convinto Vučić a fare delle aperture, che però sembrano non bastare. Il leader serbo ha infatti ordinato la pubblicazione della documentazione sulla tragedia di Novi Sad, aggiungendo che tutti i fermati durante le proteste sono stati già da tempo rilasciati, mentre chi sarà condannato verrà poi graziato. E ha evocato aumenti di fondi alle università.
Ma la “Pantera serba” non sembra crederci più. E lo ha dimostrato davanti a Rts e, ieri, in nuove proteste a Belgrado e oltre, sempre più sentite. —