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Декабрь
2024

Dati personali come moneta: Meta accusata di evasione IVA per 887 milioni

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Evasione dell’Iva per 887 milioni di euro. Nuova accusa per Meta. La Procura di Milano ha chiuso le indagini e, per la prima volta in un’indagine, si contesta il peso finanziario e fiscale dei dati e non della privacy. Non un dettaglio, ma una questione rivoluzionaria per il mondo digitale. La società ha subito risposto di rispettare gli obblighi fiscali e collaborare con le autorità, ma di contestare l'applicazione dell'IVA sull'accesso degli utenti alle piattaforme online.

L’accusa della Procura di Milano a Meta Platforms Ireland Limited, la divisione europea del colosso dei social media Facebook e Instagram, si concentra sul mancato versamento dell’Iva per gli anni dal 2015 al 2021 su un imponibile dichiarato di quasi 4 miliardi di euro. La tesi accusatoria sostiene che l'apparente gratuità dell’uso di Facebook e Instagram nasconda una permuta: gli utenti accedono ai servizi digitali in cambio della cessione dei propri dati personali, utilizzati da Meta a fini commerciali. Questa forma di scambio reciproco secondo i pubblici ministeri milanesi rientrerebbe nel regime dell’Iva. Quindi Meta avrebbe omesso di dichiarare oltre 3,9 miliardi di euro di imponibile, pari a un’evasione Iva di 887 milioni di euro.

Meta ha subito dichiarato il disaccordo rispetto all’idea che l’accesso alle piattaforme debba essere soggetto al pagamento dell’Iva. "Abbiamo collaborato pienamente con le autorità e continueremo a farlo. Paghiamo tutte le imposte richieste nei Paesi in cui operiamo", ha affermato l’azienda che sottolinea però come il modello proposto dalla Procura mina la logica dei servizi online gratuiti, aprendo un precedente per l’intero settore digitale.

Si tratta infatti di una novità assoluta nel panorama legale e fiscale. Per la prima volta, si attribuisce un valore economico ai dati personali non in termini di tutela della privacy, ma come elemento di scambio commerciale. L’inchiesta evidenzia come i dati degli utenti possano rappresentare un’imposta indiretta, anziché una semplice risorsa aziendale. Meta avrebbe tratto profitti dalla profilazione dei dati, senza adeguarsi agli obblighi Iva previsti dalla normativa. Questo modello potrebbe ora mettere sotto esame anche altre big tech, ampliando il dibattito sul ruolo dei dati nell’economia digitale.

L’inchiesta fiscale arriva dopo la multa di quasi 800 milioni di euro, lo scorso novembre, per violazione delle norme antitrust. Il colosso è stato accusato di aver sfruttato il dominio di Facebook per favorire il servizio di annunci Facebook Marketplace, a danno della concorrenza. Ma questa volta in gioco c’è altro. La questione non riguarda solo l’accusa di evasione, ma solleva interrogativi fondamentali sul valore economico dei dati personali. Il concetto di "gratuità" nel mondo digitale rischia di essere ridefinito, con potenziali ricadute per l’intera economia globale.

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